Guerra alla finanza ombra? Parla Tremonti
Il Financial Times annuncia una stretta regolatoria in arrivo per lo shadow banking, o sistema bancario ombra, cioè quel coacervo di intermediari finanziari che esercitano alcune funzioni tipiche del settore bancario senza sottostare ai medesimi vincoli. Cosa ne pensa l’ex ministro dell’Economia?
Roma. Il quotidiano inglese Financial Times annuncia con enfasi una stretta regolatoria in arrivo per lo shadow banking, o sistema bancario ombra, cioè quel coacervo di intermediari finanziari che esercitano alcune funzioni tipiche del settore bancario senza sottostare ai medesimi vincoli. Cosa ne pensa l’ex ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, che sia in interventi pubblici sia nei suoi libri ha preso spesso di mira il presunto strapotere della finanza nell’economia contemporanea? “La novità è una sola: ci si accorge che, a sette anni di distanza dall’inizio della crisi, non c’era stata finora nessuna novità”, dice al Foglio Tremonti commentando la recente mossa del Financial stability board (Fsb), cioè il coordinamento globale dei regolatori finanziari nato nel 2009 (l’Italia vi è rappresentata dal ministero dell’Economia, dalla Banca d’Italia e dalla Consob). “Salvo poche eccezioni marginali, nulla è cambiato per la finanza che certo non ha avuto un ruolo marginale nell’avvio della crisi globale”, dice l’ex ministro: “Così i fondi speculativi, dagli hedge fund ai money market funds, sono rimasti in campo”.
“In un’intervista del 2006 dissi che gli Stati Uniti andavano incontro a una nuova crisi del 1929. Nel mio libro ‘La paura e la speranza’, scritto nel 2006-’07 e pubblicato nel 2008, parlavo del crollo probabile delle mega banche globali. Non ho capacità stregonesche, quei pensieri erano il frutto di osservazioni tecniche”. Poi Tremonti, per fugare il sospetto di autoincensamento in corso, cita documenti ufficiali che confermano la sua tesi secondo cui nulla sarebbe cambiato: “Il Congresso statunitense, nella sua inchiesta sulla crisi pubblicata nel 2011, parlava di un ‘sistema finanziario che, per molti aspetti, è rimasto ancora immodificato’. Lo scorso giugno, anche Jaime Caruana, direttore generale della Banca dei regolamenti internazionali, sosteneva che la strada verso ‘un sistema finanziario affidabile’ è stata tutt’altro che percorsa”. L’ex ministro insiste sull’ormai nota metafora della crisi che funziona come un videogame: abbatti un mostro e ne arriva un altro, prima la bolla americana dei subprime, poi il collasso del credito bancario, poi la bolla debitoria europea, eccetera. “Continuo a non trovare metafora migliore”. Però ora aggiunge una complicazione: pensiamo di aver abbattuto il primo mostro, la finanza sregolata, dopodiché ci ritroviamo davanti lo stesso mostro. “Siamo daccapo”. “Abbiamo puntellato le banche attingendo ai bilanci pubblici – dice Tremonti – Poi, quando i debiti pubblici stavano esplodendo, si è stampata moneta… Abbiamo solo comprato tempo”.
[**Video_box_2**]Negli Stati Uniti “un po’ di quei dollari” sono arrivati all’economia reale. In Europa no. Dove è finita la liquidità? “In parte anche nello shadow banking, che però in Italia non esiste. In Europa non è un problema enorme come negli Stati Uniti, ma non ne escludo la presenza, specie per i grandi istituti bancari di paesi del nord come la Germania. Ma il punto è che la liquidità delle Banche centrali aveva proprio l’obiettivo di soccorrere la finanza, di puntellare per esempio il conto patrimoniale degli istituti di credito. La liquidità è stata assorbita dalle banche per le banche. All’ultima riunione della Bce, a Napoli, Mario Draghi ha detto testualmente: ‘Non dimenticate che nel 2012 la finanza europea era sull’orlo dell’abisso’. Sottolineo: la finanza”. Tremonti già nel suo ultimo libro, “Uscita di sicurezza” (Rizzoli), non nascondeva lo scetticismo verso l’operato del Financial stability board, presieduto dallo stesso Draghi fino al 2011 e poi da Mark Carney (governatore della Banca centrale canadese e oggi inglese): “‘Le regole le scriviamo noi’, ha detto il Fsb. Ma quello era il cavallo di Troia del settore finanziario. Un’organizzazione in cui le autorità politiche sono in minoranza rispetto a quelle ‘tecniche’. Risultato: nulla è cambiato. Il governo italiano aveva tentato di anticipare questa deriva, prima con i Global legal standards che l’Ocse iniziò ad approvare, poi proponendo in Europa la separazione tra ‘banche produttive’ e ‘banche speculative’”. Ora si muove qualcosa, o no?: “Nella City sono pragmatici, questo sì – conclude Tremonti – Ma ricordo ancora che una volta, a un tradizionale banchetto che inaugurava il semestre inglese di presidenza dell’Ue, con Blair premier, invece della ‘preghiera del contadino’ sentii la preghiera pubblica di un finanziere inglese che si concludeva così: ‘… and financial stability, amen’”.
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