Il presidente iraniano Hassan Rohani (foto LaPresse)

In vacanza con il Nyt

Tatiana Boutourline

Il 29 settembre il presidente iraniano, Hassan Rohani, ha detto che il turismo è uno degli strumenti più efficaci per promuovere la diplomazia. Il New York Times lo ha preso alla lettera inserendo nel portafoglio di viaggi del suo “Times Journeys” la terra di Ciro il Grande e Zoroastro.

Roma. Il 29 settembre il presidente iraniano, Hassan Rohani, ha detto che il turismo è uno degli strumenti più efficaci per promuovere la diplomazia. Il New York Times lo ha preso alla lettera inserendo nel portafoglio di viaggi del suo “Times Journeys” la terra di Ciro il Grande e Zoroastro. Dal 2012 il Nyt ha inaugurato la sezione per “viaggiare in modo più intelligente, capire e tornare ispirati”. Volete scoprire la magia dell’Iran? Se partite con il tour del New York Times nella primavera del 2015, sarete sedotti da paesaggi senza fine e antiche rovine. Per 13 giorni, al costo di 6.995 dollari (voli esclusi), la giornalista Elaine Sciolino, grande esperta di Iran già capo dell’ufficio parigino del Nyt, vi condurrà attraverso giardini e bazar brulicanti, visiterete Ecbatana e Persepolis e dormirete in alberghi a cinque stelle. Ispirati sarete ispirati, quanto a capire, a giudicare dalla presentazione del viaggio, capirete dell’Iran quanto un tour operator istruito da Rohani vi farebbe scoprire. Non c’è accenno nell’allettante pubblicità di Times Journeys agli orrori dell’Iran contemporaneo, nessuna menzione per i diritti umani violati, il terrorismo, la minaccia nucleare o i dissidenti che languano all’“Hotel Evin”, mentre un giornalista come Sciolino, Jason Rezaian, con doppia cittadinanza americana e iraniana, è in carcere con accuse fumose di propaganda anti regime.

 

Si tratta solo di una brochure, direte voi, perché spaventare i clienti? Perché quelli del New York Times non sono presentati come viaggi qualsiasi, le loro sono mete selezionate pensando “ai lettori del giornale e alla loro curiosità intellettuale” e si avvalgono “di esperti e reporter del giornale”. Descrivere l’Iran come una terra antica e misteriosa senza neanche un riferimento politically correct alle sue “contraddizioni” , contentandosi di dire “fate in fretta” perché questo eden proibito potrebbe richiudersi “a causa delle sue circostanze”, pare un po’ poco per “gli alti standard e la curiosità intellettuale” dei lettori del Nyt. Andate a Teheran con il New York Times, troverete un mondo “in cui l’antico si fonde con il moderno” , e “in cui gli anziani conservatori difendono le tradizioni dell’illustre passato persiano” – di quali anziani conservatori si parli non è dato sapere: mullah oltranzisti che vogliono la segregazione tra maschi e femmine nelle università o padri di famiglia contro figlie che vogliono un naso nuovo per festeggiare i 16 anni? – mentre i giovani à la page – quelli dell’account Instagram richkidsofteheran e non quelli di Evin si suppone – conoscono “una nuova gioia di vivere”.

 

[**Video_box_2**]Criticato dal Weekly Standard che ha ripreso un pezzo del blogger Ira Stoll, il Nyt ha risposto con un po’ d’imbarazzo che, per quanto riguarda il viaggio in Iran, l’attenzione era tutta incentrata sulla ricchissima storia e l’archeologia persiana, che la gestione era del management di Times Journeys ma che certo, “il contesto attuale è rilevante”, e il giornale si sarebbe attivato per correggere l’errore.

 

Non sarà un travel-gate, ma la gaffe del New York Times ha fatto sì che fossero insinuati sospetti sull’etica del quotidiano (“avrebbero venduto tour di lusso nel Sudafrica dell’apartheid ?”) e la linea del giornale nei confronti dell’Iran. L’11 ottobre il corrispondente del Nyt a Teheran, Thomas Erdbrink ha scritto che nell’Iran di Rohani i diritti umani devono ancora fare molta strada (se non tutta) e che le timide aperture dell’esordio si sono subito arenate. Ma negli editoriali è spesso prevalsa la fiducia nei confronti del presidente iraniano e dell’accordo ad interim, salutato l’autunno scorso come la migliore speranza per la pace degli ultimi 30 anni. “I negoziati confondono gli scettici (…) e provano che vale il rischio di investire in questo processo”, si legge in un editoriale dello scorso aprile.

 

L’ottimismo ricorda quello di Ghoncheh Ghavami, la venticinquenne attivista iraniana naturalizzata britannica tornata a Teheran per una vacanza e finita in carcere perché aveva voluto assistere a una partita di pallavolo. Ghoncheh davvero pensava – racconta il corrispondente del Nyt – che a Teheran fosse tutto cambiato.

 

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