Sfiducia a Renzi, nemico hacker, incredulità. La Salò grillina
Grillo smarrito dopo la toppa di Genova, Cinque stelle in ritirata nell’assemblearismo, reduci dal Circo Massimo vs Orellana. E siccome ogni volta che Grillo prende qualche cantonata mediatica, l’intendenza si ritrova nuovamente risucchiata dall’assemblearismo selvaggio, ecco che proprio da un’assemblea spuntava il nuovo spauracchio: l’hacker.
Roma. Nel day after della passeggiata genovese, l’incredulità del Beppe Grillo contestato per strada si riflette nello smarrimento rabbioso dei suoi reduci dal Circo Massimo, gli eletti a Cinque stelle che si muovono in mezzo agli altri deputati e senatori, sì, ma come aggirandosi in una specie di Salò dove sognare autarchie (“vaffa” pure a Matteo Salvini, a giudicare dai post schifiltosi di Grillo verso la “lega degli euromolli”) e dove vagheggiare trionfi impossibili, moltiplicando nel contempo la sospettosità verso l’esterno. Il momento si presta, ché il Circo Massimo suddetto, dopo la “toppa” presa da Grillo prima non andando e poi andando a Genova, si è rivelato anche un po’ un boomerang nonostante le faticacce da “agorà”, il palchetto che per tre giorni si stagliava in mezzo all’accampamento della festa a Cinque stelle, con eletti sconosciuti che arringavano la folla sul tema del “carbone assassino” ed eletti conosciuti che si concedevano a schiere di avventori-attivisti per risposte in diretta su attività parlamentari assortite (ma anche per selfie da quarto d’ora di celebrità).
Fatto sta che il morale della truppa grillina era più che mai a terra, ieri, a dispetto dell’azione annunciata in Senato dall’“eletto-cittadino” Andrea Cioffi: il deposito di una mozione di sfiducia al premier Matteo Renzi “sui fatti dell’alluvione e i problemi di dissesto idro-geologico mai risolti, nonostante in data 5 agosto 2014 diversi imprenditori di Genova avessero avvertito in forma scritta l’Esecutivo”. Ma siccome ogni volta che Grillo prende qualche cantonata mediatica (o perde voti, come alle Europee), l’intendenza si ritrova nuovamente risucchiata dall’assemblearismo selvaggio, ecco che proprio da un’assemblea spuntava il nuovo spauracchio: l’hacker (un classico per il movimento che ha fatto di internet la croce e la delizia). E allora l’argomento del dibattere poteva essere sintetizzato con un “taci, Artini ti ascolta”, dal nome del deputato di M5s Massimo Artini, informatico accusato non troppo velatamente dal blog di Grillo e da alcuni colleghi di gestire in modo sospetto il server di posta usato dai deputati a Cinque stelle. “Dismettetelo” (il server e forse pure Artini), era l’ordine dall’alto che faceva misterioso riferimento a “utenti creati in modo anonimo” e a “persone non contrattualizzate”, controllori non controllati con occhio segreto sulle mail. Ma la psicosi da posta violata era nulla rispetto ai controsospetti dei soliti “dissidenti”, quelli che ieri si chiedevano se qualcuno, lassù (alla Casaleggio Associati), non avesse voluto, con la storia del server, affossare Artini, possibile prossimo capogruppo a rotazione (e magari prepararne l’espulsione). Ed era nulla, il caso hacker, rispetto alla cagnara suscitata, sulle bacheche Facebook, dal voto salva-governo espresso il giorno precedente, sulla nota di variazione al Def, dall’ex senatore grillino Luis Alberto Orellana.
[**Video_box_2**]“Vergogna”; “traditore”; “pappone”; “sanguisuga”; “assetato di soldi”, “Scilipoti”, gli gridavano telematicamente colleghi usciti dal Circo Massimo con un sovrappiù di complottismo o semplici internauti al colmo della vis sfogatoria. Il punto politico, se c’era, semplicemente si smarriva nelle perenni vie assembleari del Movimento: pareva più facile ricominciare a discutere della pecunia piuttosto che guardarsi in faccia e scoprirsi sopravvissuti, assieme al comico stanco che sale sulla gru ma è costretto a scappare intristito in motorino. Come un adolescente con paturnie che si chiude in camera fino a nuovo giorno, Grillo si rifugiava metaforicamente sul blog, dove la lotta anti-Artini pareva più abbordabile dei sondaggisti che davano la mazzata al grido di “dopo Genova Grillo può perdere consensi” e simili allegre considerazioni. Agli sbalestrati dallo sbandamento del leader non restava che indossare l’elmetto antihacker, e cambiare quantomeno la password.
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