La guerra dei governatori
Alle midterm americane si rinnovano le amministrazioni in 36 stati. E 13 sfide sono impossibili da prevedere. Il problema Obama, gli indipendenti, i presidenziabili. Il Gop è il partito con più governatori che devono difendere la carica, e per questo è quello più vulnerabile.
La fiducia degli americani nel Congresso è ai minimi storici, con uno spread tra giudizi positivi e negativi che ormai viaggia verso un imbarazzante 70 per cento. Ma anche se soltanto poco più di un cittadino statunitense su dieci è soddisfatto del lavoro di Camera e Senato (la media attuale di Real Clear Politics si ferma all’11,8 per cento), gli incumbent più a rischio in questo ciclo elettorale non sono gli inquilini di Capitol Hill. Su 36 stati chiamati a scegliere il proprio governatore il 4 novembre, infatti, in almeno una quindicina è teoricamente possibile una sconfitta per il partito al potere. E visto che al momento i rapporti di forza sono nettamente favorevoli ai repubblicani (29-21), è proprio il Gop il partito più vulnerabile in queste elezioni di midterm. Non è un caso che Barack Obama, assente ingiustificato durante la campagna elettorale che nel 2010 ha portato al potere sei nuovi governatori repubblicani, in queste settimane stia provando a spingere i candidati democratici negli stati blu, che poi sono gli unici in cui un suo intervento può avere ancora un effetto positivo. All’inizio del mese il presidente è stato in Illinois. Ieri ha annullato la sua visita in Connecticut a causa dell’emergenza ebola, ma poi sarà in Pennsylvania, Michigan, Massachusetts e Wisconsin (dove già si è fatta vedere la First Lady Michelle).
Il campo di battaglia, però, è molto più esteso di quello che la Casa Bianca può ragionevolmente aspettarsi di coprire con qualche improvvisato comizio. E un ruolo fondamentale nell’esito delle sfide lo avrà la quantità di denaro raccolto (e speso) durante le campagne elettorali. A differenza di quanto sta accadendo per Camera e Senato (dove un nuovo sondaggio del Wall Street Journal e dell’Nbc dà ai repubblicani un vantaggio ridotto, 46 per cento contro 44 nelle preferenze generali), per i governatori sta finora spendendo di più il Partito repubblicano. Ma andiamo con ordine, partendo dagli stati in cui il risultato non sembra essere in dubbio.
Solid blu, solid red - Prima di tutto ci sono 14 stati in cui quest’anno non si vota: sette hanno un governatore democratico (Delaware, Kentucky, Missouri, Montana, Virginia, Washington, West Virginia) e altri sette hanno un governatore repubblicano (Indiana, Louisiana, Mississippi, New Jersey, North Carolina, North Dakota, Utah). Dal 29-21 a favore del Gop, dunque, il quadro di partenza si trasforma in un 22-14. E già questo dato basterebbe a spiegare la maggiore fragilità del Partito repubblicano, costretto a difendere più incumbent rispetto agli avversari.
C’è poi un manipolo di stati in cui uno dei due partiti è nettamente favorito. Secondo la “Crystal Ball” del Center for Politics dell’Università della Virginia, diretto da Larry Sabato, i democratici non dovrebbero avere problemi a difendere i loro governatori uscenti in California, New York, Vermont e Oregon. In più c’è la Pennsylvania che, secondo tutti gli analisti, rappresenta il primo risultato sicuro di questo ciclo elettorale, con la sconfitta ormai quasi certa del governatore repubblicano Tom Corbett, indietro di una quindicina di punti percentuali nei sondaggi rispetto allo sfidante democratico Tom Wolf.
I repubblicani, invece, sono nettamente in vantaggio in Alabama, Iowa, Nevada, New Mexico, Ohio, Oklahoma, South Dakota, Tennessee, Texas e Wyoming. Di questi dieci stati, sei sono profondamente rossi, tre (Iowa, Nevada e New Mexico) sono “viola” tendenti al blu ma con governatori del Gop molto apprezzati (rispettivamente, Terry Branstad, Brian Sandoval e Susana Martinez) e uno, l’Ohio, ha visto il repubblicano John Kasich oscillare tra un’estrema impopolarità e un’estrema popolarità, prima di stabilizzarsi su quest’ultima. Così, malgrado l’Ohio negli ultimi cicli elettorali abbia svolto il ruolo dello swing state per eccellenza, nei sondaggi Kasich può contare su un vantaggio superiore al 20 per cento nei confronti del candidato democratico Ed Fitzggerald.
Con 14 stati in cui si vota e altri 15 in cui, praticamente, non c’è partita, siamo già arrivati a quota 29, con i repubblicani in vantaggio 17-12. E questo ci lascia con 21 stati ancora incerti: undici con governatori del Gop e dieci con governatori democratici.
Mid tier - Prima di arrivare alle sfide più incerte (toss-up) di queste elezioni di mezzo termine, occupiamoci brevemente di quel gruppo di stati in cui uno dei due partiti è favorito, ma che fino alle ultime fasi della campagna elettorale può riservare sorprese. In questo caso il bilancio è di perfetta parità. I democratici sono favoriti in quattro stati (Maryland, Minnesota, New Hampshire e Rhode Island), proprio come i repubblicani (Arkansas, Idaho, Nebraska e South Carolina). La sfida più interessante è quella dell’Arkansas, con il repubblicano Asa Hutchinson che cerca di conquistare una poltrona che i democratici – nella storia dello stato – hanno occupato per 38 volte su 45. Ma quella sfumatura centrista del Partito democratico che tanto successo ha avuto nel Natural State – e che il governatore uscente Mike Bee (proprio come Bill Clinton) incarnava perfettamente – è diventata una tonalità in via d’estinzione. Il Blue Dog Democrat di turno, Mike Ross, è stabilmente indietro nei sondaggi ormai da mesi.
Sfilando dalla lista questi altri otto stati di fascia intermedia, siamo finalmente arrivati alle tredici campagne elettorali – otto con incumbent repubblicani e cinque con incumbent democratici – nelle quali, molto probabilmente, la battaglia sarà combattuta fino all’ultimo giorno utile. Procediamo in ordine alfabetico.
Alaska (R)
Fino al termine del ciclo estivo delle primarie il successore di Sarah Palin, il governatore repubblicano Sean Parnell, sembrava avviarsi verso una facile riconferma. L’anima rossa di quel gigantesco pezzo di terra ghiacciata (e gonfia di petrolio) venduto dai russi agli Stati Uniti nel 1867 non è mai stata in discussione. Ma quest’anno i democratici hanno deciso di affidare il proprio destino all’indipendente Bill Walker, accontentandosi di piazzare Byron Mallott al secondo posto (come candidato lieutenant governor) nel ticket che a novembre sfiderà Parnell. Questa formazione bizzarra voluta fortemente dal più potente sindacato americano (Afl-Cio) ha provocato un terremoto politico di cui ancora non si intuiscono le conseguenze. Al momento, comunque, nei pochi sondaggi che gli istituti di ricerca si azzardano a realizzare in Alaska, Walker sembrerebbe leggermente davanti. La Crystal Ball di Sabato archivia la corsa come toss-up, incerta, mentre Cook e Rothenberg continuano a vedere in leggero vantaggio il Gop.
Arizona (R)
Con la repubblicana Jan Brewer impossibilitata a correre nel 2014 a causa dei limiti imposti dalla Costituzione dell’Arizona (due mandati consecutivi), la corsa nel Grand Canyon State è estremamente competitiva. A sfidarsi sono il democratico Fred DuVal – che ha praticamente saltato le primarie in cui era l’unico partecipante – e il repubblicano Doug Ducey, che invece le primarie le ha vinte soffrendo e che soltanto nelle ultime settimane sembra aver ricomposto le fratture interne al Gop, ottenendo il sospirato endorsement degli ex colleghi-avversari Ken Bennett, Scott Smith e Christine Jones. I sondaggi sono pochi e vecchi, ma tutti gli analisti concordano nel sottolineare una lieve supremazia strutturale del Partito repubblicano nello stato che ha dato i natali a Barry Goldwater.
Colorado (D)
Dopo essere stato eletto nel 2010 con la complicità masochistica di un Gop in stato confusionale, il governatore democratico John Hickenlooper non ha vissuto quattro anni tranquilli. Due senatori democratici locali sono stati cacciati a colpi di recall, in distretti di solida tradizione blu, dopo aver votato a favore di una legislazione restrittiva sul gun control. E un terzo ha preferito dimettersi piuttosto che affrontare lo stesso destino. La battaglia vinta dai sostenitori del Secondo emendamento nel settembre dello scorso anno ha galvanizzato la base repubblicana e seminato dubbi sulla possibile rielezione dell’ex sindaco di Denver. Contro di lui, il Gop ha scelto di schierare l’ex deputato del 7° distretto (i sobborghi a ovest della capitale), Bob Beauprez, che ha già provato a correre per la poltrona di governatore nel 2006 finendo sconfitto (nettamente) da Bill Ritter. Nei sondaggi, il largo vantaggio di Hickenlooper è totalmente evaporato durante l’estate. E, se per Rothenberg i democratici sono ancora favoriti, per Cook e Crystal Ball la corsa è ormai un toss-up puro.
Connecticut (D)
Segnalato molto presto dagli analisti come incumbent a rischio, il governatore Dan Malloy dovrà affrontare il repubblicano Tom Foley, ricchissimo ex ambasciatore di George W. Bush in Irlanda, nella rivincita della sfida che ha visto Malloy imporsi nel 2010 dopo una contestatissima notte elettorale fatta di conteggi e riconteggi. Nonostante la consolidata tradizione liberal del Connecticut, anche quest’anno Foley e Malloy sono praticamente appaiati nei sondaggi. E nessuno degli analisti ha il coraggio di prevedere qualcosa di diverso da un toss-up. Teniamo comunque presente che, appena due anni fa, Barack Obama ha conquistato il Constitution State con 18 punti percentuali di vantaggio su Mitt Romney.
Florida (R)
Diventato governatore nel 2010 dopo aver vinto di misura le primarie (+3 per cento contro Bill McCollum) e superato faticosamente la democratica Alex Sink a novembre (+1 per cento), anche nel 2014 il repubblicano Rick Scott dovrà penare parecchio per sedersi ancora sulla poltrona più prestigiosa dello splendido Florida State Capitol di Tallahassee. Scott non è un politico carismatico e non è neppure troppo popolare tra i militanti locali del Gop – tanto che i vertici del partito lo tenevano quasi “nascosto” durante i comizi tenuti nel 2012 da Romney (e Marco Rubio) nel Sunshine State – ma la Florida resta uno swing state. E soprattutto l’avversario di Scott sarà l’ex governatore repubblicano Charlie Crist, che dopo aver perso le primarie per il Senato (proprio contro Rubio) nel 2010 ed essere uscito sconfitto alle elezioni partecipando da indipendente, ha completato la propria “trasformazione” diventando un candidato democratico a tutti gli effetti. Crist nei sondaggi ha dominato fino all’inizio dell’estate, ma poi i numeri positivi dell’economia in Florida hanno iniziato a dare un po’ di respiro a Scott. E oggi i due sono praticamente alla pari. Un altro toss-up puro per tutti gli analisti.
Georgia (R)
Eletto dopo l’addio forzato nel 2010 di Sonny Perdue (il primo governatore repubblicano eletto dalla Georgia dai tempi della Reconstruction), l’incumbent del Gop, Nathan Deal, trova a sbarrargli la strada della riconferma un candidato democratico che ha la fortuna di portare un cognome importante per il Peach State, quello di Jason Carter, nipote dell’ex presidente sconfitto da Ronald Reagan nel 1980. Sfortunatamente per il giovane Carter, però, la Georgia non è lo stesso stato che nel 1970 ha eletto il nonno governatore con un margine di 20 punti percentuali. Secondo gli ultimi sondaggi, Deal – anche se in testa – potrebbe non riuscire a conquistare quel 50 per cento che gli servirebbe per evitare il ballottaggio a due previsto dalla legge elettorale della Georgia. Ma se neanche Obama nel 2008, con una straordinaria mobilitazione della numerosa comunità afroamericana, è riuscito ad avvicinarsi troppo a John McCain, per vincere a Carter servirebbe davvero un mezzo miracolo. Cook definisce la corsa un toss-up, ma Rothenberg e Crystal Ball si sbilanciano e assegnano il vantaggio al candidato repubblicano.
Hawaii (D)
Le Hawaii sono uno degli stati più blu di tutta l’Unione. Ma negli ultimi decenni il fortissimo apparato del Partito democratico ha cominciato a dare segni di cedimento, arrivando sull’orlo dell’implosione nel 2006 con la rielezione a governatore della repubblicana Linda Lingle. Dopo due mandati, la Lingle ha dovuto lasciare spazio al suo vice Duke Aiona, sconfitto però nel 2010 dall’ex hippy Neil Abercombie, che quest’anno è stato a sua volta battuto alle primarie democratiche dal senatore locale David Ige. Adesso Aiona ci riprova. Nei sondaggi è sempre rimasto molto vicino a Ige, grazie anche alla presenza di un “terzo incomodo” piuttosto forte, l’indipendente Mufi Hannemann. La storia dello stato, però, rende il compito del Gop particolarmente arduo. E se Cook prevede un toss-up, Rothenberg e Crystal Ball vedono favorito il democratico Ige.
Illinois (D)
Se, come abbiamo accennato, Obama sente la necessità di correre in Illinois a meno di un mese dalle elezioni nel tentativo di evitare la sconfitta dell’incumbent Pat Quinn, vuol dire che per i democratici la situazione, in uno stato vinto dai democratici nel 2012 con 17 punti di vantaggio e sede della political machine più devastante mai costruita nel Dopoguerra (quella di Chicago), è davvero seria. Fino a trent’anni fa, l’Illinois era uno stato competitivo per definizione, ma di questi tempi la vera notizia è che il Gop non sia già sconfitto in partenza. Eppure quest’anno, come era già accaduto nel 2010 a Bill Brady (poi battuto di misura da Quinn), il candidato repubblicano Bruce Rauner è partito molto forte nei sondaggi, tanto che Rothenberg e Crystal Ball continuano a considerarlo leggermente favorito. Forse, però, ha ragione Cook che – salomonicamente – indica un toss-up. Quinn è un pessimo governatore, ma non peggiore di quel Rod Blagojevich (poi condannato a 14 anni di carcere per corruzione) che nel 2006 fu comodamente rieletto con una decina di punti di vantaggio e provò a vendere il seggio senatoriale di Obama al miglior offerente.
Kansas (R)
Un incumbent democratico in difficoltà in Illinois è una notizia. Ma un incumbent repubblicano in (grande) difficoltà in Kansas è una notizia ancora più rara. Eppure in questo ciclo elettorale il Sunflower State è una vera spina nel fianco del Gop. Della corsa che potrebbe decretare la clamorosa sconfitta del senatore uscente Pat Roberts ci occuperemo nel prossimo articolo di questa serie, dedicato proprio alle campagne elettorali per il Senato, ma anche il governatore Sam Brownback è in una posizione poco invidiabile. I suoi quattro anni di mandato sono stati molto controversi. E hanno messo in luce una spaccatura tra l’anima conservatrice e quella moderata del Partito repubblicano che ha permesso al candidato democratico, Paul Davis, di conquistare – e poi mantenere – un vantaggio nei sondaggi modesto ma molto stabile. Crystal Ball e Cook puntano sul toss-up, mentre Rothenberg continua a fidarsi della tradizione repubblicana dello stato. Un governatore uscente che non riesce a superare il 42-43 per cento, però, resta un incumbent estremamente vulnerabile.
Maine (R)
E’ dal 1994 che in Maine, alle elezioni per il governatore, i candidati indipendenti superano regolarmente il 20 per cento. In due casi, poi, sempre per merito di Angus King (oggi senatore), il candidato indipendente ha addirittura vinto. Ed è stato proprio grazie a un’insolita (almeno per gli States) corsa a tre che, nel 2010, il repubblicano Paul LePage è riuscito a vincere in uno stato che non vota per un candidato del Gop alla presidenza dal 1988. Quattro anni fa LePage ha battuto – di misura – l’indipendente Eliot Cutler, che oggi cerca la rivincita ma deve fare i conti con un candidato democratico molto più forte di Libby Mitchell (che nel 2010 arrivò terza con molto distacco). I democratici, infatti, puntano su Mike Michaud che, se eletto, diventerebbe il primo governatore dichiaratamente gay nella storia degli Stati Uniti. Con i tempi che corrono – e con il lento declino di Cutler nei sondaggi – gli analisti hanno già cominciato a far pendere la bilancia delle loro previsioni dalla parte dei democratici.
Massachusetts (D)
La decisione del democratico Deval Patrick (il primo governatore afroamericano del Massachusetts) di non cercare la rielezione nel 2014 ha aperto la porta alla candidatura dell’attorney general Martha Coakley, nota soprattutto per essere stata sconfitta dal repubblicano Scott Brown nel 2010 nella sfida per ereditare il seggio del Senato che era stato di Ted Kennedy. Con questa macchia indelebile sul proprio curriculum, la Coakley affronta Charles D. Baker, che quattro anni fa ha perso onorevolmente – considerando la storia politica del Bay State – con Patrick. Se la Coakley sarà capace di non distrarsi come nel 2010, i democratici dovrebbero avere la strada spianata verso la Massachusetts State House di Beacon Hill, ma nell’ultimo mese Baker ha praticamente annullato il suo svantaggio nei sondaggi, costringendo gli analisti a classificare la sfida come toss-up. Una doppia sconfitta per la Coakley, però, oltre a essere clamorosa, significherebbe la fine quasi certa della sua carriera politica ad alto livello.
Michigan (R)
Con un job approval intorno al 40 per cento in uno stato competitivo ma dalla netta tendenza verso il blu, in primavera il governatore Rick Snyder era considerato uno degli incumbent repubblicani maggiormente a rischio, anche se i sondaggi continuavano a registrare un suo solido vantaggio nei confronti del candidato democratico, Mark Schauer. Quando a settembre, poi, questo vantaggio ha iniziato a ridursi notevolmente, il Gop è entrato nel panico. Nelle ultime settimane, il margine a favore di Snyder è tornato sensibile, ma soltanto Rothenberg vede favorito il candidato repubblicano, mentre Cook e Crystal Ball restano fermi sul toss-up. Con Detroit sempre più blu e il resto dello stato che ha mantenuto la sua tradizione filo repubblicana, il voto decisivo sarà quello dei sobborghi.
Wisconsin (R)
Dopo essere diventato il primo governatore degli Stati Uniti a sopravvivere a un recall, gli analisti si aspettavano che Scott Walker avrebbe passeggiato verso una comoda rielezione nel 2014, per poi concentrarsi sulle presidenziali del 2016, in vista delle quali è considerato come uno dei pochi (potenziali) candidati del Gop in grado di unificare la base movimentista e l’establishment del partito. Ma questi analisti non avevano fatto i conti con l’estrema polarizzazione dell’elettorato nel Badger State. Nello stato che ha visto nascere Joe McCarthy ma che ha anche “inventato” il sindacalismo a stelle e strisce, la durissima battaglia sull’abolizione della contrattazione collettiva – vinta da Walker – ha mobilitato in modo sensazionale le basi elettorali di entrambi i partiti, tanto che oggi il numero di indecisi è tra i più bassi di tutta la nazione. Con la gara classificata come toss-up da Cook e Rothenberg (ma con i repubblicani favoriti per Crystal Ball) e i sondaggi che vedono il governatore leggermente davanti alla sfidante democratica Mary Burke (ma ancora troppo vicino per sentirsi tranquillo), tutto sarà deciso dal turn-out nel giorno del voto. Poi, se per caso il 4 novembre riuscisse a uscire indenne anche da questa battaglia, allora Walker potrebbe seriamente iniziare a guardare verso sud-est, dalle parti del fiume Potomac.
(continua)
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