Tom Steyer (foto AP)

Tom Steyer, il filantropo liberal che si sta comprando il midterm

L’ambientalista di sinistra è il più ricco finanziatore elettorale. Fine di un luogo comune sui plutocrati di destra.

New York. Un inossidabile luogo comune da campagna elettorale dice che i plutocrati repubblicani hanno preso in ostaggio il processo democratico versando vagonate di milioni nel pernicioso meccanismo degli spot elettorali e delle campagne di lobbying condotte attraverso opachi corpi intermedi. Il peccato originale che permette questo incestuoso matrimonio fra soldi e politica è la famosa sentenza della Corte suprema che nel 2010 ha di fatto liberalizzato i finanziamenti alle campagne sotto certe condizioni facilmente eludibili. Quella svolta ha creato i Super Pac, granai di fondi elettorali ai quali chiunque può contribuire con qualsiasi cifra, nel nome della libertà di espressione garantita dal Primo emendamento alla Costituzione. La sinistra ha fatto di tutto in questi anni per mostrare il suo disgusto per quella decisione, riuscendo con successo a vendere al pubblico l’idea che sotto ogni manovra, ogni slogan, ogni piattaforma, ogni messaggio elettorale, ogni comizio di area conservatrice ci siano i petroldollari dei mefistofelici fratelli Koch o gli altrettanto sporchi soldi del magnate dei casinò Sheldon Adelson, che nella tornata elettorale del 2012 è stato il singolo finanziatore più generoso, con 49,8 milioni versati a beneficio del Partito repubblicano. L’essenza del luogo comune democratico consiste nel dividere il mondo dei finanziamenti politici in due fazioni radicalmente incompatibili: da una parte i repubblicani mossi dai burattinai della vecchia oligarchia; dall’altra i democratici sponsorizzati dalla colletta dei piccoli finanziatori, donne e uomini della strada che rompono i salvadanai per sostenere dal basso ideali belli e puri.

 

Non c’è bisogno di uno studioso dei big data per spiegare che la realtà non s’accorda con i pregiudizi liberal, basta considerare chi, in questa campagna per le elezioni di midterm – meno ricca ma più capillare e pervasiva di una disfida presidenziale, che si gioca in fondo soltanto in una manciata di stati – ha contribuito in modo più sostanzioso alle ostilità elettorali. Con 55 milioni di dollari investiti nella campagna tramite il controverso canale dei Super Pac, Tom Steyer ha battuto il record di Adelson, e i suoi fondi sostengono cause di segno democratico. Il NextGen Climate Action Committee, il Super Pac che fa riferimento a Steyer, è nel mezzo di una battaglia serrata per tentare di impedire ai conservatori di conquistare il Senato a novembre. La lista dei miliardari che finanziano il Partito democratico (altro che salvadanaio) è lunga e include fra gli altri George Soros, David Shaw e Irwin Jacobs, ma in qualche modo Steyer sta usando questa campagna per affermarsi come uberfinanziatore delle cause commendevoli della sinistra.

 

Steyer è un hedge fund manager di stanza a San Francisco con spirito da filantropo di sinistra, idee ambientalmente corrette e un patrimonio da 1,6 miliardi di dollari. Nel 2012 ha lasciato l’hedge fund che aveva fondato nel 1986, Farallon Capital Management, per dedicarsi anima e corpo alla lotta per salvare il pianeta dalla combustione fossile e dalle emissioni nocive che l’uomo colpevolmente produce. Se questo è il preludio a una sua discesa diretta nell’arena della politica non è dato di sapere, per il momento, ma è chiaro che la presente fase della sua vita pubblica consiste nell’influenzare le vicende dal backstage per diventare una sorta di alternativa ambientalista ai fratelli Koch. “I Koch si stanno prendendo il più incredibile rischio  che io abbia mai visto qualcuno prendersi: essere ricordati nella storia come persone malvage”, ha detto Steyer, intenzionato ad affermarsi come il contropotere angelico dell’oscura banda di finanziatori repubblicani. Dove i fratelli Koch e gli altri magnati delle energie non rinnovabili investono, Steyer investe cifre analoghe per la causa contraria. E’ stato così per il controverso oleodotto Keystone XL, che congiunge i giacimenti dell’Alberta alle raffinerie del Golfo del Messico. Ora è il momento di fare la differenza in campagna elettorale.

 

[**Video_box_2**]Per la verità, il prodotto dei 55 milioni di dollari investiti da Steyer nella campagna di midterm ha fatto storcere il naso a diversi strateghi democratici, che non sanno esattamente dire a chi sia rivolta e quali effetti elettorali possa realisticamente produrre l’iniziativa verde del miliardario. Gli spot televisivi targati NextGen sono attacchi nemmeno troppo sofisticati all’industria petrolifera e del carbone o grandi elogi della rivoluzione verde, ma nella selva delle questioni elettorali che premono agli americani l’ambiente può attendere. L’istituto Gallup dice che i cambiamenti climatici sono all’ultimo posto della classifica delle tredici “issue” più importanti per gli elettori. C’è l’economia che marcia ancora troppo lentamente, il mercato del lavoro bloccato, le banche che non concedono credito, e sopra a tutto questo aleggia il prepotente ritorno del terrorismo e le preoccupazioni per la sicurezza nazionale. Perché Steyer investe in una questione che non interessa a nessuno o quasi? Probabilmente, dicono i maligni, anche a sinistra, perché gli investimenti fatti da Steyer negli ultimi anni nelle energie rinnovabili dipendono dai sussidi pubblici che l’Amministrazione Obama ha erogato con generosità, dunque l’interesse dell’investitore prescinde da quello del filantropo disinteressato. Che poi è un’accusa analoga a quella che viene mossa ai fratelli Koch, che, dicono, spacciano la difesa del loro business come purissimo impegno politico. Steyer ha fatto del suo portfolio d’investimenti “coal free” un punto d’onore, sostenendo che mettere soldi nelle energie rinnovabili è economicamente conveniente, oltre che moralmente commendevole, e ha seguito i suoi principi buttando 55 milioni di dollari in una campagna di dubbia efficacia e altrettanto dubbie motivazioni.