Gli intrusi e il potere
Una cortina di ferro è calata sull’Italia di Renzi. E’ una nuova guerra fredda, sulla scia di quella che divise in maniera fondamentalista ai tempi di Craxi e nella stagione di Berlusconi. Ecco come e perché.
E’ come se una cortina di ferro fosse calata sull’Italia di Matteo Renzi. E’ cominciata una guerra fredda. Due sistemi di idee e di prassi, e la coesistenza pacifica (armamenti a parte, che in questo caso sono politici e culturali) è in precario equilibrio. La divisione è ferrea, antropologica si direbbe, sulla scia della precedente ventennale guerra civile strisciante condotta dall’esercito berlusconiano, da un lato, e dal suo antagonista, che considerava il Cav. l’Arcinemico, dall’altro. Lo si vede da segnali inequivoci. In Parlamento e in quel che resta dei partiti e del Pd, dove una frastagliata cordata protestataria e renitente si organizza ogni giorno per trabocchetti vari, sebbene in un orizzonte cieco, perché non c’è una vera guida, non c’è una visione alternativa, non c’è una politica e una prospettiva (a chi converrebbero crisi ed eventuali elezioni?). Nel sistema dei media, giornali e tv, dove a parte qualche lecchino del premier pro tempore, della solita stoffa ruffiana, la guerra è tra i nazionalpopolari, quelli che sono abbagliati dal comunicatore di ultima generazione, dal nuovo leader fattosi da sé ed estraneo a una stretta cultura di partito, e i rimasugli dell’antiberlusconismo, oggi in crisi di ascolti e di credibilità, alleati con il cattivo umore dell’establishment e della burocrazia pubblica, che tengono questo boy scout incontrollabile, estraneo alla logica dei salotti e delle concertazioni e delle intermediazioni, come un pericolo pubblico. Poi c’è l’orrore degli esteti, che non sopportano l’elemento “cool” nella vita pubblica, ma questo è un altro tratto del quadro, in fondo minore, di dettaglio.
Destra e sinistra, nord e sud, ricchi e poveri: il paradigma classico è sconvolto. Tutto è riclassificato. La leadership di Renzi è personale. Il suo sistema progressivamente in costruzione del potere e dell’influenza ha molti elementi tipici della tradizionale crescita di una classe dirigente, ha anche i difetti e le fragilità tipiche di questi processi novatori, ma il principe nuovo che ha l’ambizione di fondare un nuovo stato delle cose è appoggiato e avversato per linee che non hanno alcunché di comune con i vecchi confini. La cortina è ferrigna. La malmostosità dei nemici del nuovo leader è insidiosa, a tratti prepotente, si avvale di strumenti che si conoscono, di un’informazione che si vuole libera e critica verso il potere e in realtà prepara o cerca di preparare, come sempre, nuove situazioni di potere. Ci sono argomenti per criticare il premier ragazzino? Certo che ci sono, ci mancherebbe. Ma non è di questo che si tratta. E quel che rilevo non è nemmeno un processo alle intenzioni. La verità è che tutto un mondo non accetta, e lo si vede quasi fisiognomicamente dai loro muscoli facciali, nemmeno la possibilità che si cambi davvero registro.
E’ già successo. Con Craxi, nell’Italia dominata dal condominio del bipolarismo Dc-Pci, fu lo stesso. Antropologia e politica: chi era questo “tedesco”, questo che voleva socialdemocrazia e riformismo nel paese capitale dell’ideologismo cattolico e comunista, solidarista, consociativo e antimoderno? Con Berlusconi non ne parliamo proprio: identico scenario rispetto a quello attuale. Chi è questo che usa la televisione e i sondaggi, che parla in modo semplice e diretto, che ha atteggiamenti populisti e plebiscitari e scavalca la logica del sistema sopravvissuta alla tempesta delle inchieste sulla corruzione e al crollo dei partiti? Ieri erano le sue improvvisate da Funari, oggi il giubbetto di Fonzie e la performance da Barbara d’Urso. Le cortine di ferro (con il contorno degli allarmi farlocchi per i pericoli che corre la democrazia) calano quando una persona o una cosa nuove si affermano come intrusi, come usurpatori di un potere costituito, stabilito, che si considera in pericolo.
[**Video_box_2**]Ecco, cari lettori foglianti quando vedete una notizia sciatta (le pensioni l’11 del mese, non si possono pagare i mutui) o una enfatizzazione delle difficoltà in Europa della legge di stabilità (dicono che la bocceranno) o la caricatura dei vecchi governi litigiosi (ma quand’è che questo Padoan si mette a fare il Tremonti del momento, quand’è che comincia a insidiare la posizione del premier in nome della serietà al governo? Ah, che impazienza si vede in giro), ecco, quando vedete in tv o leggete nei giornali i segnali della guerra fredda, oggi nella fase del containment, arginare e proteggersi, domani con altri colpi offensivi possibili visto l’attivismo della magistratura d’assalto, già nemica giurata della nuova situazione, ricordatevi di tutto questo. E ricordatevi che se Berlusconi, che pure ha un bagaglio storico di leadership incrinato ma non spento dai suoi Arcinemici, e che tiene a mantenere autonomia e identità del suo partito e della sua coalizione, nella sostanza vuole promuovere in Renzi quello che ha la metà dei suoi anni (ipse dixit), quello che è abile e comunicativo nell’applicare le sue stesse ricette (ipse dixit), questo non è un paradosso, è un atto di lealismo verso il paese e di realismo politico, e deriva dalla percezione che lo stesso esercito di mugugnoni e di nemici milita sempre sotto le sesse bandiere, di là dalla cortina: contro Craxi, contro Berlusconi e oggi contro Renzi.
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