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Finanza e portafogli

Ernesto Felli

La legge di stabilità di Renzi accorcia un po’ la distanza tra cittadini e addetti ai lavori. La natura intrinsecamente politica e sociale delle faccende economiche fa sì che anche i profani si sentano autorizzati a fare critiche e proporre rimedi su questioni di cui non hanno la minima competenza.

La natura intrinsecamente politica e sociale delle faccende economiche, le quali interferiscono in modo direttamente percepibile sulle vite delle persone, fa sì che anche i profani, inclusa la gran parte di politici e giornalisti, si sentano autorizzati a fare critiche, suggerire idee, proporre rimedi su questioni di cui non hanno la minima competenza. Una cosa che la gente comune trova del tutto naturale. E probabilmente lo è. Non dovrebbe essere altrettanto naturale che lo stesso avvenga su questioni che riguardano per esempio la fisica o la matematica? Anche della fisica si può dire che interferisce in maniera osservabile, altroché, sulla vita personale (con la matematica è già più complicato). Eppure in questi campi le persone incompetenti si sentono poco incoraggiate a intromettersi.

 

Certo, c’è sempre qualcuno che la spara grossa su qualche nuova cosmologia, ma è molto improbabile che dalla gente comune possa scaturire qualche idea fisica o matematica originale. Per le questioni economiche è diverso e può pure succedere, anche se non è tanto probabile, che qualche idea naïve ma brillante riesca a influenzare il pensiero economico. In verità, sembra molto più probabile che sia qualche ragionamento altrettanto rozzo ma cattivo a influenzare le idee economiche. E così accade che i media, dai giornali alla tv al web, pullulino di sparate, prive di qualsiasi fondamento, in un giuoco al rialzo che sembra correlato col peggiorare o il non risolversi della crisi. Il tutto, ovviamente, disturba gli “addetti ai lavori”, i quali ritengono che l’economia sia una scienza e che, come tale, dovrebbe essere lasciata a chi se ne intende. Anche secondo noi che siamo parte interessata (ma disincanta), l’economia è una scienza. Tuttavia, a causa di quella natura intrinsecamente sociale e politica di cui si diceva, che rende la materia dannatamente complessa, le conclusioni e le predizioni fornite dagli economisti sono limitate. E in alcuni casi sbagliate. Entrambe le cose non vengono perdonate agli economisti. Con le teorie lacunose o sbagliate di altre scienze, per esempio la fisica, la tolleranza è maggiore. Gli economisti ci mettono del loro quando si lasciano trasportare dalla hybris, pretendendo di spingersi al di là delle loro effettive conoscenze e soprattutto mostrando una certa riluttanza a imparare dagli inevitabili errori.

 

[**Video_box_2**]Prendiamo la teoria delle contrazioni espansive. I fatti hanno drammaticamente intaccato l’entusiasmo iniziale. L’idea alla base della teoria non era, in termini generali, peregrina. I consolidamenti fiscali possono essere un gioco a somma positiva nell’ipotesi che l’effetto di reddito positivo – indotto dall’aspettativa di tasse permanentemente più basse a causa del risanamento del bilancio pubblico – sovrasti gli effetti tradizionali, producendo anche nel breve periodo un aumento dei consumi. Si è però omesso di mostrare quali e quante condizioni per nulla automatiche debbano essere soddisfatte perché un simile risultato sia possibile. Intanto era parso immediatamente chiaro, di fronte ai risultati di questa teoria, ciò che già Keynes aveva intuito una settantina di anni fa e cioè che “the boom, not the slump, is the right time for austerity at the Treasury”. Ma non solo questo perché, come la ricerca successiva sia teorica che empirica ha dimostrato, un tale risultato, cioè un’eliminazione del disavanzo senza costi anzi con guadagni in termini di crescita, dipende anche dai tempi e dalle modalità del consolidamento – oltre che da altre circostanze per niente banali che riguardano la politica monetaria e il tasso di cambio. La differenza sostanziale nei risultati emerge a seconda che l’aggiustamento fiscale sia ottenuto attraverso una riduzione della spesa o attraverso un aumento delle tasse. Per esempio, quando l’aggiustamento è basato sulla riduzione delle uscite, viene ottenuto quell’effetto ricchezza di cui si diceva.

 

Una strategia win-win
In tal modo, il consolidamento fiscale può divenire una strategia “win-win”, una strategia che pareggia il bilancio e allo stesso tempo genera un boom di consumi riducendo la tassazione distorsiva di equilibrio. Però, questo avviene in un modello dove tutte le famiglie sono lungimiranti e senza vincoli e i mercati finanziari completi. Poiché nella realtà queste ipotesi sono, diciamo così, scarsamente presenti, altre condizioni devono essere soddisfatte perché il consolidamento diventi una strategia “win-win”. Ed ecco che qui entra in campo la necessità di stimoli alla domanda, per esempio attraverso trasferimenti (temporanei) alle famiglie in difficoltà (che hanno vincoli finanziari). E poi serve il concorso determinante della politica monetaria. Ora, volendo ricondurre con qualche acrobazia tutta questa discussione ai fatti nostri di oggigiorno, si può osservare che una qualche consapevolezza di questi risultati è presente nella legge di stabilità 2015 del governo Renzi. Poi, certo, ci sono molte altre questioni. Tra cui la propagazione a livello europeo di questa consapevolezza.       

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