Un test non basta a rianimare il credito, all'Italia serve una scossa
n Italia ci sono più sportelli bancari per abitante che in ogni altro paese sviluppato: più di farmacie o ristoranti, dice l’Ocse. E’ più facile trovare una banca che comprare un’aspirina. Con più costi e meno profitti, il sistema bancario italiano è vulnerabile a choc esterni.
Gran parte delle banche europee ha passato il test della Banca centrale europea, pubblicato domenica. Ma anche vincendo questa battaglia, la guerra rimane lunga. Circa un terzo delle 124 banche è passato con voti bassi – vicino ai limiti – e rimane in cattiva salute: chi si attende una ripresa rapida dell’attività creditizia rimarrà deluso. Le banche medio-piccole in Italia e in Germania sono particolarmente deboli, alcune di esse potranno fallire il test nonostante gli aumenti di capitale effettuati nei mesi scorsi. Il motivo è semplice: troppe banche, troppi costi e poca redditività. Popolari e cooperative, la gran parte delle 680 banche italiane, sono tra le ultime della classe in Europa per profitti: le popolari hanno generato un Return on equity del 6,8 per cento e le cooperative del 4,2 negli anni 2007-2013 contro una media europea dell’8,8 (dati dell’Associazione europea delle banche cooperative).
In Italia ci sono più sportelli bancari per abitante che in ogni altro paese sviluppato: più di farmacie o ristoranti, dice l’Ocse. E’ più facile trovare una banca che comprare un’aspirina. Con più costi e meno profitti, il sistema bancario italiano è vulnerabile a choc esterni. La resistenza delle banche italiane all’inizio della crisi, grazie a depositi stabili e meno esposizione alla bolla immobiliare, è ora diventata resistenza al cambiamento. La Spagna ha raggruppato le sue cajas da 45 a meno di 15 negli ultimi anni. Per sopperire alle loro inefficienze strutturali, invece, molte banche italiane hanno comprato obbligazioni governative che ora rappresentano oltre il 10 per cento dei bilanci. Si tratta di una soluzione solo temporanea: i Btp comprati durante la crisi generano alti interessi senza assorbire capitale, poiché secondo le regole di Basilea il loro risk-weight è zero. Non si risolvono però i problemi strutturali, e ora che i rendimenti sui titoli governativi sono più bassi, questa strategia ha le ore contate.
Quali sono le soluzioni di lungo termine? Il mercato del credito europeo è come un sistema energetico che si alimenta solo da un tipo di centrali elettriche: le banche. Ma quando le cose vanno storte, il sistema si blocca e le alternative sono poche. Una soluzione è quindi sviluppare mercati alternativi al credito bancario: le obbligazioni high yield per esempio sono triplicate in Europa dall’inizio della crisi. Ma non tutte le aziende hanno la massa critica per emettere finanziamenti sui mercati, che di solito partono da un minimo di 100 milioni. Un’alternativa è il programma di cartolarizzazioni (Asset backed securities, Abs) promosso dalla Bce. Le cartolarizzazioni permettono alle banche di raggruppare piccoli prestiti a consumatori e Pmi e trasformarli in obbligazioni acquistabili dagli investitori. Così facendo, le Abs collegano la domanda d’investimento sui mercati, con l’offerta di credito capillare alle Pmi. Le banche invece sono in grado di erogare prestiti e rivenderli sul mercato, con poco assorbimento di capitale. Il problema però è che il piano Bce ha finora riscontrato poco supporto da parte dei governi europei. La Bce può soltanto comprare le parti meno rischiose (senior) delle cartolarizzazioni, e ha bisogno di garanzie per comprare le mezzanine (a rischio medio). Germania, Olanda e Francia hanno finora negato ogni sostegno, e solamente ieri la Banca europea per gli investimenti (Bei) ha annunciato un potenziale interesse.
[**Video_box_2**]C’è anche un terzo gruppo di alternative che rimangono però di nicchia – mini bond e crowdfunding. Anche se sta crescendo velocemente, l’erogazione di credito con questi strumenti (5 miliardi in Italia) è una goccia nel mare rispetto alla riduzione dei prestiti alle aziende che è avvenuta durante la crisi – pari a circa 100 miliardi in Italia e 594 nella zona euro.Su queste misure l’Italia si sta finalmente muovendo in anticipo. Il Tesoro e la Cassa depositi e prestiti stanno studiando soluzioni per supportare garanzie alle cartolarizzazioni mezzanine. La riforma del sistema giudiziario italiano, il più lento d’Europa, potrebbe inoltre accelerare le dimissioni dei crediti in sofferenza da parte delle banche. Accorciando i tempi per il recupero dei crediti si attirano investitori e si migliora il prezzo di vendita. Le banche quindi possono concentrarsi sull’erogazione di nuovi prestiti. Rimane però un nodo centrale da risolvere: la frammentazione del sistema bancario e l’inefficienza delle banche medie e piccole. Banca d’Italia e Assopopolari stanno lavorando a una riforma del sistema di votazione delle popolari, da un voto pro capite a uno per azione. E’ un passo avanti, ma c’è ancora molto da fare. Il controllo azionario delle banche medie e piccole rimane ancora accentrato nelle mani delle fondazioni, e quindi poco contendibile. Le due banche principali e in buona salute (Intesa e Unicredit) insieme rappresentano solo un quarto dell’offerta creditizia, e da sole non saranno in grado di compensare le inefficienze del resto del sistema. Da novembre, la Bce diventerà responsabile per la supervisione delle 124 maggiori banche europee, e gli stress test potrebbero diventare un esercizio annuale. Con la banking union e l’armonizzazione delle regole bancarie, competizione e fusioni cross-border saranno più facili. E’ l’inizio di una nuova èra. Il piano Abs offre uno spiraglio d’opportunità per riattivare il credito. Ma non basta. Senza consolidamento delle banche, la riforma giudiziaria e le garanzie alle Abs rischiano di essere misure Gattopardiane: “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi” – questa volta, invece, non c’è tempo da perdere.
Alberto Gallo è responsabile per l’ufficio studi sul credito di Royal Bank of Scotland a Londra. Le opinioni espresse nell’articolo sono personali.
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