I traditori e le pretese
Cameron finisce in un altro tormento europeo, Farage prepara l'affondo
Il premier inglese spacca il suo partito sul mandato d’arresto europeo. Un ex Tory passato con l’Ukip ne approfitta.
Milano. Il premier britannico, David Cameron, ha deciso di organizzare un voto entro breve, forse già settimana prossima, alla Camera dei Comuni sulla possibilità di ristabilire il mandato d’arresto europeo, al quale il Regno Unito aveva rinunciato l’anno scorso. La risposta di molti conservatori, tra politici e commentatori, è stata: ma che ti salta in mente, proprio adesso? Il mandato d’arresto europeo fa parte di 130 misure di giustizia e sicurezza europee da cui Londra aveva deciso di recedere, salvo poi oggi ricredersi (non soltanto sul mandato d’arresto, ma anche su altre 34 misure) in quanto si sono rivelate strumenti utili per le estradizioni e più in generale per proteggere il paese dalle organizzazioni terroristiche. Per molti conservatori – oggi si parla di una ribellione di quasi un centinaio di deputati, ma il numero è destinato a diminuire – si tratta di una perdita di soldi inutile, per di più a favore del progetto europeo e della cessione di sovranità che, si sa, nel mondo dei Tory non sono molto popolari: che senso ha – dicono gli euroscettici – spendere trentamila sterline per rimandare al suo paese un polacco che poi pagherà una multa di 100 euro per non aver parcheggiato nel posto giusto? (Pare che i polacchi usino il mandato d’arresto europeo anche per reati minimi).
C’è un altro problema: il 20 novembre si terranno le byelection a Rochester, dove il candidato Mark Reckless, un signore alto, sorridente e occhialuto, ha deciso di lasciare il suo partito, i Tory, per passare con l’Ukip. Il “traditore” potrebbe risultare avvantaggiato dalla lotta che ci sarà tra i conservatori, e conquistare il secondo seggio nel giro di un mese per gli indipendentisti di Nigel Farage. La tempesta perfetta, insomma: si parla di Europa, i conservatori si scannano, e vince l’Ukip. Cameron è convinto – e a persuaderlo è stato il cancelliere dello Scacchiere, George Osborne, che è anche la mente della strategia elettorale in vista del voto del maggio prossimo – che un voto ai Comuni prima delle suppletive sia più utile, conta sul sostegno del Labour e dei Lib-Dem e pensa di farcela, ma forse sottovaluta gli effetti dell’ennesima faida interna.
[**Video_box_2**]Il Daily Telegraph racconta che, per non farsi mancare nulla, alcuni ministri stanno facendo pressione su Cameron perché dica nel giro di qualche settimana di essere pronto a fissare la data per il referendum in-out sul futuro del Regno Unito in Europa. E’ necessario – dicono – che il premier tenga un discorso sull’Europa per contrastare l’avanzata dell’Ukip, e per essere efficace Cameron deve dire di essere disposto a lasciare l’Ue se Bruxelles non accetta di rivedere – riformare – le relazioni con il Regno Unito. Secondo una fonte di governo, “il premier è pronto a farlo”, soprattutto ora che a Londra è stato richiesto di pagare, entro la fine di novembre, circa 2 miliardi di euro extra per il budget europeo (la motivazione, detta in modo brutale, è che l’economia britannica è andata bene e quindi si può permettere di spendere qualche cosa in più per compensare i tentennamenti degli europei continentali). Ma nel frattempo i liberaldemocratici, che sono ancora partner di governo per quanto i rapporti siano tremendi, hanno affossato l’iniziativa dei conservatori che volevano far passare una norma che garantisse l’organizzazione del referendum entro il 2017, indipendentemente dall’esito elettorale.
Il guaio europeo di Cameron, che s’appaia con quello relativo all’immigrazione, visto che il progetto di imporre delle quote è ostacolato dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, va tutto a vantaggio dell’Ukip. A Rochester subito (la maggior parte dei conservatori è convinta che il seggio sia perduto, già nel 2010 fu vinto con un vantaggio minimo), a livello nazionale nei prossimi mesi. Farage ha detto che il premier infine pagherà i soldi extra richiesti da Bruxelles, sottolineando l’impotenza inglese di fronte ai diktat europei e rendendo per Cameron impossibile l’opzione di sottrarsi ancora una volta da un confronto chiaro su quel che vuol fare con l’Europa.
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