Ecco il piano della Cina per sconfiggere l'occidente sugli Ogm
La campagna del Partito comunista cinese per il nuovo grande balzo in avanti è iniziata un anno fa senza che quasi nessuno se ne accorgesse. E’ sempre così in Cina, dove gli eventi epocali, le decisioni che cambiano le cose, avvengono lontano dai comunicati della propaganda di stato.
Roma. La campagna del Partito comunista cinese per il nuovo grande balzo in avanti è iniziata un anno fa senza che quasi nessuno se ne accorgesse. E’ sempre così in Cina, dove gli eventi epocali, le decisioni che cambiano le cose, avvengono lontano dai comunicati della propaganda di stato o dalle cerimonie politiche del Partito. Gli osservatori occidentali possono solo cogliere indizi, mettere insieme i pezzi sparsi, ma quasi sempre si accorgono dei cambiamenti solo quando questi sono già in corso. E’ così anche per una delle grandi iniziative economiche decise dal presidente Xi Jinping, che vuole far tornare la Cina una grande potenza in agricoltura, e che per farlo ha deciso di puntare tutto sugli Ogm. La Cina, racconta David Talbot sulla Technology Review del Mit, sta costruendo una incredibile riserva di Ogm, e ha iniziato a investire una quantità enorme di uomini e risorse nel biotech. Di recente è diventata il più grande finanziatore pubblico al mondo di biotecnologie, e molti indizi fanno pensare che dal Partito di Pechino stia arrivando un messaggio ben chiaro ai funzionari sparsi nel paese: la Cina deve vincere la guerra degli Ogm, costi quel che costi. Anche lo spionaggio industriale, come sempre quando il Partito decide le sue priorità economiche, è un’arma consentita. Alcuni dei più gravi casi di furto della proprietà intellettuale compiuti da cittadini cinesi negli ultimi tempi riguardano colture geneticamente modificate.
E’ il 23 dicembre 2013 a Pechino. Xi Jinping parla da un palco spoglio davanti a una platea di un centinaio di burocrati. L’evento è la Central Rural Work Conference, uno di quei raduni i cui esiti, a leggere i comunicati ufficiali, sono sempre gli stessi. Ma il testo del discorso di Xi è tenuto segreto per quasi un anno, e quando è stato pubblicato, qualche settimana fa, ha suscitato molto clamore. Xi parla ai delegati della sua giovinezza, di quando era un bambino delle elementari durante i “tre anni di disastri naturali” – l’eufemismo cinico con cui i funzionari del governo chiamano la grande carestia cinese provocata tra gli anni 50 e 60 dalle collettivizzazioni di Mao. Racconta che non aveva niente da mangiare che non fosse zuppa, che da ragazzo, quando fu mandato in campagna come parte del cursus honorum dentro al Partito, passò mesi senza vedere nemmeno una goccia di olio per cuocere. In realtà Xi non deve aver conosciuto la fame come milioni di contadini cinesi. Il presidente è un “princeling”, uno dei figli dell’aristocrazia comunista, e nelle foto d’epoca appare tutt’altro che malnutrito. Ma la parte interessante del discorso viene dopo. L’indipendenza alimentare della Cina è così importante, dice Xi, che dobbiamo fare qualsiasi cosa pur di raggiungerla. Se la Cina non riesce a sostentarsi da sola, “nessuno ci può salvare”. E l’unico modo per dare alla Cina il cibo di cui ha bisogno, dice Xi, sono gli Ogm.
Nel 2030 i cinesi saranno 1,4 miliardi di persone. La crescita demografica si è stabilizzata nei decenni recenti, ma dare da mangiare a una popolazione che aumenta in numero e pretese è una sfida enorme. Finora la Cina c’è riuscita grazie al perfezionamento delle tecniche agricole tradizionali, e a un uso ingente di pesticidi. Tra gli anni 60 e 90 del secolo scorso la produzione agricola della Cina è triplicata, ma negli ultimi due decenni i progressi sono rallentati fino a fermarsi. Nel 2008 la Cina è diventata un importatore di derrate alimentari, nel 2012 è diventata il più grande importatore del mondo. Se a questo si unisce la riduzione della popolazione attiva in agricoltura e dello spazio adibito alla coltivazione a causa dell’urbanizzazione, si capisce perché il governo sia tanto ansioso di sviluppare la ricerca nelle biotecnologie.
Secondo uno studio di Nature Biotechnology oggi in Cina ci sono quasi 400 laboratori e imprese che si occupano di Ogm. Gli investimenti del governo raggiungeranno i 4 miliardi di dollari nel 2020, e in termini di ricerca, dice Scott Rozelle, un analista sentito da Talbot, la Cina si sta muovendo molto più veloce sia del governo di Washington sia delle grandi multinazionali americane. Nel 2002 i cinesi sono stati tra i primi a individuare il genoma del riso, e hanno sviluppato (in molte varietà) un seme, il “green super rice”, che garantisce raccolti eccezionali. Hanno inventato una farina che resiste ad alcune infezioni molto comuni, e una pianta di soia che produce più olio del normale. I laboratori cinesi ormai hanno quasi colmato la distanza con quelli americani in tecnologia e know-how, e la ricerca cinese sulle biotecnologie è quella che in assoluto dimostra più potenzialità. Gli scienziati godono di fondi praticamente illimitati e di grande libertà di ricerca, e non devono preoccuparsi di rispondere alle regole del mercato, c’è lo stato che copre tutti i loro bisogni. Le imprese cinesi hanno dei vantaggi strutturali enormi rispetto ai giganti americani, nel decennio scorso una start-up controllata dallo stato è riuscita a soppiantare Monsanto dal mercato cinese perché vendeva cotone transgenico alla metà del prezzo. Per il cibo Ogm la situazione è diversa. Oggi in Cina, racconta Talbot, non ci sono campi coltivati con Ogm destinati al consumo umano, eccezion fatta per le coltivazioni sperimentali. Gli investimenti eccezionali della Cina nel biotech sono un progetto a lungo termine, e per ora l’interesse del Partito è diventare una potenza in termini di ricerca e sviluppo. Per Xi Jinping è un obiettivo fondamentale. Una Cina leader nelle biotecnologie e indipendente a livello alimentare sarebbe una parte importante del progetto nazionalista e muscolare che Xi sta portando avanti in patria e in politica estera. Gli Ogm servono a Xi per diventare più forte.
Il discorso di Xi dello scorso dicembre è il primo endorsement di un presidente cinese alle colture geneticamente modificate, ed è un segnale del fatto che le cose dentro al Partito si stanno muovendo da tempo. A mettere insieme gli indizi si scopre che a partire dal 2013 il Partito ha condotto in sordina una campagna pro Ogm con articoli di opinione sul Giornale del popolo, l’organo di stampa ufficiale, e reportage sui vantaggi del biotech. Anche le dichiarazioni dei funzionari di Partito sono sempre più chiare, a marzo il ministro dell’Agricoltura Han Changfu ha detto pubblicamente di essere un consumatore abituale e soddisfatto di cibi contenenti Ogm. Il Partito ha un gran bisogno di sensibilizzare l’opinione pubblica cinese sugli Ogm, e la pubblicazione dell’endorsement di Xi in un momento in cui il presidente gode di popolarità notevole serve a questo. Il fatto è che il biotech in Cina ha un problema di opinione pubblica: i cinesi gli Ogm non li vogliono.
[**Video_box_2**]Qualunque sondaggio si prenda in considerazione i risultati sono sempre gli stessi. I sondaggi online dicono che il 70-80 per cento dei cinesi non vuole gli Ogm, quelli scientifici dicono che circa un terzo degli intervistati è contrario al biotech, e un altro 39 per cento è preoccupato per la propria salute. In Cina è ancora diffusa una cultura rurale, e i recenti scandali alimentari (basti pensare a quello che in questi mesi ha riguardato McDonald’s) hanno peggiorato le paure della popolazione. Poi ci sono il nazionalismo e le teorie del complotto: le grandi compagnie del biotech sono tutte americane, e chissà mai cosa ci metteranno nel piatto gli yankee. L’alimentazione è uno di quei temi su cui l’opinione pubblica è sensibilissima, il Partito sa che rischia il suo consenso più sul cibo che sui diritti civili, e si muove con circospezione. Perfino dentro alla classe dirigente c’è discussione: quest’anno l’esercito cinese ha diramato l’ordine di bandire il cibo Ogm dall’alimentazione dei soldati, e il governo ha lasciato scadere i certificati di sicurezza di due tipi di sementi Ogm – ma la mossa è stata interpretata come un modo per boicottare le esportazioni americane.
Il Partito però ha preso la sua decisione. Non ci sono solo i discorsi e gli investimenti miliardari a dimostrarlo, c’è anche lo spionaggio industriale. Un articolo di Newsweek che racconta i casi di furto di semi ad alta tecnologia dai campi sperimentali americani parla di “uno sciame di locuste” per descrivere come i cinesi cerchino di conquistare i segreti del biotech in America. I casi di spionaggio sono molti, gli analisti parlano anche di “cellule dormienti” di cittadini cinesi che cercano di essere assunti nelle grandi aziende americane per spifferare i loro segreti. L’indagine più famosa è iniziata nel 2011 nello stato dell’Iowa, quando i guardiani di un campo sperimentale della multinazionale DuPont beccarono due uomini cinesi chini per terra a scavare per trafugare alcuni semi. Il caso dell’Iowa si è esteso, ha coinvolto anche Monsanto, ed è arrivato a incriminazioni ufficiali quest’anno. Tra gli accusati di cospirazione per il furto di segreti industriali c’è anche la moglie del presidente di una delle più grandi multinazionali del biotech cinese.
Il Partito comunista cinese ha fondato la durata del suo potere sulla lungimiranza. I suoi leader hanno saputo fortificarsi davanti alle sfide del mondo e resistere ai sommovimenti interni grazie alla repressione, ma anche grazie alla comprensione degli eventi. La grande riserva di Ogm della Cina fa parte di questo piano di lungimiranza, e in questo la burocrazia comunista si mostra più accorta nel sostegno agli Ogm dei leader occidentali, frenati da un’opinone pubblica scettica. E’ scettica anche l’opinione pubblica cinese, ma questo per il Partito è un problema secondario.
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