La prigione di Mosul
Il capo dello Stato islamico era presente a una strage di sciiti rimasta nascosta fino a oggi. L’esecuzione di massa a Badoush è stata filmata, ma il video non è mai stato pubblicato come altri.
Roma. Human Rights Watch spiega in un rapporto uscito giovedì che lo Stato islamico ha commesso la sua prima grande esecuzione di massa il 10 giugno, quando ha preso il controllo della prigione di Mosul. Il gruppo di Abu Bakr al Baghdadi ha circondato l’installazione – che si trova a Badoush, circa quindici chilometri a nord-ovest della città – ed è entrato all’interno il 9 giugno, quasi senza combattere perché le guardie carcerarie erano già fuggite nella notte. I detenuti sono stati separati in due gruppi: da una parte i sunniti, dall’altra gli sciiti, i curdi e gli yazidi. Il primo gruppo è stato portato verso la libertà, perché i sunniti appartengono alla stessa professione di fede dei soldati di Baghdadi. Gli altri prigionieri, circa seicento, sono stati trasferiti in una zona desertica poco lontana dal carcere e sono stati trucidati.
Per redarre questo rapporto che esce a quasi sei mesi dai fatti la ong ha intervistato quindici sopravvissuti e ha incrociato le loro testimonianze (sono scampati per una serie fortuita di circostanze, per esempio sono stati creduti morti sul fondo della fossa comune oppure sono scappati in tempo approfittando del caos).
Il Foglio è in grado di integrare questo quadro con informazioni proprie. Nelle prime ore del 9 giugno, all’alba, è stato il capo del gruppo in persona, lo sceicco Abu Bakr al Baghdadi, ad aprire le porte della prigione. Il leader ha un legame con Badoush: uno dei due video in cui appare al Baghdadi lo ritrae con il volto coperto da un passamontagna prima di un attacco proprio in quell’area, quando ancora non era il califfo ma un comandante di medio livello dell’organizzazione. Il video a Badoush risale a un periodo imprecisato tra il 2006 e il 2008 (l’altro video è naturalmente quello di luglio, mentre pronuncia a volto scoperto la khutba, il sermone, nella Grande moschea di Mosul non molto lontana).
[**Video_box_2**]I testimoni sentiti da Hrw raccontano anche della presenza di un leader non iracheno trattato con deferenza dai suoi: “Sembrava afghano, a giudicare dal suo accento e dai suoi vestiti”. Minacciava i prigionieri durante la separazione in due gruppi diversi: “Se qualche sciita prova a infilarsi nel gruppo dei sunniti gli taglio la testa con questo pezzo di metallo”, diceva parlando attraverso l’altoparlante di un’automobile della polizia catturata. Il dettaglio è interessante, perché la leadership del gruppo è quasi interamente irachena, a quanto si sa per ora. E’ l’altro grande gruppo del jihad, al Qaida, a contare leader afghani e pachistani nella sua catena di comando. Inoltre i soldati di Baghdadi che hanno trasferito i prigionieri verso il luogo della loro esecuzione ricevevano ordini attraverso walkie talkie di portata ridotta. Oggi non siamo sorpresi dalla possibilità di un’esecuzione di massa, ma in quei giorni di giugno tutto era una novità, anche per lo Stato islamico. Ricevevano ordini dai leader più alti in grado?
Un ultimo dettaglio importante: tutti gli eventi sono stati filmati con una telecamera, ma non è mai uscito un video – ufficiale o no – dello Stato islamico sulle morti a Mosul. Soltanto una settimana dopo, l’esecuzione di centinaia di cadetti dell’accademia militare di Tikrit è stata filmata e poi fatta circolare su internet (modalità identiche: sunniti graziati, sciiti condannati, una lunga fila, uccisi con pallottole). Lo Stato islamico conserva numerose registrazioni di esecuzioni mai rese pubbliche. Ancora non si sa perché la strage di Badoush è rimasta sconosciuta fino al report di Hrw e quella di Tikrit è diventata un video ufficiale.
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