Felici, equi e sterili. La Danimarca nel panico da crisi demografica
Un paese che regala sussidi alle mamme, da molti ritenuto un modello globale di assistenza welferista alla maternità e di uguaglianza di genere, ma è sempre e vecchio, in cui il declino demografico è considerato ormai “epidemico”.
Roma. Come ha scritto Judith Woods del Daily Telegraph: “Vorremmo tutti essere scandinavi!”. La Danimarca è da molti anni “il paese più felice del mondo” (Index delle Nazioni Unite): seconda al mondo per equa distribuzione del reddito, terza per l’indice di democrazia, sesta per qualità ambientale, settima per ricchezza pro capite e ottava per libertà economica. La Danimarca sorride da tutti i volti. Nuota nell’abbondanza questo popolo paziente e felice, che lavora meno ore all’anno di qualunque altro al mondo, sessualmente disinibito come nella pellicola di Lars von Trier “Nymphomaniac” e che canta “Vi Elsker vort land”, amiamo il nostro paese. Un vecchio poster turistico danese lo chiamava “il paese dei sorrisi e della pace”. Un paese che regala sussidi alle mamme, da molti ritenuto un modello globale di assistenza welferista alla maternità e di uguaglianza di genere. 750 mila danesi, il venti per cento della popolazione, non lavora, tanto che il New York Times ha definito la Danimarca “il miglior posto al mondo dove essere licenziati”.
Ma è un paese sempre più sterile e vecchio, in cui il declino demografico è considerato ormai “epidemico”. Fino al punto che da oggi l’educazione sessuale nelle scuole danesi, famose per le lezioni con il profilattico e all’insegna della profilassi, ha una nuova parola d’ordine: “Fate figli”. L’agenzia Sex & Samfund, provider dell’educazione sessuale nelle scuole danesi, si è messa a stampare materiale scolastico che invita al sesso procreativo, più che alla prevenzione. L’anno scorso, 55.873 bambini sono nati in Danimarca, il numero più basso dalla fine degli anni Ottanta. Nell’Unione europea, il numero di nati ogni anno è di cinque milioni a partire dalla metà degli anni Novanta, mentre nel 1960 più di sette milioni di bambini vedevano la luce ogni anno.
La scorsa primavera il tour operator danese Spies Rejser ha lanciato un video su YouTube che si apre con la domanda: “Può il sesso salvare il futuro della Danimarca?”. Racconta di come in Danimarca la gente non faccia più figli e che il tasso di fertilità sia il più basso in quarant’anni. Dieci nuovi bambini ogni mille abitanti, appena un po’ meglio del gerontocratico e suicida Giappone (8,39). Così l’agenzia di viaggi ha ideato un premio per chi dimostra di aver concepito in viaggio: tre anni di pannolini gratis e altri viaggi gratuiti. E’ nato anche un sito di incontri su internet, Babyklar.nu, che ha l’ambizione di far cadere anche l’ultimo tabù: mettere su famiglia.
[**Video_box_2**]Così come la crisi demografica dell’Italia ebbe inizio nei copiosi anni Settanta e raggiunse il suo picco nello spensierato 1992, la Danimarca scopre che non bastano gli incentivi per fare figli. Chiede un giornalista danese: “Il problema fa parte del profondo nella società occidentale e in alcuni paesi dell’Asia orientale. Ci rifiutiamo di avere abbastanza figli per sostituire l’attuale generazione. Ciò indica sicuramente qualcosa che va oltre i sussidi del governo. Dopo tutto, le generazioni precedenti non avevano avuto problemi nel crescere molti bambini senza sovvenzioni governative. Allora, qual è il nostro problema? Non è che, nonostante la fiducia in noi stessi verso l’esterno, l’arroganza delle nostre capacità e le realizzazioni della nostra generazione attuale siamo in realtà intensamente pessimisti sul nostro futuro?”.
La crisi demografica è il lato oscuro del ricchissimo modello nord-europeo. O per dirla con il titolo del libro del giornalista inglese Michael Booth, “The Almost Nearly Perfect People”. Un popolo quasi perfetto. Che si era però dimenticato di fare figli.
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