Storia di un bombardamento show
Quanti combattenti dello Stato islamico sono morti a Kobane? Rispondere a questa domanda non è facile come credete. I numeri, quando si parla di Stato islamico, non tornano. E prima di tutto, quanti combattenti ha lo Stato islamico? Anche in questo caso non è facile dare una risposta.
Quanti combattenti dello Stato islamico sono morti a Kobane? Rispondere a questa domanda non è facile come credete. I numeri, quando si parla di Stato islamico, non tornano. E prima di tutto, quanti combattenti ha lo Stato islamico? Anche in questo caso non è facile dare una risposta. Lo Stato islamico si espande e si contrae sui media secondo le necessità della sua stessa propaganda e secondo il livello di ansia dei corrispondenti occidentali. L’Is è stato molto bravo a tenere nascosti i suoi morti. Oh yeah, ai jihadisti piace parlare di quanto amano la morte, ma una forza militare intelligente non mostra troppe immagini prese da vicino dei suoi morti, e l’Is ha fatto calare una cortina efficiente sulle informazioni che riguardano quanti dei suoi uomini stanno morendo nella lunga e sanguinosa battaglia per Kobane. Ed è per questo motivo che l’aviazione americana si è organizzata con le unità curde dell’Ypg (Unità di protezione popolare, milizia dei curdi siriani vicina al Pkk, ndt) che difendono Kobane per attirare gli uomini dell’Is in campo aperto, dove possono essere uccisi davanti a una telecamera, in modo da mandare un messaggio alle potenziali reclute sparse in tutto il mondo.
Probabilmente avete visto il video. Mostra la cima di Tel Sehir, una collina a ovest di Kobane, nelle prime ore della sera del 24 ottobre 2014. Comincia con una bella inquadratura dei combattenti dello Stato islamico sulla cresta di Tel Sheir. C’è la bandiera nera dell’Is che sventola sulla cima, e sulla destra un combattente incappucciato che sembra parlare con diversi altri uomini dell’Is che salgono sulla collina verso di lui. All’improvviso l’uomo sul crinale comincia a correre. Un secondo dopo, la collina salta per aria, mentre altri due esplosioni colpiscono il lato opposto nello stesso momento. Quel primo scoppio spedisce il corpo dell’uomo che era sul crinale a volare culo in aria assieme a tanto terriccio da aprire un negozio per giardinieri nel deserto del Namib. Uno degli uomini in prima fila comincia a correre giù dalla collina, segno che ha visto troppi film d’azione. Non scappi via da una cosa così correndo. Infatti la seconda ondata di bombe lo centra in pieno.
E’ stato un attimo di gloria diretto alla perfezione, una di quelle cose che i fan dell’Ypg come il vostro qui non si stancano di rivedere. Non pretendo di essere neutrale in questo campo, ho vissuto in Kurdistan e in Arabia Saudita. I curdi al momento sono il popolo più equilibrato del medio oriente, i meno bigotti, i più adattabili. In ogni guerra tra i fanatici wahabiti misogini schiavisti e milizie curde comandate da una donna, io faccio il tifo per i curdi con tutto me stesso. Ma anche per un fan come me, il video sembra troppo bello per essere vero. La Siria da anni è ormai la Hollywood dei video di guerra, e quelli veri non sono per nulla ordinati e professionali come questo. Per esempio, dopo la prima inquadratura sulla collina prima dell’impatto, la videocamera gira sul paesaggio placido del tramonto su Kobane. Poi torna di nuovo alla collina, come se l’équipe sapesse che qualcosa sta per accadere. E infatti sono sulla scena, con lo zoom puntato, quando arriva il primo scoppio. Sembra che fossero lì ad aspettare perché sapevano. E’ stata una classica missione preparata. Non finta – quelli sulla collina erano veri uomini dell’Is, e sono stati davvero fatti a pezzi. Ma l’operazione è stata coreografata. Puoi farlo con una forza come l’Is, perché sono troppo stupidi per accorgersi di essere stati attirati verso la morte.
Quello che è successo è che qualcuno nella divisione propaganda militare degli Stati Uniti ha deciso che avevamo bisogno di una bella foto di combattenti dello Stato islamico fulminati da un bombardamento. Prima del video di Tel Sheir, tutto quello che avevamo visto volare in aria era cemento, mentre gli aerei americani facevano esplodere edifici diroccati dentro Kobane. Probabilmente era efficace, ma non era bella televisione. Non potevi nemmeno dire, a distanza di teleobiettivo, se quegli edifici fossero occupati o no.
E’ a questo punto che una bella collina spoglia viene utile. E Tel Sheir era disponibile, grazie a un trucco che l’Ypg e l’aviazione americana hanno giocato all’Is. L’Ypg ha inscenato una finta ritirata dalla collina giovedì 23 ottobre “… a causa della mancanza di munizioni e armi”. Il giorno dopo, venerdì 24 ottobre, lo Stato islamico ha spostato una squadra (come minimo) sulla collina. Lo Stato islamico aveva tutte le ragioni per credere che l’Ypg si sarebbe ritirato. Dopo tutto, l’esercito iracheno, molto meglio armato ed equipaggiato, ha abbandonato tutto l’Iraq occidentale all’Is senza combattere. Perché questa piccola milizia curda, logorata dal resistere alla potenza di fuoco dell’Is pari circa a una divisione corazzata, non dovrebbe ritirarsi? Ed è a quel punto che arrivano i nostri. Al tramonto del 24 ottobre le telecamere erano al loro posto, puntate sulla cima della collina. La luce era perfetta – scura abbastanza da essere illuminata dalle esplosioni in arrivo ma non così buia da coprire gli uomini che facevano da bersaglio. La chiamata è arrivata a un bombardiere B1-B. E il video è diventato un successo istantaneo.
Perché inscenare uno spettacolo così costoso soltanto per uccidere qualche brutto ceffo dell’Is? I bombardamenti sono costosi, le bombe che hanno fatto saltare in aria quegli uomini sulla collina valgono migliaia di volte quella bandiera che è stata distrutta. Anche se si aggiungono i sette uomini dell’Is uccisi dalle bombe – secondo la conferma arrivata dall’Ypg – è un gran lavorone per uccidere sette fanatici. Ma questa non è Stalingrado, e non si possono fare questi conteggi semplici. Per capire se il bombardamento aereo valesse la pena, è necessario contare come fattore tutte le volte in cui il video è stato condiviso online, tutte le celebrazioni di chi tifa per l’Ypg, dei curdi, degli sciiti, e degli altri che hanno ragione di odiare e temere lo Stato islamico. Il video e i commenti sono stati rilanciati su tutti i social media, in tutto il mondo, in urdu, arabo, tedesco, francese, bengalese, malese e indonesiano Bahasa, e anche in inglese.
E’ troppo semplice dire che c’è una guerra di propaganda nella lotta per il controllo di Kobane. In realtà ci sono almeno due guerre di propaganda. Una, quella per ottenere l’appoggio dei media tradizionali, è stata decisa a favore dei curdi un po’ di tempo fa – più o meno quando lo Stato islamico ha pubblicato un articolo sulla sua rivista, Dabiq, vantandosi di schiavizzare le donne e le ragazze yazide e di concederle come giocattoli sessuali ai suoi combattenti.
Dopo quell’articolo, è stato difficile anche per gli umanisti più liberali conservare un debole per lo Stato islamico. Oh, qualcuno tra i più stupidi tra i soliti sospetti ha tentato di assolvere in qualche modo gli schiavizzatori sessuali da qualsiasi colpa. Glenn Greenwald si è contorto fino ad annodarsi per sostenere che gli Stati Uniti non volevano neanche colpire lo Stato islamico, il che andrebbe spiegato a quegli uomini sulla collina nel video. Davvero – Glenn Greenwald? Ho avuto una breve conversazione con lui sul Mali qualche tempo fa, e ne sono uscito con la ferma convinzione che Greenwald potrebbe davvero essere l’umano più stupido sul pianeta. Ammetto che ci potrebbe essere, in effetti, una persona più stupida da qualche parte sulla terra, ma la mia convinzione è che se questo ipotetico miracolo della natura esiste probabilmente può essere trovato sul fondo di qualche lago, con le dita dello scheletro attorno alla chiave, le orbite fisse verso l’accensione, a chiedersi perché mai l’automobile non parte.
A parte i cretini come Greenwald, più o meno tutti nel mondo degli opinionisti concordano che sì, la schiavitù è una cosa cattiva, decapitare la gente perché crede nell’amico immaginario sbagliato è una cosa cattiva, e quindi l’Is è cattivo. Il fronte occidentale della guerra di propaganda riguardo Kobane è stato ufficialmente conquistato il 28 ottobre, quando il New York Times ha aperto la sua pagina degli editoriali con la donna che comanda l’Ypg nella città. Ma quello era un teatro minore della guerra di propaganda, che riguardava un po’ di gente anziana. La vera guerra di pubbliche relazioni combattuta su YouTube, Twitter e Instagram è una lotta per un’audience molto più giovane, combattiva e in larga parte non americana.
Le regole di quella guerra sono molto differenti. Immagina di essere un giovane seduto a un caffè a Tunisi, diciamo. Non c’è lavoro in Tunisia. Non c’è granché che ti connetta agli altri, in Tunisia, eccetto l’islam, che – in teoria – unisce in amicizia tutti i musulmani. In pratica non funziona così, come scoprono i musulmani dei paesi poveri quando sono assunti nel Golfo – e diventano matti di rabbia! – ma è pur tuttavia l’unica idea da celebrare nel tuo mondo, mentre stai seduto a cullare un caffè tutto il giorno. Immagina di essere quel tipo, e il jihad non ti sembrerà un’idea così pazza. Non devi nemmeno immaginare di essere tunisino: posso farvi un esempio tutto americano che sta sull’altro lato del fronte di Kobane. Jordan Matson, un ventottenne americano, si è arruolato nell’Ypg dopo essere uscito dall’esercito ed essere finito a fare i turni notturni in uno stabilimento industriale per la lavorazione della carne. Non sto dicendo che l’Ypg e l’Is sono moralmente uguali. Non lo sono. L’Ypg è una milizia secolare e indifferente al genere sessuale che sta difendendo la propria città contro dei mostri fottuti, e l’Is è il mostro in questione, uno dei gruppi più vili in circolazione. Ma le storie, i motivi, le esperienze, di Jordan Matson e della recluta media tunisina non sono così diverse. Il jihad, su entrambi i fronti, batte i turni da cimitero nel Wisconsin o la disoccupazione in Tunisia
Perciò se sei una potenziale recluta dell’Is a Tunisi e stai guardando le notizie che vengono da Kobane, le stai guardando alla tua maniera. Non ti preoccupi troppo per le storie di atrocità che si sentono sull’Is. I giovani uomini sono tolleranti, per così dire, davanti a queste cose. Molti di loro hanno molta più tolleranza – qualcosa di simile all’entusiasmo, e parlo anche in base alla mia imbarazzante esperienza di adolescente celibe. La schiavitù sessuale può apparire in maniera molto diversa se sei un giovane uomo celibe seduto a un caffè di Tunisi o se sei uno sputasentenze del New York Times. Come William Butler Yeats ha detto un secolo fa, notando l’inusuale prontezza dei giovani uomini irlandesi nel finire ammazzati da soldati meglio equipaggiati e addestrati, i giovani uomini celibi cresciuti in ambienti repressi sul sesso si eccitano molto all’idea della guerra e del martirio. La mia mano è la prima ad alzarsi in questo caso, mentre arrossisco. Non sono una di quelle “teste calde dimentiche dei loro peccati” che Yeats ha descritto. Ricordo i miei peccati molto bene, anche se erano in gran parte immaginari. E in media i giovani uomini di Tunisi e Riad sono stati cresciuti in un ambiente devoto e casto tanto quanto quello che ha forgiato i martiri dell’Irlanda di Yeats.
Se davvero volete capire queste dinamiche – ed è un ambito molto, molto imbarazzante, credetemi – dovreste leggere un gran libro chiamato “Male Fantasies”. Il suo autore è un pedante professore tedesco e il suo stile di scrittura è noioso da morire, ma l’idea è grandiosa: indagare le fantasie sulle donne che hanno motivato i giovani tedeschi ad arruolarsi nei Freikorps, i corpi militari composti da volontari della Repubblica di Weimar. Il libro sostiene, con il suo lento e pedante stile tedesco, che queste fantasie sono comuni, ma inquietanti, idee maschili che portano direttamente da fare sogni idioti sulle ragazze fino alla decisione fatale di marciare con i Freikorps. E se cercate una versione dei Freikorps aggiornata al Ventunesimo secolo… signore e signori, posso presentarvi lo Stato islamico?
Per questo non dissuadi una potenziale recluta dei Freikorps contemporanei dicendogli che andare in Siria sarebbe illiberale e non umanitario. Lui ama quest’idea. Serve un altro approccio, uno che rispecchi la sua nozione di quello che è importante. Ed è davvero il caso di trovare un modo per raggiungere questi tizi che siedono nei caffè di Tunisi, perché sono loro che riempiono i ranghi dell’Is. La Tunisia, con una popolazione di solo 10,8 milioni di abitanti, ha 3.000 combattenti in Siria e Iraq, più dell’Arabia Saudita, della Giordania o di ogni altro grande paese musulmano. La ragione per cui questi ragazzi apprezzano lo Stato islamico è semplice: li fa sembrare dei vincenti. Non convincerete gente come loro che arruolarsi nello Stato islamico è una cattiva idea mostrando loro che l’Is sta facendo brutte cose. I giovani uomini… non so come metterla in maniera educata, davvero. Ma i giovani uomini cresciuti in un ambiente conservatore e lontano dal sesso hanno un profondo interesse nel fare brutte cose. Quello che non vogliono è sembrare dei babbei, degli sfigati – dei perdenti.
Non convinci questi ragazzi a stare a casa mostrando loro che lo Stato islamico è cattivo, ma puoi mostrare loro che è un progetto idiota, gonfiato, gestito da incompetenti, destinato al fallimento. E quel bombardamento aereo sulla collina fa un ottimo lavoro nel veicolare questo messaggio, in un modo che non dipende dal parlare un inglese fluente o dal condividere un’opinione presuntuosa sulla giustizia o la libertà. Il tizio che si vede rotolare per aria non sembra uno shahid, un martire, ma un idiota. Il tizio che inizia a correre giù per il crinale, come se potesse essere più veloce del secondo strike, sembra un cretino. Puoi anche voler essere un martire, ma non in questo modo, non come un cadavere rosolato e buttato in una fossa dagli uomini dell’Ypg – o peggio, dalle donne dell’Ypg. Quello che gli uomini che si arruolano nell’Is temono di più è essere svergognati dalle donne dell’Ypg.
Se l’Is sembra sfigato, le reclute smetteranno di arrivare, e lo Stato islamico appassirà molto in fretta. Hanno bisogno di continui rifornimenti di ragazzini, perché consumano uomini molto velocemente. Ma bisogna cercare di capire cosa significa “sfigato” per un ragazzo cretino di diciannove anni. Pensate al caso di un gruppo tipico di reclute dell’Is: sei ragazzotti della comunità bengalese di Portsmouth, in Inghilterra, che sono volati in Siria per unirsi a un gruppo idiota chiamato “The Britani Brigade Bangladeshi Bad Boys”. La mia tastiera arrossisce solo per aver scritto questa inutile allitterazione spaccona. Proprio per questo non sono una recluta dell’Is, né probabilmente lo siete voi. Ma se fossimo ragazzi celibi di 19 anni, questo nome ci sembrerebbe cool. Ma quello che non sembra cool è essere uno sfigato, e quei ragazzi stanno morendo da sfigati. Dei sei ragazzi bengalesi di Portsmouth che hanno fatto il jihad quattro sono morti in Siria e un altro è in una prigione in Inghilterra. Se si può convincere questi ragazzi non solo che stanno andando a morire – perché morire può sembrare piuttosto figo quando hai 19 anni e sei stupido – ma che stanno andando a morire da stupidi, come hanno fatto quegli uomini sulla collina, allora potrebbero rimanere a casa.
[**Video_box_2**]Senza nuove reclute, l’Is finirà in fretta. E’ una questione aritmetica. Quanti uomini ha l’Is? Quante perdite ha avuto? Quanti rimpiazzi stanno arrivando? Primo: lo Stato islamico è molto piccolo, rispetto al possibile serbatoio di reclute. La Cia stima (e stima soltanto) che ci siano 31 mila uomini che combattono per l’Is. Quando si pensa che c’è più di un miliardo di sunniti nel mondo, e che la loro popolazione è molto giovane rispetto a quella degli stati infedeli, 31 mila è un numero minuscolo. Si pensi alla Tunisia: benché sia il più entusiasta fornitore del jihad, manda in Siria una piccola frazione dei suoi uomini in età da leva. Grazie al suo tasso molto alto di nascite, la Tunisia potrebbe mandare circa mezzo milione di uomini in Siria se li votasse al jihad.
La cosa più incredibile dei jihadisti è che sono così pochi. La mia idea è che il numero della Cia sia sottostimato. Faccio la mia stima allo stesso modo in cui l’ha fatta la Cia: analizzando quello che la Cia ha fatto e cercando di capire quanti uomini servono per farlo. L’Is sta combattendo contro i peshmerga nel nord dell’Iraq, contro l’“esercito iracheno”/sciita vicino a Baghdad, e sta quanto meno facendo finta di combattere l’esercito di Assad nel nord-ovest della Siria. Si aggiungano a questo numero gli uomini che vanno in giro per Raqqa a dire alle donne di coprirsi con il velo, le squadre formate per individuare e uccidere gli ex soldati e poliziotti, gli uomini della sicurezza interna che strappano fino all’osso le unghie di altri uomini per far confessare loro le eresie… e finirete col pensare che ci devono essere più di 31 mila uomini coinvolti.
Ma iniziamo con la stima della Cia di 31 mila combattenti dell’Is e vediamo quanto la battaglia per Kobane è costata all’Is. Il 23 ottobre gli attacchi aerei americani avevano ucciso almeno 464 combattenti dell’Is, secondo un gruppo di monitoraggio della guerra siriana che si è dimostrato affidabile durante tutto il conflitto. Tenete a mente che fino al 7 ottobre l’America si stava tenendo bassa con gli strike aerei vicino a Kobane per far felici gli islamisti della Turchia di Erdogan, una folle politica del “colpiteli, ma piano” che è cambiata radicalmente dopo la prima settimana di ottobre. Così nelle prime settimane la gran parte delle vittime dell’Is a Kobane è stata uccida in combattimenti urbani e ravvicinati con l’Ypg. E’ molto difficile capire il numero delle perdite per questo tipo di combattimenti, ma un blogger ha fatto un gran lavoro tenendo una lista costantemente aggiornata, e ha calcolato che circa 800 uomini dell’Is sono stati uccisi da strike aerei e combattimenti via terra entro l’inizio di ottobre. Questa è una stima rozza, ma ragionevole. La tabella mostra circa 400 perdite per l’Ypg nello stesso periodo, ed è ragionevole pensare che l’Is, in quanto forza d’attacco che cerca di conquistare strade piene di macerie difese da duri combattenti locali, abbia avuto perdite più alte.
Le perdite sono continuate questa settimana, dopo il periodo coperto dalle stime. Infatti l’Is ha intensificato i suoi attacchi per bloccare il confine prima che i rinforzi potessero arrivare. Non importa da dove si guardino questi numeri, alla fine il totale di perdite è la cifra incredibile di mille morti. Ora, nella guerra contemporanea la proporzione abituale tra feriti e uccisi di solito è molto alta. Le vittime delle recenti guerre americane comprendevano di solito un ucciso ogni sette feriti, e pochi di questi muoiono per le ferite riportate (anche se molti perdono gli arti, la vista, o soffrono altri danni terrificanti). Ovviamente un combattente dell’Is che viene colpito in un combattimento di strada a Kobane non riceve la stessa assistenza di un americano e, in molti casi, nessuna assistenza. Così il numero dei feriti è probabilmente più basso – o meglio, si può considerare molti feriti come morti poche ore dopo che sono stati colpiti. Per cui iniziamo com una stima molto bassa di feriti, diciamo tre per ogni ucciso. Questo comunque dice che almeno 3.000 uomini sono stati feriti abbastanza seriamente da essere messi fuori combattimento. Perciò sei settimane di combattimenti a Kobane sono costate allo Stato islamico qualcosa come 4.000 uomini. Questo è il 13 per cento della sua forza totale, se si accettano i numeri sottostimati della Cia. Ma questi numeri non mi soddisfano, sono troppo alti. Una regola dei numeri di guerra è che non puoi mai credere a quello che speri, deve essere sbagliato, deve essere più basso. Perciò li taglierò arbitrariamente di un migliaio. Questo lascia l’Is con 3.000 perdite a Kobane, quasi il 10 per cento della sua forza. E’ una perdita enorme per qualsiasi forza militare, ma è ancora più disastrosa per una come l’Is che dipende dai volontari – peggio ancora, da volontari che vengono da molto lontano e che devono affrontare delle difficoltà pazzesche per arruolarsi e arrivare sul campo di battaglia.
Perciò l’Is è nel classico vicolo cieco: l’unico modo per far fronte a queste empie (har-har-har) perdite è continuare ad attaccare e sperare di strappare una vittoria – perché se non vinci, non otterrai nuove reclute. E’ per questa ragione che l’Is continua a spendere così tante vite in quella “guerra da Cnn”. Kobane non è importante a livello strategico, almeno non nel senso in cui Bonaparte o Rommel intendevano la “strategia” quando si chinavano sulle loro mappe di carta. Ma nei termini della strategia del Ventunesimo secolo, Kobane è importante perché è come un programma tv in cui tutto dipende da come va la trama. Tutte queste potenziali reclute a Giacarta, Berlino, Riad devono credere che l’Is stia vincendo, altrimenti resteranno a casa a giocare ai videogame. Finora Kobane ha resistito a tutto questo, e ha ferito lo Stato islamico molto gravemente. La domanda sul lungo termine è se l’Is potrà riprendersi da queste enormi perdite in questa “battaglia Cnn”. Quante reclute si stanno arruolando nell’Is? Secondo i servizi di sicurezza inglesi, “almeno” cinque uomini dall’Inghilterra si uniscono all’Is ogni settimana. Se si considera che altri paesi con un flusso di reclute certo stanno inviando truppe allo stesso ritmo, si ottiene qualcosa come 30 uomini a settimana dalla Tunisia, 25 dall’Arabia Saudita e qualche unità dalla Russia, dalla Germania e dalla Francia. Questo significherebbe un centinaio di nuovi uomini a settimana – reclute senza esperienza e con poca capacità in combattimento, nemmeno lontanamente in grado di sostituire le enormi perdite di Kobane.
Ma questi numeri non sono stabili. Dipendono dall’immagine, dalla “guerra Cnn”. E una cosa che l’Is non può permettersi di fare se vuole vincere la guerra per i tizi seduti al caffè di Tunisi, è sembrare debole. Per questo Omar al Shishani ha molto poco tempo per soffocare Kobane. Se non riesce a farlo – se i peshmerga riusciranno a passare l’ostacolo islamista di Erdogan e ad attraversare il confine verso la Siria (il pezzo precede l’arrivo dei peshmerga a Kobane, ndt) – allora il numero delle reclute cadrà velocemente. Alcuni si uniranno ad altri gruppi siriani come Jabhat al Nusra; altri decideranno di rimanere a Tunisi (o a Portsmouth, o a Sarcelles) a vedere se riescono a trovarsi un lavoro.
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