Combattenti Tuareg in Libia

La Libia ora è senza governo. Per la Corte suprema quello eletto è illegittimo

Luca Gambardella

La decisione dei giudici di Tripoli, circondati dalle milizie islamiche, è arrivata oggi. Mentre si torna a parlare di uno stato indipendente nel sud est, qualcun altro annuncia il ritorno imminente del regime.

Oggi la Corte suprema libica ha dichiarato incostituzionale e illegale il nuovo governo eletto del paese, già costretto all'esilio nella cittadina di Tobruk, nella Libia orientale, dopo la conquista della capitale Tripoli da parte degli islamisti. La decisione della Corte è ora sotto l’esame dei parlamentari eletti che dovranno decidere se accettare o rifiutare la sentenza. Di fatto, ora la Libia è senza un governo legittimo. Con ogni probabilità l’esecutivo guidato da Abdullah al Thinni sarà sciolto lasciando l'autorità a quello parallelo imposto a Tripoli dagli islamisti e guidato dall'auto proclamato premier Omar al Hassi. Secondo quanto riferito da alcune fonti citate dal quotidiano Libya Herald, la sentenza è motivata da questioni tecniche che avrebbero invalidato il risultato elettorale della scorsa estate (secondo i giudici il nuovo Parlamento non si è presentato a Tripoli per la cerimonia che sancisce l'inizio del mandato). La Corte non ha voluto tenere in considerazione che Tripoli si trova da mesi sotto il controllo degli islamisti contro cui l'esercito nazionale è in guerra. Di certo, il fatto che le milizie islamiche abbiano finora "offerto" protezione ai giudici, stanziati proprio a Tripoli, ha avuto il suo peso nell'influenzare la decisione della Corte.

 

Dopo la sentenza, non appellabile, alcuni parlamentari di Tobruk sono tornati a parlare apertamente di una secessione del paese. Abu Bakr Buera, intervistato da Radio France International, ha dichiarato che l'est e il sud potrebbero unirsi in uno stato indipendente e che “sono già state prese delle iniziative in tal senso. In questo modo lasceremo Tripoli e Misurata da sole", ha detto.

 

Non è chiaro quali saranno le mosse successive. L'ipotesi di una nuova tornata elettorale non è da scartare, sebbene le condizioni di sicurezza vadano peggiorando giorno dopo giorno. Nel sud, lo stabilimento petrolifero di al Sharara, vicino Owbari, è finito sotto il controllo dei Tuareg sostenuti dalle milizie islamiche del Mali. I combattenti della tribù Tebu, che sostiene il Parlamento di Tobruk, sono stati costretti ad abbandonare lo stabilimento che controllavano da mesi e a ripiegare verso quello di el Feel, distante un centinaio di chilometri più a sud. Lo stabilimento, che produce circa 200 mila barili di petrolio al giorno per conto della spagnola Repsol e dell'autorità nazionale libica, è stato poi abbandonato dagli islamisti, scongiurando un'ulteriore diminuzione della produzione petrolifera del paese che, sebbene resti costante, è già al di sotto della sua capacità massima (pari oggi a circa 800 mila barili al giorno).

 

[**Video_box_2**]Il vice comandante delle brigate Tebu, intervistato dal Financial Times, ha spiegato che quella in corso nel sud della Libia è una guerra per procura tra le autorità di Tobruk, sostenute dalle milizie di Zintan e quindi dal Parlamento di Tobruk, e gli islamisti di Tripoli. Tuareg e Tebu erano entrambi succubi del regime di Muammar Gheddafi e nel 2011 erano uniti contro il colonnello, mentre ora si fanno la guerra per il controllo dei pozzi petroliferi della Libia meridionale. Al fianco dei Tuareg si sono schierati anche gli islamisti del Mali, costretti a ritirarsi verso nord in seguito alla missione francese dello scorso anno.

 

Intanto, il Times ha riportato oggi le parole del cugino di Gheddafi, Ahmed Gaddaf al Dam: “Entro due mesi tornerà la pace”, ha detto, “e allora i quadri dell’ex regime torneranno in Libia” grazie a un accordo tuttora in discussione con le autorità di Tobruk. Il futuro del paese, ad oggi, sembra ruotare attorno a questi due scenari: secessione o restaurazione.

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  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.