Dalla fatwa Rushdie a quella dei perbenisti liberal. La nuova censura
L’Unione europea è in costante dialogo con l’Organizzazione della conferenza islamica per una legge che criminalizzi la “blasfemia”.
Roma. “La sentenza di morte contro Salman Rushdie da parte del leader supremo dell’Iran ci sembrò surreale, un fulmine a ciel sereno dalla medievale Qom alla moderna Bloomsbury. Non lo prendemmo con la dovuta serietà”. John O’Sullivan ricorda bene il giorno in cui l’autore dei “Versetti satanici” venne condannato a morte. E ricorda, con un saggio sul Wall Street Journal, anche i risolini con cui lui e i suoi colleghi accolsero la notizia. Con un sopracciglio di sussiego, liquidando la fatwa come “un gioco di decostruzionismo letterario”. Da allora, secondo O’Sullivan, abbiamo assimilato a tal punto quell’editto che le nuove minacce al free speech vengono da noi stessi.
L’Unione europea è in costante dialogo con l’Organizzazione della conferenza islamica per una legge che criminalizzi la “blasfemia”, il crimine di Rushdie. Si mira alla stesura di “un codice internazionale di condotta dei media e dei social network contro la disseminazione di materiale diffamante”. In Olanda è stato processato per “islamofobia” il politico Geert Wilders, assolto poi da ogni accusa. Ma non è soltanto l’islam. C’è il processo intentato al giornalista canadese Mark Steyn da parte di Michael Mann, lo scienziato che ha plasmato la teoria del global warming, professore della Pennsylvania State University. Per Steyn, non potrebbe valere il Primo emendamento a sua difesa nella critica delle tesi allarmiste di Mann. Da giorni, tiene banco in America anche il diritto del presentatore televisivo liberal Bill Maher di parlare nel campus di Berkeley, diritto che studenti e docenti vorrebbero restringere in quanto Maher sarebbe un inveterato “islamofobo”. La campagna contro la star televisiva si consuma in quella facoltà di Berkeley che in questi giorni festeggia proprio i cinquant’anni del Free Speech Movement. Mesi fa, la somala Ayaan Hirsi Ali, dissidente e apostata dell’islam, avrebbe dovuto ricevere la laurea honoris causa dalla Brandeis University. Ma le proteste contro la “razzista” hanno fatto cancellare l’evento. Cancellata anche la conferenza di Charles Murray, architetto del reaganismo e critico del welfare, alla Azusa University. Gli “studenti e docenti di colore” si erano risentiti. Da Condoleezza Rice a Christine Lagarde, si è poi allungata la lista di chi questa estate ha dovuto rinunciare ad arringare gli studenti. Lo scorso aprile, in Inghilterra, il candidato alle elezioni europee Paul Weston è stato arrestato per aver letto in un comizio brani di “The River War” di Winston Churchill, il resoconto della sua esperienza bellica in Sudan in cui attaccava la “frenesia fanatica” dei musulmani.
John O’Sullivan denuncia questa “lenta erosione della libertà di espressione”. Prima degli anni Sessanta, la censura era concentrata sulla morale sessuale, la pornografia e l’oscenità. I censori erano generalmente descritti come “bigotti conservatori”. Da allora, “la libertà di parola è stata attaccata da un diverso tipo di amministratori, censori universitari, gruppi etnici, gay e femministe”. Un caso è quello dell’ex amministratore delegato di Mozilla, Brendan Eich, costretto alle dimissioni dalla sua azienda dopo una campagna che aveva criminalizzato una donazione da mille dollari al referendum californiano contro le nozze gay. Il pastore svedese Ake Green è stato condannato a un mese di carcere per aver predicato l’insegnamento biblico dalla sua piccola chiesa di Borgholm. Il “crimine” del reverendo Green era stato quello di “mancanza di rispetto per gli omosessuali”, reato a Stoccolma che comporta una pena detentiva anche di quattro anni. Green ha poi beneficiato della pubblicità e la Corte suprema lo ha prosciolto due anni dopo aver tenuto quel sermone. In Spagna, in questi giorni, si sta allestendo un processo per “istigazione all’odio” a Juan Antonio Reig Pla, vescovo di Alcalá de Henares, colpevole di aver paragonato il “treno della libertà” che ha portato i manifestanti pro aborto a Madrid ai treni dei campi di concentramento. Il comune di Madrid ha approvato una mozione in cui chiede a Papa Francesco che il vescovo venga rimosso dal suo incarico e che non venga più invitato a eventi pubblici della capitale.
Sempre sul Wall Street Journal è stato Greg Lukianoff, saggista americano e presidente della Foundation for Individual Rights in Education, a cogliere il paradosso di questi nuovi censori. Va bene il free speech, a patto che ti faccia sentire “safe and respected”. La libertà d’espressione è un’altra cosa.
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