Nuovi numeri per tenere a bada i santoni anti-Ogm
La madrina dell'Expo Vandana Shiva parla male dell'Expo. Intanto uno studio scientifico fa il punto sui benefici delle biotecnologie in agricoltura.
Gli Ogm non servono a nessuno, inquinano, impoveriscono gli agricoltori? Una filastrocca sentita migliaia di volte, l’ultima in ordine di tempo proprio in queste ore da Vandana Shiva, la santona anti-Ogm della quale il Foglio si è già abbondantemente occupato e la cui credibilità è stata fatta a fettine sottili da una dettagliata inchiesta del New Yorker.
Eppure una meta-analisi pubblicata sulla rivista scientifica PLoS One fa definitivamente chiarezza sull’impatto agronomico ed economico delle colture geneticamente modificate, e lo fa con cifre e dati che lasciano poco spazio alla discussione.
Prima di tutto è necessario comprendere cosa sia una meta-analisi. Non si tratta di una semplice ricerca, benché sottoposta a verifica prima della pubblicazione. La meta-analisi è una “ricerca delle ricerche”, una sorta di riassunto di quanto ha prodotto la scienza fino a oggi su un determinato argomento, basandosi prevalentemente su dati quantitativi. Per esempio: l’impatto di un farmaco sulla salute viene analizzato da molti studi differenti, che utilizzano metodologie differenti. Come si mettono in relazione questi dati l’uno con l’altro? Come si fa ad avere una “visione d’insieme”? Si può fare attraverso la meta-analisi, che aggrega, attraverso metodologie statistiche rigorose, i dati raccolti da quelle ricerche e produce un unico dato, definitivo, che fotografa la situazione globale.
Dunque, venendo a noi, gli autori della meta-analisi pubblicata da PLoS One hanno aggregato i dati di 147 differenti ricerche (studi pubblicati in lingua inglese tra il 1995 e il 2014) sull’impatto economico e agronomico delle colture geneticamente modificate, e questi sono i numeri che ne sono venuti fuori: riduzione dell’uso dei pesticidi del 37%, aumento medio delle rese del 22%, aumento medio del profitto degli agricoltori, tenetevi forte, del 68%. Sessantotto percento.
Per chi dice che gli Ogm non servono a nulla, e che gli agricoltori non ne hanno bisogno, è un bel boccone da mandare giù. Il ministro delle politiche agricole Maurizio Martina, per esempio, dovrebbe provare a spiegare agli agricoltori italiani quali vantaggi potrebbero loro derivare dalla rinuncia agli Ogm: dovrebbero essere vantaggi considerevoli, in grado di compensare i benefici, tangibili e concreti, riportati nell’analisi.
E qualcosa in proposito potrebbero dirlo anche gli organizzatori di Expo2015. Vandana Shiva, che dell’Expo è ambasciatrice, oggi si lamenta chiedendo che la manifestazione milanese dia più spazio (ancora di più?) alle sue discutibili (per usare un eufemismo) visioni del mondo: “ogni campo si trasforma in un organismo in equilibrio ambientale, capace di alimentare la fertilità del suolo e di chi ne trae nutrimento” scrive stamattina sull’Huffington Post. Sembrerebbe più opportuno chiedersi se proprio lei sia la persona più indicata per rappresentare una manifestazione dal titolo “nutrire il pianeta”.
[**Video_box_2**]Certo, l’impatto sul reddito degli agricoltori è più evidente nei paesi in via di sviluppo che nelle campagne dell’Occidente. Una differenza media dell’ordine del 14% in più nei paesi in via di sviluppo. La ragione è semplice, e contrasta con la vulgata, cara agli ambientalisti, secondo la quale gli Ogm imporrebbero un modello di agricoltura adatto solo alle grandi pianure del Mid-West, un modello nel quale i piccoli agricoltori verrebbero spazzati via: in Occidente ogni azienda agricola è dotata di moderne ed efficienti attrezzature per la distribuzione dei pesticidi, mentre i piccoli produttori dei paesi in via di sviluppo certi lussi non se li possono permettere, e le varietà modificate per resistere ai parassiti sono per loro l’unica forma, economicamente sostenibile e agronomicamente efficace, di difesa dei raccolti. Il successo del cotone Bt tra i piccoli produttori indiani (altro che suicidi) dimostra proprio questo.
Dal punto di vista ambientale, la riduzione dell’uso di agrofarmaci di sintesi è molto più alta nel caso di varietà resistenti ai parassiti, il cui impiego consente di evitare molti trattamenti insetticidi, che nel caso di varietà resistenti agli erbicidi. Ma il dato, impressionante, che racconta di una riduzione del 37% dell’uso di pesticidi, è l’aggregato di entrambi i tratti geneticamente modificati. Un’altra certezza destinata a crollare, quindi: gli oppositori degli Ogm sostengono spesso che il loro impiego conduce ad un uso maggiore della chimica sui campi. E’ vero esattamente il contrario.
E a proposito di incrollabili certezze, giova ricordare che la meta-analisi curata dagli scienziati tedeschi Matin Qaim e Wilhelm Klümper dell’università di Gottinga non è stata finanziata da qualche perfida multinazionale, ma interamente con soldi pubblici, provenienti in parte dal ministero tedesco per la Cooperazione Economica e lo Sviluppo, in parte dall’Unione Europea. Ma lo sappiamo, per Vandana & c. la scienza e gli scienziati, tutti, sono al soldo di Monsanto.
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