L'esondazione del lago d'Orta a San Giulio (foto LaPresse)

Dissesto ideo-geologico

Bando alle chiacchiere, assicurate il territorio

Alberto Brambilla

Viviamo in una società in cui il “rischio” viene psicologicamente rimosso, ignorato, e di riflesso si allontana quasi aprioristicamente la possibilità di costruire un sistema assicurativo a protezione dei cittadini, delle loro abitazioni e attività.

Roma. Viviamo in una società in cui il “rischio” viene psicologicamente rimosso, ignorato, e di riflesso si allontana quasi aprioristicamente la possibilità di costruire un sistema assicurativo a protezione dei cittadini, delle loro abitazioni e attività. Le istituzioni preferiscono diffondere allarmi spesso esagerati eccedendo in precauzione quando, ad esempio, trasformano un acquazzone in emergenza (“state a casa, arriva la bomba d’acqua”). Comuni, enti locali, prefettura scaricano preventivamente qualsiasi responsabilità di eventuali danni, e dietro al paravento di statistiche previsionali fallaci nascondono l’incapacità di affrontare eventi naturali sovrumani, “acts of God” come li chiamano gli anglosassoni.

 

L’ossessione del “rischio zero” è un approccio puerile e deleterio in Italia dove le catastrofi non sono solo un rischio, un pericolo, bensì una certezza ciclica come le esondazioni autunnali, gli smottamenti invernali, le alluvioni primaverili e gli incendi estivi. L’80 per cento del territorio, dove vive la metà della popolazione, è esposto a calamità. Dal 1960 al 2012 tutte le venti regioni italiane hanno subìto eventi fatali (415 inondazioni, 812 frane) e il conteggio salirà di pari passo con il deterioramento del dissesto infrastrutturale generato dalla gestione inefficiente della mano pubblica. Eppure lo stato, autocaricatosi di compiti che non riesce a gestire, pretende  di coprire pure i danni delle esondazioni di queste settimane, tra congiuntura difficile, risorse limitate e vincoli bilancistici stringenti. (Il costo medio annuo per danni da catastrofi è pari allo 0,2 per cento del pil, dice l’Ocse). Da anni si fanno promesse ad libitum, il denaro pubblico va disperso, raramente i danni vengono compensati, e le comunità colpite non tornano mai “alla normalità” in molti casi (Sarno, Soverato, Cinque Terre, Olbia, Genova).

 

[**Video_box_2**]Si discute dal 1995 della creazione di un sistema d’assicurazione obbligatoria o semi-obbligatoria in Italia ma senza risultato, così anche su questo versante il paese rappresenta un’anomalia internazionale. Il sistema italiano è volontario. Ovvero chi vuole, o meglio chi può farlo, stipula una polizza. E lo fanno in pochi, in genere gli imprenditori, ma ciò non consente di ripartire in modo sostenibile il rischio e quindi comporta alti costi per gli assicurati: in linea teorica dovrebbero assicurarsi tutti per rendere i costi mediamente accettabili. Negli altri paesi industrializzati va diversamente. Qualche esempio. Il sistema è semi-obbligatorio in Belgio, Francia e Spagna, ovvero chi possiede una polizza anti incendio vede estendersi automaticamente la copertura ad alluvioni, terremoti, frane, eruzioni,  tsunami, caduta meteoriti su immobili, locali commerciali e veicoli. Le compagnie private francesi e belghe coprono ogni aspetto dell’attività assicurativa con la differenza che in Francia lo stato fa loro da garante (riassicuratore di ultima istanza) tramite la Caisse centrale de réassurance mentre in Belgio è il National calamities fund a intervenire per i danni eccedenti i limiti di indennizzo, entro una certa soglia. In Spagna è l’ente pubblico Consorcio de Compensación de Seguros, con una capacità finanziaria illimitata, a incassare i premi e ad assumersi gli oneri, le assicurazioni sono il braccio operativo: gestiscono i contratti e liquidano i sinistri a fronte di una commissione del 5 per cento. In Romania e in Turchia i cittadini sono tenuti per legge ad acquistare coperture assicurative per tutelarsi dai danni alle abitazioni in caso di sismi, pena sanzioni,  ma a fronte di premi contenuti e franchigie basse oppure assenti. Entrambi i paesi, assistiti dalla Banca mondiale, hanno istituito due enti ai quali le assicurazioni possono aderire con un apporto di capitale e avere la prerogativa di vendere le polizze in nome e per conto dell’ente turco Turkish compulsory insurance program (capacità: un miliardo di dollari) o del rumeno Natural disaster insurance pool (80 milioni). Dove il rischio percepito è particolarmente alto, ci pensano enti con la testa pubblica e i soldi dei privati. In California le assicurazioni capitalizzano la California earthquake authority e vendono le sue polizze dal ’96. L’adesione è volontaria ma nello stato americano che aspetta il “big one” non sembra esserci preoccupazione: 12 per cento ha assicurato la casa. Schema pubblico-privato anche nel flagellatissimo Giappone dove lo stato promette ovviamente coperture altissime per le società che aderiscono al programma Earthquake reinsurance treaty. Ogni modello internazionale è frutto di discussioni, messe a punto. Ignorare serve a nulla.

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.