Con i pope e la famiglia. La Georgia assai scorretta contro la gay culture

Anonimo Georgiano

Il 18 maggio di quest’anno, un centinaio di paia di scarpe sono apparse nelle vicinanze del Parlamento a Tbilisi, la capitale della Georgia (nel Caucaso) “per conto degli invisibili”, come riporta Onnik Krikorian in balcanicaucaso.org.

Tbilisi. Il 18 maggio di quest’anno, un centinaio di paia di scarpe sono apparse nelle vicinanze del Parlamento a Tbilisi, la capitale della Georgia (nel Caucaso) “per conto degli invisibili”, come riporta Onnik Krikorian in balcanicaucaso.org. Si trattava della manifestazione degli appartenenti alla comunità Lgbtq georgiana, che protestavano così per la loro assenza “forzata” dalla piazza: il clima del paese è poco propizio  – per usare un eufemismo – alle esibizioni pubbliche di “orgoglio gay” usuali in altri paesi europei. Il 17 maggio dell’anno precedente, infatti, sempre a Tbilisi, in occasione della giornata mondiale contro l’omofobia, a un centinaio di militanti Lgbtq si era contrapposta una contromanifestazione  di più di trentamila persone che, in stile ultrà, aggirata la polizia che doveva garantire la sicurezza ed eliminate le transenne che delimitavano la zona riservata, avevano attaccato i pullman in cui si erano rifugiati i manifestanti gay, che con grandi difficoltà e tra molti finestrini rotti erano riusciti alla fine a mettersi al sicuro. Su YouTube si vedono i filmati in cui parecchi preti ortodossi, coi lunghi abiti svolazzanti, partecipano all’inseguimento, senza negarsi alle telecamere. La chiesa ortodossa non solo non è minoranza in Georgia, ma è molto rispettata e seguita, e che i preti fossero in mezzo alla gente anche in quell’occasione non deve sorprendere. Il rifiuto dell’omosessualità, considerata peccato, nella chiesa ortodossa e nella società georgiane assume toni e modalità impensabili per gli occidentali, con esiti che si possono vedere anche dalla foto riportata dal sito vice.com, a esplicito commento delle cronache in diretta del regista Maurilio Mangano.

 

Sei mesi fa, ai primi di maggio, a un anno dal primo e unico gay pride georgiano,  il Parlamento ha approvato una legge che ha inserito nel codice penale il reato di discriminazione sessuale. Un’approvazione molto faticosa: nonostante il testo di legge sia lontano, per esempio, dalla proposta Scalfarotto sull’omofobia, e sia pensato come tutela delle minoranze anche religiose ed etniche oltre che per orientamento sessuale e identità di genere, la chiesa ortodossa e gran parte dell’opinione pubblica si sono schierate apertamente contro. Alcune modifiche importanti del testo iniziale non hanno placato le polemiche. Come riferisce ancora Mangano, per giorni diversi quotidiani hanno titolato: “E’ per questo che sono stati eletti?”, a commento delle immagini di attivisti Lgbtq. Durante il dibattito, una commissione formata da parlamentari e preti della chiesa ortodossa era stata platealmente abbandonata da tutti i sacerdoti presenti che avevano accusato i politici di non aver mantenuto i patti, minacciando di votare, in futuro, per i partiti di opposizione. Qualche giorno dopo, davanti al Parlamento, uno dei preti più popolari della capitale ha maledetto ufficialmente e pubblicamente i politici colpevoli dell’approvazione della legge, che nonostante l’anatema è comunque entrata in vigore i primi di maggio di quest’anno. Con quale soddisfazione popolare, è deducibile da questo sondaggio riportato da balcanicaucaso.org: “Se il 73 e il 79 per cento degli intervistati ha dichiarato di ritenere importante la tutela dei diritti delle minoranze religiose ed etniche, solo il 24 per cento ha sostenuto lo stesso per le minoranze sessuali”.

 

[**Video_box_2**]Alla fine, la chiesa ortodossa georgiana ha inserito nel suo calendario una “festa delle famiglie e dei genitori”. In quale data?  Avete indovinato, proprio il 17 maggio. La prima l’ha celebrata il Patriarca in persona, simbolo dell’unità del paese, letteralmente venerato dalla popolazione, con un’affollatissima messa. La cattedrale di Tbilisi traboccava di gente fin dal mattino, moltissimi i fedeli rimasti fuori. “Non una sola parola omofoba o di monito viene pronunciata, ma soltanto messaggi di pace. Per le circa tre ore di cori e di liturgia, la gente attorno a me resta in estasi ascoltando le parole del Patriarca provenienti dagli altoparlanti montati fuori dall’edificio”, riferisce Mangano. E dopo la messa c’è stata una manifestazione di protesta contro la legge, davanti al Parlamento.

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