Perché forse l'accordo con Hachette non è un affare per Amazon
Conclusa la lotta tra le due compagnie sul prezzo degli ebook. Lo scontro è stato trasformato in una grande battaglia di principio. Alla fine ha vinto Hachette. Amazon non si accorda con il nemico, il semplice gesto è per lei una sconfitta.
I comunicati che annunciano un accordo dopo un lungo litigio commerciale mostrano sempre entusiasmo, sia che uno abbia vinto la contesa sia che a vincere sia stato l’altro, e tu abbia dovuto mollare la presa. Così ieri tutti sembravano felici del risultato quando Amazon e la casa editrice americana Hachette hanno annunciato la fine di una disputa che è iniziata questa primavera, ha danneggiato entrambe le compagnie e ha generato un clamore che ha trasformato una disputa sul prezzo degli ebook (questa l’origine del litigio) in un caso culturale e in un dibattito sul futuro del libro e dell’editoria. Ma sempre, quando c’è un accordo, una parte ci perde più delle altre.
La lotta tra le due compagnie era nata per una questione sul prezzo degli ebook (Amazon vuole tenerli all’osso per aumentare la diffusione, le case editrici, non solo Hachette, vogliono tenere i prezzi alti per aumentare i ricavi e non minacciare il business della carta) e sulla divisione dei ricavi delle vendite. Lo scontro è degenerato quando Amazon ha iniziato un’operazione di boicottaggio sui libri di Hachette, ha reso non disponibili le versioni cartacee di alcuni romanzi, ha tolto la casa editrice dal sistema essenziale di “consigli per gli acquisti” personalizzati, ha impedito la prevendita di alcuni best seller in uscita. Hachette ha risposto mobilitando gli scrittori, che hanno organizzato lettere aperte e petizioni contro il cattivo gigante del tech che cerca di distruggere la casa editrice. Il caso è esploso sui media, ed è diventato il prototipo dello scontro tra il nuovo modo di concepire il mercato editoriale e il modello che è esistito per la gran parte dell’ultimo secolo.
I particolari dell’accordo raggiunto ieri non sono del tutto chiari, ma dagli annunci si capisce che Hachette manterrà il diritto di decidere i prezzi dei suoi ebook. Ci saranno, d’altro canto, degli incentivi per mantenere i prezzi bassi, come vorrebbe Amazon. Dire chi abbia vinto la battaglia, però, è difficile. “Alla fine sia Amazon sia Hachette hanno fatto delle concessioni”, ha scritto il Wall Street Journal. “Hachette sembra aver ottenuto quello che voleva”, dice l’Economist. Il sito tech GigaOm ha un’opinione più laterale, e dice che il vero vincitore dello scontro è la flessibilità del prezzo degli ebook.
Ma per capire chi è uscito più malconcio dallo scontro, più che le clausole dell’accordo bisognerebbe guardare all’accordo stesso. Scendere a patti non è nella natura di Amazon. Scendere a patti se bisogna cedere su parte della propria strategia lo è ancora meno. Se poi lo scontro è stato trasformato in una grande battaglia di principio come è avvenuto con Hachette, allora scendere a patti è una cosa che Amazon e Jeff Bezos faranno solo se costretti da un vero pericolo.
Come racconta Brad Stone in “The Everithing Stone” (pubblicato da Hachette, per altro) Bezos non tratta con la concorrenza. La accerchia, la mette in un angolo, distrugge le condizioni del suo business, la costringe al fallimento. La annichilisce. Poi, se la concorrenza è interessante, la assimila comprandola per pochi spiccioli. Con Hachette, che certo non può essere assimilata, la questione era più complessa, perché la disputa commerciale era diventata una questione di principio sul futuro del libro, dell’editoria e su quale modello conquisterà i lettori nel futuro: quello tradizionale delle case editrici o quello flessibile, orientato alle infrastrutture e tendenzialmente digitale di Amazon? Per Bezos le case editrici non sono altro che “gatekeeper”, guardiani dei cancelli, che non permettono alle vere potenzialità dell’editoria di esprimersi – nell’autopubblicazione, nell’ampia diffusione di libri a poco prezzo, nel digitale finora sempre castrato. Per le case editrici Amazon è un monopolista che vuole distruggere il delicato ecosistema culturale che gli editori hanno creato in oltre un secolo, difendendolo anche a costo di contravvenire alle regole del mercato. Hachette ha mobilitato gli autori, dalla Rowling a Philip Roth, Amazon ha impostato la sua battaglia come una difesa dei diritti del lettore (prezzi più bassi, libri più reperibili). Alla fine ha vinto Hachette. Amazon non si accorda con il nemico, il semplice gesto è per lei una sconfitta.
[**Video_box_2**]Il fatto è che la narrativa (certo non errata) del monopolista famelico generata contro Amazon ha avuto più presa di quella del difensore dei diritti e dei portafogli dei lettori. Clay Shirky, in un articolo di difesa nei confronti di Amazon, ha parlato di una dinamica che contrappone “insider” e “outsider”. Gli insider sono quelli del mondo dell’editoria, quelli che sono già dentro al sistema della cultura – non soltanto gli autori, ma anche i media e quasi tutti quelli che hanno il potere di indirizzare l’opinione pubblica. Amazon, da fuori, cerca di scardinare questo sistema (per crearne uno nuovo, certo, ma uno nuovo che forse è più inclusivo). Non c’è riuscita. Si aggiunga il fatto che l’associazione degli autori stava preparando una grande causa davanti al dipartimento di Giustizia americano per abuso di potere di mercato, e si capisce perché Bezos è stato costretto a cedere. E’ una battaglia, certo. La guerra, quella piccina tra Amazon e gli editori, continuerà. Quella grande, quella per il futuro del libro, va oltre le possibilità di Hachette, forse anche oltre le possibilità di Jeff Bezos.
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