Matteo Renzi e Silvio Berlusconi (foto LaPresse)

Filosofia degli antipattisti

Giuliano Ferrara

Il patto del Nazareno è la ratifica del provvisorio, ma è solido perché prepara il politicamente possibile, prepara una situazione compiuta e riformata che poi starà alla sinistra e alla destra, se ci siano, o comunque a forze alternative nelle idee e nelle visioni dell’Italia, consolidare e far vivere.

Sui silly proCav. che non accettano l’unica politica possibile, senza averne una di ricambio, e scelgono l’ozio ribelle invece di costruire un soggetto politico decente per gli anni a venire, abbiamo già dato. Vediamo i loro cugini furbi. La tesi di Stefano Folli, annesso alla Repubblica come notista politico per esercitare una funzione efficacemente pleonastica (ci piacciono gli ossimori), è la seguente: Berlusconi è finito, è stato annesso da Renzi, è il triste compimento di una parabola nella tutela piccina di interessi personali e  aziendali e nel sacrificio dei suoi. Fino a un minuto prima del rinnovo del patto del Nazareno la tesi di Repubblica e di Folli, che ci hanno fatto perdere un sacco di tempo utile a parlar d’altro, era invece questa: Renzi deve emanciparsi dal patto con il Cav., noi lo sosteniamo se fa quel che diciamo noi, se riesce a parlare a tutta la sinistra. Visto che l’emancipazione in quei termini non s’è vista, allora è annessione. Berlusconi deve comunque scomparire, escluso e marginalizzato o annesso al partito della nazione. Troveremo una pletora di liberali al Barolo disposti a dire che in effetti le cose stanno come le dipingono gli azionisti, e che un sano bipolarismo richiede ben altro che un patto trasversale tra diversi? Li troveremo, vedrete, e Folli è un po’ la sintesi, tra tradizione personale e annessione editoriale, delle due tendenze. Vedrete che lo spostamento laterale del domaine de la lutte non tarderà. E’ bello questo ripetersi e rassicurarsi tra gentiluomini.

 

Poi c’è la verità politica. E magari anche storica. Il patto del Nazareno è un idolo di fronte al quale inginocchiarsi, il vitello d’oro che si deve adorare? Non proprio. Berlusconi lo contrae da posizioni di lungimiranza e di forza smagliante? Non proprio. E’ questo patto la base architettonica di un sistema riformato che funzioni nel segno della coesione costituzionale e dell’alternanza di forze diverse (bipolarismo politico) alla guida del paese, in funzione del consenso raccolto? Non proprio. Noi non siamo educande né Folli. Non spacciamo ideologia. Il patto è la ratifica del provvisorio, ma è solido perché prepara il politicamente possibile, prepara una situazione compiuta e riformata che poi starà alla sinistra e alla destra, se ci siano, o comunque a forze alternative nelle idee e nelle visioni dell’Italia, consolidare e far vivere.

 

Perché hanno bisogno, i comandanti e i gregari parvenu della nuova crociata, di questa sopravvivenza dello spirito antiberlusconiano? Non gli bastano le irrisioni di Sarkozy, le dimissioni concordate dell’ultimo presidente eletto nelle urne, la condanna risibile per frode fiscale, la campagna di damnatio memoriae in vita di un uomo pubblico che per vent’anni li ha fatti penare? Non gli bastano. E sapete perché? Perché l’eredità politica del fronte antiberlusconiano non c’è, il loro fallimento è di gran lunga superiore alle traversie e alle dolorose circostanze in cui si è chiuso l’arco di vittorie elettorali e di governo dell’Arcinemico. A Palazzo Chigi c’è un progetto, una generazione, una visione delle cose che loro cercano a viva forza di far rientrare nei vecchi schemi del berlusconismo e dell’antiberlusconismo, ma le misure sono del tutto diverse. Il patto del Nazareno, provvisorio ma utile al paese e significativo del modo in cui evolvono storie complesse e non leggibili con il moralismo stereotipato e vecchio di azionisti e liberali al Barolo, è stato reso possibile (e si regge) dall’assenza di boria, di ideologia rétro, nel suo contraente più giovane. Esiste e si regge perché Berlusconi non è un odiatore professionale, uno alla ricerca di Arcinemici, e ha capito che gli sconfitti da lui e rottamati infine da Renzi si meritano oggi una sinistra trasversale, mobile, intelligente, riformista, che intercetta le idee dell’Italia liberale sul serio, e fattiva oltre le intermediazioni burocratico-politiche dell’establishment asfittico contro il quale hanno remato e remano Craxi, Berlusconi e Renzi.

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.