Laura Boldrini, presidente della Camera (foto LaPresse)

Ebola politica

Laura Boldrini

Il presidente della Camera scrive al Foglio. “Mi criticate in modo ideologico, sulle politiche sanitarie e il morbo ho ragioni da vendere”.

Caro direttore, il suo giornale ha ironizzato sul modo in cui ho recentemente parlato del nesso tra Ebola e politiche liberiste, come fossi stata mossa da cieco furore ideologico. Io avrei “uno strano tic”, mentre “la realtà la pensa diversamente dalla Boldrini”. Allora vediamola, questa realtà: che conosco anche per l’esperienza diretta fatta in zone dell’Africa nelle quali talvolta l’ospedale allestito nel campo-profughi è l’unica forma di assistenza sanitaria anche per la popolazione locale.

 

Nel discorso all’assemblea del World Food Programme, ho detto che “si è giunti alla situazione estremamente allarmante di oggi anche perché abbiamo assistito al progressivo indebolimento dei sistemi di ricerca, prevenzione e intervento sanitario nei paesi interessati dall’epidemia. Una conseguenza, questa, delle drastiche politiche di risanamento finanziario adottate in paesi in difficoltà, con tagli alla spesa pubblica e privatizzazione dei servizi”. Confermo la tesi parola per parola. Non vale a smontarla, infatti, l’argomento che il Foglio mi oppone, quando ricorda che “i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e della Banca Mondiale dicono che nei paesi maggiormente colpiti dall’epidemia la spesa sanitaria è costantemente cresciuta”. Questa obiezione trascura di specificare se la spesa è destinata al pubblico o al privato. Infatti il costo complessivo della sanità non è mai, da solo, un indicatore sufficiente di efficienza e di qualità.

 

Secondo i dati Oms e Bm, dove la sanità è prevalentemente pubblica (circa 80%), prevede l’accesso universale e costa meno – come in Svezia o in Francia – i risultati sono migliori, ad esempio nell’aspettativa di vita e nella mortalità infantile, di quelli degli Stati Uniti, che pure spendono di più ma destinano al pubblico meno risorse. Nei paesi più colpiti da Ebola, l’incidenza della spesa sanitaria pubblica è di gran lunga inferiore rispetto a quella privata: 28,1% in Guinea, 29,8 in Liberia, 16,6 in Sierra Leone. In questa spinta verso il privato c’entrano non poco le politiche imposte dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale. Nella maggior parte dei paesi africani, secondo la stessa Oms, “i Programmi di Aggiustamento Strutturale [cioè quelli voluti da Fmi e Bm] hanno frenato i miglioramenti, o provocato un peggioramento, dello stato di salute delle persone nei paesi che le hanno applicate. I risultati registrati includono un peggiore stato nutrizionale dei bambini, una accresciuta incidenza delle malattie infettive e tassi più alti di mortalità infantile e materna”.

 

[**Video_box_2**]Tralascio di citare, per brevità, i molti analisti internazionali che collegano gli scarsi investimenti pubblici in sanità alle politiche restrittive imposte dagli organismi finanziari mondiali. Ma vale la pena di leggere quello che ha scritto ad agosto The Economist, certo non sospettabile di pregiudizio antiliberista: “Non è un caso che i paesi ora colpiti da Ebola siano alcuni tra i peggio governati del mondo. Lì la sanità pubblica non è una priorità, ed è questa la ragione per la quale ci sono voluti mesi per prestare attenzione a ciò che stava accadendo… Una lezione che viene dai recenti successi contro l’Aids, la malaria e la tubercolosi è che la vittoria arriva solo quando è sostenuta l’intera infrastruttura della sanità, incluso il coinvolgimento attivo della popolazione locale”. E il nesso sembra essere ora chiaro allo stesso Fondo Monetario Internazionale, visto che ad ottobre di quest’anno ha concesso ai tre paesi centroafricani di aumentare il proprio debito.

 

Su queste basi, direttore, sono io che le chiedo: non sarebbe meglio discutere di un tema così serio come la diffusione di Ebola senza inforcare le lenti dell’ideologia, e guardare in faccia con realismo gli esiti di determinate politiche?
Cordiali saluti

 

Laura Boldrini è Presidente della Camera dei deputati

 

 

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