Il temporale è come una gazzella
Dove gli allarmisti vedono bombe d’acqua e punizioni del fato, Franco Prodi vede un problema scientifico stagionale. “Basterebbe un centro meteo unificato”. Conversazione con un climatologo non catastrofista.
Roma. Ogni chicco di grandine rimanda alla storia della sua nuvola, e Franco Prodi, geofisico e climatologo non catastrofista, da quarant’anni studia con grande passione nuvole e grandine. Se fa più caldo, se fa più freddo, se piove o se tira vento Prodi (uno dei tanti fratelli Prodi, anche suonatore di viola per diletto), non si mette subito a dire che finiremo sotto due metri e mezzo d’oceano dilagante, spazzati via da un triplo tsunami, come se non si trattasse mai di scienza e di fisica, ma sempre di punizione metafisica per la ubris sprecona dell’uomo capitalista, globalizzato, consumista, inquinatore e costruttore. Franco Prodi preferisce dire che dei cambiamenti climatici sappiamo ancora troppo poco per lasciare che l’argomento diventi una clava in mano a sobillatori, incompetenti, cercatori di colpe, “ma colpe sbagliate”, dice, alludendo a quelli che in questi giorni di pioggia forte, pioggia di novembre, danno “sempre addosso al sindaco di turno” e non al “mancato studio approfondito con radar e satellite, magari centralizzato, come accade in altri paesi”. E dunque quando piove – pioggia pure con tuoni e fulmini, pioggia torrenziale, pioggia che allaga, pioggia anche di stagione – Franco Prodi non è di quelli che invitano un’umanità terrorizzata dagli annunci di future piaghe bibliche all’imbarco immediato per l’ultima galassia a destra degli anelli di Saturno, come fanno gli scienziati-astronauti-pionieri di “Interstellar”, il film fantascientifico-catastrofista di Christopher Nolan, sugli schermi in questi giorni. E quando qualcuno parla di “bomba d’acqua”, dice Prodi, più che altro “per coprirsi preventivamente le spalle” di fronte all’eventualità del cosiddetto “evento estremo”, lui non riesce a frenare l’insofferenza: “Balle, fesserie, nonsense. Ma quali bombe d’acqua!
Temporali, si chiamano, fenomeni oggetto di studio della scienza, scienza dei rischi estremi. E i temporali sono come gli animali: la gazzella, il bue, la lucertola – creature geofisiche di cui si potrebbe e si può sapere sempre di più. Ma quelli che sanno, allora, dovrebbero essere consultati, non ignorati”. Qualcosa non va “nella gestione della catena del rischio meteorologico, in Italia”, dice Prodi, che vorrebbe importare qui “il modello inglese di previsione centralizzata”, su base di studio radar-satellitare. Nella previsione delle alluvioni (caso Po compreso), dice, quando si cerca di prevedere a breve termine, “diciamo un evento a sei ore”, scatta, dopo la classica previsione del tempo con risoluzione delle equazione connesse (la “meteorologia numerica”), una “meteorologia osservazionale”, quella di cui Franco Prodi si occupa. Ed è qui che in Italia “si fa cilecca”. Esistono sulla carta modelli sofisticati, dice Prodi, “e radar che, pur con tutti gli errori, possono dare una stima della precipitazione che sta cadendo in un certo bacino” e formulare anche “una stima di intensità” ogni venti minuti, con previsione sulla variazione di livello dei fiumi, continuamente aggiornata. Dov’è allora il problema? “Sul lungo periodo si deve e si può parlare di ingegneria civile e idraulica consapevole”, dice Prodi, “ma sul breve e medio periodo, nel momento in cui l’alluvione si avvicina, se non c’è uno studio centralizzato con radar e satellite si fallisce, come infatti avviene in Italia. Non si doveva consentire la parcellizzazione dei servizi meteorologici regione per regione, peraltro con un aumento di spesa spaventoso: il nostro sistema è il contrario del modello efficiente che vediamo in funzione nel Regno Unito, dove i servizi regionali sono stati chiusi, sostituiti da un meteo-office nazionale”. E Prodi sogna addirittura “un servizio meteo centrale a livello europeo”.
Altro nonsense, per il geofisico, sono le accuse un tanto al chilo alle istituzioni locali: “Se un temporale attraversa il Ticino e poi il Piemonte, non ha senso prendersela con il presidente della regione”, dice. La Protezione civile, invece, a suo avviso, è “responsabile della trasformazione-parcellizzazione dello studio del rischio meteo in Italia”. Prodi l’ha vissuta personalmente, tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta. “Esisteva un gruppo nazionale di scienziati per la difesa dalle catastrofi idrogeologiche, sotto l’egida del Cnr, poi ci hanno letteralmente cacciati”, dice, “e, nell’alterazione del rapporto scienza-potere, l’idea di unitarietà del servizio meteo avanzato è stata abbandonata”.
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