Si chiama Marine Turchi
Il mastino di Mediapart che non fa dormire Le Pen
Si chiama Marine Turchi e ha scoperto i soldi russi al Front National (e prima quelli siriani). Ieri la leader del partito di estrema desta ha perso una causa di diffamazione contro Mediapart, per un pezzo del 2013.
Roma. Mediapart è un dinamico quotidiano francese per abbonamento che si occupa di notizie e indagini giornalistiche e sabato ha fatto uno scoop su un maxi prestito russo di nove milioni di euro al Front National, il partito di estrema destra di Marine Le Pen (ieri Repubblica ha pubblicato due pagine sui gruppi politici italiani che, come l’erede di Le Pen, vorrebbero finanziamenti di Mosca per la loro vita politica).
Il pezzo è firmato da Marine Turchi, una giovane giornalista che lavora a Mediapart fin dalla fondazione, nel 2008, e si è specializzata nello scoprire le magagne dell’estrema destra francese. Il Front National ricambia l’attenzione di Turchi: a settembre l’ha buttata fuori dal campo scuola estivo del partito, sulle Alpi, poche ore dopo un discorso del segretario generale, Steeve Briois, che chiedeva ai giovani del Front di “ne pas etre sectaires”, di non essere settari. Nel pomeriggio, la Turchi aveva dovuto restituire il pass ed era stata scortata fuori, davanti ai colleghi di Le Monde, Agence France Presse, L’Humanité, L’Opinion, Le Canard enchaîné e di RFI (Radio France International), che decisero un boicottaggio dell’evento per protesta. Quando Marine le Pen salì sul palco per il discorso finale, non c’era più un giornalista.
Sabato e domenica scorsi, a Marine Turchi è stato negato l’accredito alla Conferenza di partito a Lione, “perché i posti per i giornalisti sono terminati” – cosa che i colleghi poi entrati si sono affrettati a smentire. Domenica, il giorno dopo l’aticolo di Mediapart, il tesoriere del Front, Wallerand de Saint-Just, ha ammesso di essere stato costretto a rivolgersi a una banca russa amica del governo Putin perché “qui in Europa nessuno ci avrebbe prestato un centesimo” e ha detto che una prima tranche di due milioni è già arrivata (in un altro articolo della Turchi, De Saint-Just è colto mentre fa il saluto fascista a una festa). Il Front national ha da tempo posizioni esplicitamente filorusse e sostiene la linea del presidente Vladimir Putin con sintonia perfetta, dall’elogio dei valori tradizionali alla guerra civile in Ucraina.
[**Video_box_2**]All’inizio di novembre Turchi si era già occupata del congresso europeo di sabato 22 a Parigi, che ha visto come ospiti d’onore i membri di una delegazione del gruppo greco Alba dorata e come co-organizzatori “les Italiens de CasaPound”. Il gruppo italiano è descritto come “al servizio di Frederic Chatillon”, consigliere ufficioso di Marine Le Pen, che ora abita a Roma e gestisce una società di comunicazione, la Riwal France, con una sede anche romana. La Riwal Italia si occuperà della “realizzazione di campagne pubblicitarie”. (Il congresso di Parigi – dove domenica ha parlato anche il presidente del movimento, Gianluca Iannone – è stato “il punto culminante di un tour promozionale per fare conoscere CasaPound in Francia”).
Un altro pezzo di Turchi, scritto nel luglio 2012, racconta come allo stesso Chatillon, oggi trait d’union tra CasaPound e il Front national, arrivassero soldi legittimi da parte del governo siriano del presidente Bashar el Assad. La Riwal prendeva “tra i centomila e i centocinquantamila euro l’anno dall’ambasciata siriana a Parigi”, ufficialmente per la promozione del paese. L’inchiesta delle autorità francesi non rilevò nulla di irregolare – come del resto non c’è nulla di irregolare nel prestito di nove milioni di euro in arrivo ora dalla Russia.
Ieri Marine Le Pen ha perso una causa di diffamazione contro Mediapart, che in un pezzo del 2013 (coautrice: sempre Turchi) aveva sollevato il caso di Louis Aliot, partner di Marine, assunto come assistente parlamentare. Oggi la legge francese proibisce di assumere conviventi e coniugi come assistenti, ma la Le Pen ha perso questa battaglia contro Mediapart (e Turchi) per un tecnicismo: per la corte di Parigi, avrebbe dovuto sostenere di essere stata danneggiata come figura pubblica e non come persona privata.
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