E' più di sinistra la middle class
Su chi dobbiamo concentrarci di più, la middle class o i poveri? E dei ricchi che cosa ne facciamo? Soprattutto, cos’è più di sinistra, invertire il declino della classe media o elevare al fasto del sogno americano le fasce più basse della popolazione? Il Partito democratico americano si sta tormentando.
Milano. Su chi dobbiamo concentrarci di più, la middle class o i poveri? E dei ricchi che cosa ne facciamo? Soprattutto, cos’è più di sinistra, invertire il declino della classe media o elevare al fasto del sogno americano le fasce più basse della popolazione? Il Partito democratico americano si sta tormentando, litiga senza più nascondersi su qualsiasi cosa, soprattutto sul prolungamento dei tagli alle tasse, ora che il presidente è ufficialmente un’anatra zoppa e le elezioni di metà mandato sono state un disastro, bisogna ripensarsi, soprattutto bisogna riposizionarsi. Ché per Barack Obama dopo le elezioni del 2016 si prepara la strada dell’ex presidenza (e vedremo che profilo vorrà tenere lo schivo inquilino della Casa Bianca), mentre per il Partito democratico si ricomincia da capo. Così la lotta alla diseguaglianza – i ricchi sono troppo ricchi e i poveri sono troppo poveri, dobbiamo fare qualcosa per colmare il gap – che ha avuto grande spazio nella campagna elettorale del 2012 e nei dibattiti degli economisti, con i Piketty trasformati in rockstar con tanto di groupie ai convegni (nonostante il petto villoso sempre in mostra), è scivolata via dalla retorica obamiana, lasciando spazio a una più generale guerriglia per determinare quale target elettorale sia più opportuno riconquistare.
Con il 2014, Obama è passato dalla politica della diseguaglianza al tema “più politicamente spendibile”, scrive il Washington Post, dell’alleggerimento del peso della crisi sulla classe media, concentrandosi più su salario minimo e differenze di stipendio a seconda del gender. Quel che, nelle parole di Obama, era “una minaccia fondamentale al sogno americano, alla nostra way of life e a quello per cui ci battiamo nel mondo”, cioè la diseguaglianza, ha lasciato il posto a una guerra tra radicali e moderati, tutti a sinistra, con il correlato “damage control” delle varie forme di populismo che animano il Partito democratico (va anche detto che i sondaggisti avevano spiegato a Obama che il concetto di “lotta alla diseguaglianza” non era ben compreso dagli americani, ma lui aveva deciso, guarda un po’, di fare di testa sua, fino a quando ha capito che la strada non era proficua, e ora la diseguaglianza non la cita più). Quando Harry Reid, prossimo leader della minoranza al Senato (è stato fino al midterm leader della maggioranza), ha creato una posizione ad hoc nel suo team per Elizabeth Warren, leader del populismo economico di sinistra e da molti invocata come candidata alle presidenziali del 2016 in chiave anti Hillary, s’è capito che dagli annunci si era passati alla guerra. Al punto che un senatore di peso come Charles Schumer martedì è arrivato a criticare una legge sacra come l’Obamacare definendola “un’opportunità mancata” dei democratici, in quanto non si è concentrata sull’unico, grande problema di oggi: il declino della middle class. I moderati insomma vorrebbero una maggiore attenzione per la classe media, mentre i più radicali vorrebbero insistere nella retorica anti Wall Street, anti ricchi e a favore dei più poveri.
[**Video_box_2**] La diseguaglianza nel frattempo non è stata curata, come ha spiegato in un bell’articolo sul New York Times Steven Ratten, che è un finanziere di Wall Street ma ha anche guidato la task force di Obama per salvare l’industria dell’Auto nel 2009. E fa ancora più male sapere che i cugini britannici, con tutti i loro guai identitari tra secessionismi tentati e antieuropeismo fuori controllo, sono riusciti a fare quel che all’America non è riuscito. Con una politica dell’austerità permanente, un governo filobusiness (con qualche tentennamento, certo, non è popolare da nessuna parte essere a favore delle aziende), politiche fiscali a favore della classe media e un po’ di spietato spin sui tagli alle tasse, a Londra il coefficiente di Gini, che misura la diseguaglianza, si è abbassato dal 2008 a oggi: cioè il gap tra ricchi e poveri si è ridotto. Nell’America obamiana, per quanto ci si provi, non scende.
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