foto AP

No al fracking

Arriva il primo divieto in Texas, perché proprio ora? I pretesti ambientalisti e gli interessi russi.

New York. Denton è la prima città del Texas a mettere fuori legge il fracking, il sistema di fratturazione idraulica che ha rivoluzionato l’estrazione di gas e petrolio. Da oggi il divieto entra in vigore, nonostante i ricorsi, le proteste e le azioni legali intentate dai sostenitori dell’estrazione. Non è il provvedimento di una sola città che fermerà la fiorente industria energetica dello stato, ma il caso di Denton è visto come l’apripista di una tendenza antifracking che sta prendendo corpo negli Stati Uniti e non solo. Michael Webber dell’Energy Institute dell’Università del Texas spiega che si tratta di “un episodio della grande guerra fra sostenitori e antagonisti del fracking” e anche di un referendum de facto sul potere dei sindaci e delle municipalità di decidere della legalità del fracking. Un’altra cittadina texana, Reno, sta meditando una misura analoga dopo che i sismologi hanno registrato la prima scossa di terremoto di cui si ha notizia nell’area. Il sindaco di Reno e gli attivisti antifracking sono certi che la perforazione selvaggia sia la causa degli inediti movimenti tellurici.

 

In Texas la sfida ambientale ed economica si intreccia con l’eterno dibattito sull’estensione del potere delle autorità locali. Lo stato repubblicano devoto allo small government concede una certa libertà di iniziativa ai consigli municipali, e il divieto di Denton ne è la prova. C’è un elemento paradossale nel fatto che il più grande oppositore della china che sta prendendo la questione energetica si chiami George P. Bush, rampollo della famiglia presidenziale a capo dell’ufficio statale che detiene i diritti di sfruttamento minerario di 13 milioni di acri di terreno. I Bush sono patrizi del New England che hanno seguìto e sfruttato l’esplosione petrolifera texana, ma anche indefessi sostenitori delle autonomie locali rispetto alle decisioni prese a livello centrale, atteggiamento condiviso senza sforzo dalla sensibilità politica dominante in Texas. Proprio per questo sfondo ideologico e commerciale, le legge di Denton è particolarmente significativa: se succede in Texas, a maggior ragione potrà succedere altrove.

 

Alcuni giudici in Pennsylvania e nello stato di New York hanno confermato il potere delle autorità cittadine di decidere in materia di fracking. In Colorado il divieto proposto è stato bocciato. Il governatore democratico di New York, Andrew Cuomo, ha suggerito l’idea di un divieto statale finché doveva difendersi alle elezioni dagli attacchi da sinistra della sfidante. Una volta rieletto, Cuomo si è fatto più prudente, trincerandosi dietro studi sulla salute (non ancora completati, naturalmente) che dovrebbero provare o smentire la connessione fra il fracking e l’incremento delle emissioni nocive. Il calcolato cambio d’atteggiamento lo ha reso un bersaglio anche dei “fractivist”, che chiedono l’inibizione totale della tecnica di estrazione che ha messo l’America sulla strada dell’indipendenza energetica dal medio oriente. I bisticci locali hanno riflessi geopolitici globali.

 

[**Video_box_2**]Dopo che il segretario generale della Nato ha accusato la Russia di “impegnarsi attivamente con cosiddette organizzazioni ambientaliste non governative per mantenere la dipendenza dal gas russo” si sono moltiplicate le segnalazioni di proteste “anomale” sul suolo europeo. Sperdute cittadine romene e moldave dove compagnie petrolifere americane hanno fatto investimenti si sono trasformate in hub per manifestanti ben organizzati e foraggiati. Un deputato romeno dice che Gazprom ha speso 82 milioni di euro per finanziare le proteste antifracking in Europa, e benché sia difficile trovare la prova schiacciante che lega il colosso energetico russo ai movimenti di protesta, la tendenza non è particolarmente sorprendente. Basta pensare che la Bulgaria – membro dell’Unione europea in orbita russa – ha messo fuori legge il fracking nel 2012. Il governo aveva già firmato un accordo con Chevron per lo sfruttamento delle risorse, e ha rapidamente fatto un passo indietro allineandosi agli interessi di Mosca. Con il crollo del prezzo del petrolio dopo la decisione dell’Opec di non ridurre le quote petrolifere immesse sul mercato – cosa che ha fatto ulteriormente crollare il rublo – la Russia è ancora più interessata a un rallentamento dell’estrazione, e gli attivisti antifracking sono alleati perfetti nella comune causa. Ieri gli interessi russi hanno incontrato un altro ostacolo quando Alexei Miller, il ceo di Gazprom, ha annunciato la chiusura del progetto South Stream, il gasdotto che avrebbe dovuto portare il gas russo all’Europa del sud, a causa degli ostacoli posti dall’Unione europea – per compensare la perdita ora Putin progetta nuove infrastrutture che passano per la Turchia. Ma ovunque si trovino, dal Texas alla Bulgaria, gli oppositori del fracking lavorano per mantenere uno status quo energetico che fa il gioco di Mosca, danneggiando l’Ue e gli Stati Uniti.

 

Di più su questi argomenti: