Papa Francesco (foto LaPresse)

C'è ecumenismo ed ecumenismo. Gli svizzeri sbracati, ad esempio, no

Matteo Matzuzzi

il Papa ha tenuto un discorso che poco risalto mediatico ha avuto ma i cui contenuti paiono una sorta d’appendice allo slancio ecumenico messo in pratica nello scorso fine settimana. S’è soffermato sulle problematiche derivanti dai rapporti con le comunità protestanti.

Roma. Tornato a Roma dopo le fatiche in terra turca, tra la visita d’obbligo al palazzo dalle mille stanze del capo dello stato Recep Tayyip Erdogan, la deposizione floreale al mausoleo del laicissimo Mustafa Kemal detto Atatürk (così avevano preteso le autorità di Ankara per dare il via libera allo svolgimento del fitto programma della due giorni a Istanbul) e gli inchini al Fanar dinanzi al patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I, il Papa ha tenuto un discorso che poco risalto mediatico ha avuto ma i cui contenuti paiono una sorta d’appendice allo slancio ecumenico messo in pratica nello scorso fine settimana. Davanti a sé, nel Palazzo apostolico vaticano, Francesco aveva i vescovi della Conferenza episcopale svizzera. Un episcopato che qualche problema a Roma l’ha dato, diviso com’è tra correnti progressiste che auspicano un rinnovamento complessivo e totale della dottrina e conseguentemente della prassi pastorale, e settori tradizionalisti che qualche volta risultano più in sintonia con il verbo d’Econe piuttosto che con quello d’oltretevere. Il tutto condito da manifestazioni popolari contro qualche vescovo considerato troppo retrogrado (con tanto di cartelli, fischietti e slogan poco eleganti scanditi all’indirizzo del presule di turno).

 

Il Papa, tra i tanti temi toccati, s’è soffermato sulle problematiche derivanti dai rapporti con le comunità protestanti. Il 2015 sarà un anno chiave, inizieranno le cerimonie per il cinquecentenario della Riforma luterana (si concluderanno due anni più tardi), e la tentazione di affrettare il cammino di riconciliazione può portare anche a fare il passo più lungo della gamba, fa capire Francesco, ammonendo quanti progettano e programmano celebrazioni eucaristiche comuni, tra cattolici e protestanti: L’ecumenismo favorisce sì “una convivenza feconda, pacifica e fraterna” ma è fondamentale “fare attenzione a permettere ai fedeli di tutte le confessioni cristiane di vivere la loro fede in maniera inequivocabile e libera da confusione, e senza ritoccare cancellando le differenze a scapito della verità”.

 

A cosa si riferisse, il Pontefice argentino l’ha spiegato subito dopo: “Quando, per esempio, con il pretesto di un certo andarsi incontro dobbiamo nascondere la nostra fede eucaristica, non prendiamo sufficientemente sul serio né il nostro patrimonio, né quello del nostro interlocutore”. Allo stesso modo, ha aggiunto, “nelle scuole l’insegnamento della religione deve tener conto delle particolarità di ogni confessione”. Francesco è tornato poi su uno dei cavalli di battaglia prediletti in questo primo scorcio di pontificato, nel momento in cui ha ribadito che la chiesa non è una ong, una “bella organizzazione” burocratica in cui la missione è messa da parte: “Senza una fede viva in Cristo risorto, le belle chiese e i monasteri diverrebbero poco a poco dei musei; tutte le opere lodevoli e le istituzioni perderebbero la loro anima, lasciando solamente ambienti vuoti e persone abbandonate. La missione che vi è affidata è di pascere il gregge, camminando, secondo le circostanze, davanti, in mezzo o dietro. Il popolo di Dio non può sussistere senza i suoi pastori, vescovi e sacerdoti”. Ieri mattina, intanto, il Papa e diversi altri leader religiosi hanno firmato nella cornice della Casina Pio VI, sede della Pontificia accademia delle Scienze sociali, la dichiarazione congiunta contro la tratta degli esseri umani e tutte le forme di schiavitù moderna. Nell’intervento d’apertura, Francesco ha detto che “qualsiasi relazione discriminante che non rispetta la convinzione fondamentale che l’altro è come me stesso costituisce un delitto, e tante volte un delitto aberrante”.

Di più su questi argomenti:
  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.