Stefano Bonaccini e Matteo Renzi (foto LaPresse)

Come si battono i gufi

Claudio Cerasa

Convergenze Cgil-Lega. Caduta di Grillo. Salvini come avversario perfetto. L'M5s è unfit to lead. Renzi argine al populismo. Non esistono alternative credibili al patto del Nazareno. Intervista al neo governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini.

Roma. Renzi e Grillo. Grillo e Salvini. Salvini e il Pd. L’astensione e poi il Quirinale.  Stefano Bonaccini è diventato governatore dell’Emilia Romagna lo scorso 30 novembre e pochi giorni dopo l’elezione ha deciso di offrire al cronista alcune riflessioni utili sul senso politico del voto nella regione. Bonaccini sostiene che quel che è successo in Emilia Romagna sia significativo da molti punti di vista. Non solo perché una parte non indifferente del vecchio elettorato del Pd (quello legato alla Cgil) ha voluto mandare un messaggio al presidente del Consiglio ma anche perché alcune dinamiche di quel voto dicono molto di quale sarà il destino dei tre grandi avversari del Pd: Lega, Forza Italia, Movimento 5 stelle. “Inutile girarci attorno – dice Bonaccini, ex coordinatore della mozione Renzi nel 2013 dopo essere stato bersaniano di ferro – oggi esiste un fronte politico ultra sindacalizzato che negli anni ha trovato una sua identità nelle politiche di concertazione che osserva con diffidenza il governo Renzi. Non mi stupisce che questo mondo, mi duole dire conservatore, abbia trovato punti di convergenza con la Lega, penso per esempio alla scelta di appoggiare il referendum contro la riforma Fornero, che buona parte dei dirigenti della Cgil considera una scivolata di Camusso. Quello che oggi va compreso è che il compito del Pd deve essere doppio: sfidare quegli elettori e poi però trovare un modo per riconquistarli”. L’osservatorio dell’Emilia Romagna, secondo Bonaccini, dice molto anche del futuro del Movimento 5 stelle e indica anche una inevitabile direzione del grillismo. “Nella nostra regione Grillo ha messo radici prima che in altre parti d’Italia e per questo nel corso dei mesi è risultato evidente che il Movimento non ha nel suo Dna la dinamica del governo. E’ quasi come se fosse incompatibile. Negli ultimi anni, Grillo è riuscito a eleggere due sindaci nella regione, Federico Pizzarotti a Parma e Marco Fabbri a Comacchio, più due consiglieri regionali, Andrea De Franceschi e Giovanni Favia. Risultato: Favia è stato espulso nel 2012. De Franceschi espulso nel 2014. Fabbri espulso nel 2014. E Pizzarotti non mi ricordo quante volte sia stato scomunicato. La conseguenza di questo ragionamento mi pare elementare”.

 

Il grillismo, dice Bonaccini, non regge alla prova di governo. Vive nella contraddittorietà di chi potrebbe fare qualcosa che non gli viene però permessa di fare. Non riesce ad affrontare con serenità neppure una telefonata di un suo militante con il presidente del Consiglio (scandalo! vergogna!). E si trova oggettivamente in una condizione complicata che, per il Pd, sarebbe da scellerati non sfruttare. “Sinceramente – continua Bonaccini – non penso che per gli equilibri di governo ci siano strade diverse da quelle disegnate attorno al patto del Nazareno. Il 5 stelle però può crollare da un momento all’altro e il fatto che nell’ultimo anno ci siano stati più di venti parlamentari usciti dal movimento tra Camera e Senato è un segnale che non va sottovalutato. Renzi, che credo sia il principale artefice dello sgonfiamento del grillismo, e per questo gli andrebbe fatta una statua, dato che in giro per l’Europa non esistono molti altri leader che sono riusciti a combattere il populismo  dalla postazione di governo, fa bene a cercare di attrarre la parte meno irragionevole del M5s. Il discorso vale per le dinamiche parlamentari ma vale soprattutto per le dinamiche elettorali: c’è un bacino in movimento e a quel bacino bisogna puntare”. Bonaccini ammette che parte dei voti in uscita dal 5 stelle potrebbero essere intercettati dalla Lega, che in Emilia ha ottenuto un buon risultato, doppiando persino Forza Italia. Ma l’ascesa di Salvini, dice il presidente della regione, potrebbe essere una notizia tutt’altro che negativa per il Pd di Renzi. “Se è vero che Salvini toglie voti sia a Forza Italia che al Movimento 5 stelle, per noi non ci potrebbe essere avversario migliore. Una polarizzazione tra una sinistra riformista e una destra lepenista credo sia a tutto vantaggio della prima. Per il resto, analizzando lo scenario che si è aperto anche nella nostra regione, credo ci sia un fenomeno che vale la pena analizzare. Il rapporto tra Forza Italia e Lega rischia, a mio modo di vedere, di essere simile a quello che abbiamo visto negli ultimi anni in America tra repubblicani e Tea Party. Inseguendo i Tea Party, i repubblicani si sono indeboliti e hanno fatto crescere una classe dirigente anomala, estremista sotto alcuni punti di vista. I repubblicani, penso alle ultime elezioni, si sono ripresi quando si sono allontanati da quelle posizioni oltranziste. Lo stesso, se è concesso, vale per Forza Italia e Lega. Qui in Emilia Romagna, Forza Italia ha inseguito la Lega ed è andata male, riuscendo a eleggere solo due consiglieri (e non a caso, uno è ex Msi e l’altro ex An). Da questo punto di vista, capisco che qualcuno in Forza Italia possa essere tentato dall’inseguire Salvini, ma non credo che per Berlusconi e compagnia ci sia un’alternativa all’attuale linea di collaborazione con il Pd sulle riforme istituzionali”.

 

[**Video_box_2**]Bonaccini conclude la chiacchierata arrivando a sfiorare il tema del Quirinale. Un anno e mezzo fa, da segretario regionale, fu drastico nel chiedere all’ex segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, di fermarsi e ragionare, dopo una serie di votazioni andate male per eleggere il successore di Napolitano. Oggi, immaginando la nuova partita, Bonaccini  ci offre una chiave di lettura utile: “Il patto del Nazareno sarà il cuore dell’accordo ma sono certo che il presidente del Consiglio si inventerà qualcosa per coinvolgere o quantomeno dividere il Movimento 5 stelle”. Il fulcro di tutto rimane l’accordo con Berlusconi. E il fatto che Renzi ieri ad Algeri sia arrivato a dire persino di essere disponibile a “immaginare una clausola di salvaguardia che faccia entrare la legge elettorale in vigore a partire dal primo gennaio 2016” è chiaramente un segnale che va in quella direzione. Nella direzione del dialogo con Forza Italia. Nella direzione del patto con il Cav. La tentazione di rivolgersi ai più incerti del Movimento 5 stelle c’è. Ma alla lunga Renzi sa che alternative per prepararsi alla battaglia del Quirinale non ci sono. E più saranno vicini il capo di Forza Italia e il capo del Pd più saranno alte le possibilità di sopravvivere alle baionette dei franchi tiratori e più saranno alte le possibilità che il governo Renzi abbia la forza – come lascia intendere anche Bonaccini – per non rimanere ostaggio del partito dei congiurati.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.