Raid aerei a giorni alterni
Segnatevi queste parole: “Uncooperating deconfliction”
Il Pentagono nega il coordinamento di fatto con Damasco e Teheran.
Roma. Lunedì un anonimo funzionario americano parlando al Washington Post della guerra in Siria e Iraq ha detto: “Stiamo facendo ‘uncooperating deconfliction’”. E’ una definizione dal suono burocratico che prova a inquadrare sotto una luce naturale queste operazioni americane in Siria e Iraq al fianco di ex nemici dichiarati. L’anno scorso l’Amministrazione Obama minacciò di bombardare il governo siriano alla fine di agosto dopo una strage di civili con armi chimiche a Damasco, e con l’Iran c’è da decenni una situazione di ostilità latente con acuti pericolosi. Ora che lo Stato islamico di Abu Bakr al Baghdadi minaccia di espandersi tra Siria e Iraq, è la stagione di questa “uncooperating deconfliction”.
Deconfliction è un termine militare che descrive la situazione che si crea quando due nemici si muovono e operano nella stessa area e lo fanno evitando di combattersi. “Uncooperating” è un di più che ci mette l’Amministrazione Obama per rendere chiaro e inequivoco il fatto che stanno bombardando le postazioni dello Stato islamico senza accordarsi con i governi di Damasco e di Teheran.
Due giorni fa sono cominciate le operazioni di guerra dei jet iraniani in territorio iracheno. David Cenciotti, l’esperto di aviazione militare del blog The Aviationist, dice a BusinessInsider che è impossibile che non ci sia un accordo tra americani e Teheran: “Anche se è teoricamente possibile per i jet dell’Iran volare dentro l’Iraq senza alcuna coordinazione preventiva con le altre aviazioni che operano nello stesso spazio aereo, sarebbe una mossa suicida. Per una deconfliction fatta come si deve, sono richiesti un coordinamento in anticipo e una gestione dello spazio aereo. Ci sono molti aerei che controllano lo spazio sopra l’Iraq e la Siria e nessun jet potrebbe volare di nascosto in quell’area”.
Anche per le operazioni in Siria pare verosimile che ci sia un coordinamento tra il regime del presidente Bashar el Assad e il Pentagono. Questo è il bollettino delle operazioni sulla città di Raqqa, una delle due città più grandi controllate dallo Stato islamico. Domenica 23 gli aerei americani hanno effettuato due bombardamenti su un edificio dello Stato islamico. Martedì, è toccato ai jet di Assad fare dieci ondate pesanti e indiscriminate che potrebbero avere causato la morte di più di duecento persone. Giovedì 27, venerdì 28 e sabato 29 gli aerei siriani hanno bombardato ancora. Sabato 29 sera sono tornati gli aerei della coalizione guidata dagli americani, con un numero di attacchi incerto ma superiore a quindici. Dopo la strage di martedì, il governo americano ha rilasciato una dichiarazione dicendo di essere “horrified” dai bombardamenti indiscriminati del governo siriano, ma è facile immaginare come questa posizione suoni debole.
[**Video_box_2**]Che ci sia un accordo tra americani e Damasco è anche una convinzione diffusa tra la gente a terra. Ecco una citazione tra le tante possibili: “Cosa credete che pensi qualsiasi persona sana di mente qui? Un giorno arrivano gli aerei americani, il giorno dopo gli aerei di Bashar el Assad, com’è che non si sparano tra loro o non si scontrano? Semplice, si chiamano e si dicono oggi è il mio turno di uccidere gli abitanti di Raqqa, non disturbarmi per favore, sarà il tuo turno domani”, dice un abitante di Raqqa a un intervistatore del sito al Monitor.
Altri testimoni notano che la stessa cosa succede sopra Raqqa con i droni di ricognizione americani e inglesi. “Quando i droni spariscono, poi arrivano gli aerei di Assad a bombardare”.
La Turchia offre piste comode, ora
Se si parla di più di questa “uncooperating deconfliction” è perché c’è un accordo tra Pentagono e Turchia che consentirà di usare le piste della base turca di Incirlik, appena al di là del confine siriano, per le missioni di bombardamento. Ora i jet americani arrivano dall’Iraq e dal Golfo, seguendo rotte molto più lunghe. Da Incirlik ci saranno più missioni, e quindi sarà necessario pretendere che ci sia più deconfliction. Ieri, in un’intervista che esce oggi su Paris Match, il presidente Bashar el Assad dice che questi due mesi di operazioni americane (su suolo che è siriano, in teoria) sono state totalmente inefficaci. Quattordici mesi fa minacciava attentati terroristici di rappresaglia contro l’America.
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