Lo stabilimento Tirreno Power di Vado Ligure

Disastri giudiziari

Alberto Brambilla

Le prescrizioni ambientali approvate ieri in Conferenza dei servizi per la Tirreno Power restano inattuabili (per tempi e mole di interventi) come aveva precedentemente detto l’azienda. La palla passa al governo che potrà decidere di intervenire nella fase finale del processo burocratico.

Roma. Le prescrizioni ambientali approvate ieri in Conferenza dei servizi per la Tirreno Power restano inattuabili (per tempi e mole di interventi) come aveva precedentemente detto l’azienda. La palla passa al governo che potrà decidere di intervenire nella fase finale del processo burocratico. E’ stato convocato un incontro con il presidente del Consiglio Matteo Renzi per la settimana prossima. Non è dunque risolta la crisi della centrale termoelettrica  a carbone di Vado Ligure posta sotto sequestro dalla procura di Savona nel marzo scorso con l’accusa di disastro ambientale in quanto causa di morte e malattie. Il rischio è che uno stop prolungato motivi la chiusura. Sta però emergendo il fatto che l’inchiesta giudiziaria era scritta sull’acqua. Ora lo dicono diversi documenti ufficiali. L’ultimo è del ministero della Salute sulla “mortalità in provincia di Savona” nel quale la centrale non viene nemmeno citata tra le cause patologiche: non le si può imputare dunque quella “strage di popolazione come asserisce la procura”, dice il Sole 24 Ore che ha riportato il dossier. S’aggiunge la relazione dell’équipe dell’Istituto nazionale per la ricerca sul cancro di Genova spedita alla regione Liguria a luglio e, nuovamente, a novembre. La relazione confuta nel metodo e nel merito i risultati delle perizie che avevano motivato il fermo e certifica che l’approccio d’indagine è così “grossolano” da rendere impossibile “giungere a conclusioni ragionate” come in altri casi simili. Modelli statistici sui ricoveri – alcuni calcolati sugli stessi identici individui, più volte – sono così approssimativi da “inficiare la validità dei risultati”. Le analisi sull’esposizione agli inquinanti sono “fuorvianti” e, ad esempio, viene ignorato se una patologia sia riconducibile all’anidride solforosa, emessa dalla centrale, o ad altri agenti. Sono limiti seri. Se non fosse dunque bastata la prova empirica – da quando la centrale è chiusa la qualità dell’aria è invariata – eccone altre. Tuttavia la crisi Tirreno sta prostrando le aziende dell’indotto a Vado e Quiliano.

 

Il tessuto produttivo del savonese è prostrato. Martedì mattina circa trecento operai della Tirreno hanno manifestato per la prima volta davanti ai cancelli della centrale e hanno bloccato gli accessi autostradali con l’intento di sensibilizzare l’opinione pubblica locale e nazionale alla crisi dell’azienda invocando la ripresa immediata delle attività. Seicento famiglie dipendono dalle piccole e medie imprese dell’indotto Tirreno nella provincia savonese, quella col più basso potere d’acquisto d’Italia. Molte aziende hanno avanzato richiesta di ammortizzatori sociali per le maestranze, alcune per la prima volta nella loro decennale storia di collaborazione con la centrale, come la Fratelli Sambin che fa opere di manutenzione. A fine novembre il terminal del porto di Vado, Terminal Rinfuse Italia, gestito dalla multinazionale Euroports, ha chiuso perché non arrivava più il carbone combustibile. A questo punto viene da chiedersi se nella disputa  tra ambiente e lavoro le conseguenze sociali di un sequestro giudiziario prolungato ma costruito su un teorema rivelatosi platealmente fallace avranno un impatto negativo sulla vita quotidiana dei cittadini. Una domanda che investe direttamente i giudici inquirenti.

 

[**Video_box_2**]La procura di Savona s’è distinta per un atteggiamento discutibile. Le consulenze erano state affidate a cosiddetti periti collegati ai movimenti ambientalisti locali nonché promotori degli esposti dai quali l’inchiesta prende le mosse. E’ il caso di Paolo Franceschi, medico pneumologo, responsabile Ambiente dell’Ordine dei medici di Savona, esponente della rete “Fermiamo il carbone” e dell’associazione Uomini liberi che si è dedicato alle statistiche epidemiologiche. Il secondo perito è Stefano Scarselli, già consulente per la procura di Rovigo nel caso Enel Porto Tolle, che ha condotto i rilievi ambientali. Loro respingono le critiche. Ultimamente l’autorità giudiziaria ha assunto un atteggiamento muscolare verso i funzionari regionali e governativi che avevano fatto notare le molte incongruenze dell’indagine o che stavano studiando insieme all’azienda un piano di ammodernamento del sito secondo i migliori standard ambientali europei; standard a quanto pare ritenuti insufficienti dai giudici, sebbene l’iter normativo non dovrebbe coinvolgerli. La lista di professionisti convocati dal procuratore Francantonio Granero come “persone informate sui fatti” alla vigilia di decisioni importanti sulle prescrizioni ambientali s’allunga di mese in mese. Non solo. Adesso le procure di Brindisi e Gorizia hanno aperto due inchieste contro ignoti per il presunto inquinamento delle centrali a carbone locali e i giudici studiano le carte relative a Tirreno. La storia si ripeterà?

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.