Tra stupri e moralismi, l'ultima frontiera della resistenza a Uber

Luciano Capone

L’applicazione che fa concorrenza ai taxi, ha aperto da poco i battenti a Torino. E anche nel capoluogo piemontese, dopo Milano, Roma e Genova sono arrivati i primi sequestri da parte della polizia municipale: multe, fermo del veicolo e sospensione della patente.

Uber, l’applicazione che fa concorrenza ai taxi, ha aperto da poco i battenti a Torino. E anche nel capoluogo piemontese, dopo Milano, Roma e Genova sono arrivati i primi sequestri da parte della polizia municipale: multe, fermo del veicolo e sospensione della patente. Gli assessori alla polizia municipale e al commercio, in un incontro con i tassisti, hanno dichiarato che “UberPop è un servizio illegale”, come ribadito dal ministro dei Trasporti Maurizio Lupi. UberPop è la versione dell’applicazione che permette a ogni automobilista, e non solo ai Ncc (noleggio con conducente), di diventare autista Uber. A Genova nelle settimane scorse l’amministrazione era addirittura scesa in campo “insieme ai tassisti per tutelare la legalità” attraverso “controlli mirati di polizia giudiziaria contro Uber”. In realtà Uber non è illegale, dato che continua a funzionare in tutte le città, ma la confusione normativa è tale che l’app viene dichiarata allo stesso tempo - o a giorni alterni - legale e illegale, alimentando un’incertezza che non fa bene ai tassisti né agli autisti di Uber né ai cittadini.

 

La motivazione principale, almeno quella esplicita, che viene sollevata da tassisti e amministratori contro Uber è la sicurezza dei passeggeri: non può trasportare passeggeri il primo che capita, senza accurati controlli e senza assicurazioni che coprano i passeggeri da eventuali incidenti. Il problema è sentito non solo in Italia, ma in tutto il globo. Proprio oggi ha fatto il giro del mondo la notizia della messa al bando di Uber da parte delle autorità di New Delhi, dopo che un’autista della società californiana è stato arrestato per aver stuprato una cliente. La violenza ha fatto scatenare le proteste contro Uber in un paese, l’India, dove la violenza sessuale è una vera e propria piaga sociale. Ma altri incidenti erano già capitati in diverse città degli Stati Uniti: accuse di violenze sessuali, sequestri di persona, molestie. A San Francisco un autista ha preso a martellate un cliente dopo un litigio e sempre in California una bambina di 6 anni è morta dopo essere stata investita da un autista non in servizio e per questo motivo Uber ha declinato ogni responsabilità dal punto di vista assicurativo.

 

[**Video_box_2**]Il tema della sicurezza è molto sentito e probabilmente il danno di immagine per un’azienda che vale oltre 40 miliardi di dollari non può essere sottovalutato e spingerà Uber a trovare delle contromisure che diano maggiori garanzie all’opinione pubblica. Ma se il problema è reale, l’atteggiamento di chi vuole usare i fatti di cronaca per impedire che Uber è strumentale. Il fatto di avere una licenza pubblica rilasciata dalle autorità statali non è in sé una garanzia assoluta, chi rilascia una licenza garantisce sul passato di un autista ma non può prevederne i comportamenti futuri. D’altronde negli ultimi anni, e solo per restare all’Italia, sono numerosi i casi di cronaca che hanno riguardato tassisti con regolare licenza rilasciata dagli enti pubblici: lo scorso anno a Milano un tassista è stato arrestato per aver violentato una passeggera, diversi tassisti sono stati arrestati per spaccio di droga, sempre a Milano qualche anno fa un tassista poi risultato positivo alla cocaina ha investito volontariamente un marocchino, qualche mese fa diversi tassisti veneti sono stati arrestati per trasporto di clandestini e poi furti, truffe e tanto altro. I brutti episodi che riguardano i tassisti sono ovviamente maggiori perché i tassisti sono molto più numerosi degli autisti di Uber e operano da molto più tempo. Questo non vuol dire che siano i taxi a essere più pericolosi di Uber, ma semplicemente che la licenza pubblica non è un sacramento che assicura da qui all’eternità. Per garantire degli standard minimi e universali di sicurezza ai passeggeri sono necessari quindi dei controlli sulle qualità fisiche e la fedina penale degli autisti, cosa che Uber dichiara di fare in maniera molto simile a ciò che avviene per i tassisti, e imporre degli obblighi minimi di assicurazioni che garantiscano i passeggeri in caso di incidenti ed è forse su questo punto che Uber dovrebbe adeguarsi. Prevedere comportamenti illegali da parte degli autisti è impossibile, sia che essi guidino un taxi o un’auto Uber. Anche se c’è chi ha avuto un’idea per prevenire e limitare un reato come lo stupro si tratta sempre di un’applicazione nata negli Stati Uniti, si chiama SheRides ed è un’app di autiste donne rivolta esclusivamente ad una clientela femminile. Innovazione tecnologica e sicurezza non sono in contrapposizione.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali