Trasparenza o sicurezza?
A Washington comincia oggi la resa dei conti con la Cia di Bush
La Casa Bianca teme che il report sulle torture scateni violenze nei paesi arabi. I servizi contro il Congresso. Ambasciate americane chiuse.
New York. Oggi esce il dossier colossale raccolto al Congresso sugli interrogatori duri della Cia sotto l’Amministrazione Bush. Venerdì il segretario di stato, John Kerry, aveva fatto un ultimo tentativo per dissuadere il capo della commissione Intelligence del Senato, Dianne Feinstein, a causa dei timori del governo sulle reazioni che il dosser scatenerà soprattutto all’estero. Da mesi la Casa Bianca e la commissione negoziano sulla tempistica del rilascio e soprattutto sulla quantità di dettagli che possono essere rivelati senza compromettere la sicurezza, e l’ultimo avvertimento a Feinstein per edulcorare le parti più esplosive del report – o almeno per guadagnare altro tempo – è arrivato quando la commissione ha annunciato che tutto era pronto. Nel mondo delle dichiarazioni ufficiali la Casa Bianca si compiace di un’operazione trasparenza che bastona il modo con cui la Cia ha condotto la raccolta d’informazioni sotto l’Amministrazione Bush, ma nella realtà teme che il documento possa scatenare un’ondata di proteste nei paesi arabi che costituiscono l’ossatura della coalizione internazionale contro lo Stato islamico. Le ambasciate americane nel mondo arabo stanno prendendo misure di sicurezza, alcune sono chiuse – al Cairo anche quella inglese e canadese hanno chiuso i battenti. Il portavoce del dipartimento di stato ha spiegato che Kerry ha chiamato l’ex collega del Senato “per discutere le implicazioni più ampie della tempistica della pubblicazione, perché stanno succedendo molte cose nel mondo, e vuole essere certo che le conseguenze in politica estera siano opportunamente considerate”.
La sostanza delle conclusioni del report del Senato è nota: nel contesto della guerra al terrore la Cia ha autorizzato torture per raccogliere informazioni, ma i metodi eticamente esecrabili si sono rivelati anche inefficaci. Non è possibile provare una chiara relazione fra gli interrogatori duri degli agenti dell’intelligence e la raccolta di dati utili per smantellare i network terroristici: questo, in termini generali, afferma il report. Ma le seimila pagine messe insieme in anni di indagini sono fitte di dettagli che la Casa Bianca preferirebbe non divulgare per cautelarsi rispetto ad alleati e nemici ma anche per evitare di esporsi ai critici interni. Obama dice che nulla che assomigli alla tortura è stato perpetrato sotto il suo comando e l’inchiesta riguarda gli anni di Bush, ma nella gestione della sicurezza nazionale il presidente democratico ha fatto affidamento sull’apparato legale costruito dal predecessore dopo gli attacchi dell’11 settembre. Non è soltanto una questione del passato. La Cia ha tenuto d’occhio molto, troppo vicino il lavoro dei senatori, arrivando addirittura a spiare i computer che l’agenzia di Langley aveva messo a disposizione del team del Congresso per analizzare i documenti d’intelligence, circostanza che è costata al direttore, John Brennan, un’imbarazzante ammenda pubblica. L’Amministrazione ha giocato la carta del rischio geopolitico per ritardare ulteriormente la pubblicazione del report, ma i senatori dopo le elezioni di midterm avevano una gran fretta di procedere: i repubblicani prenderanno il controllo della commissione a gennaio, sarebbe stato facile seppellire l’inchiesta sotto altre priorità.
[**Video_box_2**]La controffensiva di Bush
Nel fine settimana gli ex funzionari dell’Amministrazione Bush sono scesi ufficialmente nell’arena per smontare preventivamente l’inchiesta, segno che una battaglia fin qui fondamentalmente sotterranea, con qualche fragoroso balzo in superficie, è arrivata dalle parti del redde rationem. L’ordine è quello di contrastare la versione secondo cui la Cia ha agito indipendentemente – talvolta esplicitamente in contrasto – dalla Casa Bianca. Alla Cnn Bush ha detto: “Questi sono patrioti, qualunque cosa dica il rapporto, se sminuisce il contributo che hanno dato al paese significa che l’inchiesta è infondata”. Lo scopo è spiegare che la commissione del Senato “usa le informazioni in modo selettivo, spesso distorcendole per provare le sue tesi”, come ha detto l’ex vicedirettore della Cia John E. McLaughlin. Gli ex direttori dell’agenzia George Tenet e Michael Hayden hanno coordinato la controffensiva, suggerendo a Bush di spiegare pubblicamente che non ci sono mai state divergenze fra Cia e Casa Bianca sul trattamento di prigionieri e la raccolta di informazioni. Ex funzionari hanno criticato l’inchiesta alla luce del sole, altri hanno recapitato il messaggio in forma anonima alle redazioni che si preparano ad affrontare un’enorme grana interna e globale.
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