Un colpo politico
New York. Per la senatrice Dianne Feinstein la pubblicazione dell’inchiesta del Senato è un “passo importante per ristabilire i nostri valori”, vale il rischio di ritorsioni contro strutture americane in medio oriente o proteste da parte degli alleati nella guerra contro lo Stato islamico.
New York. Per la senatrice Dianne Feinstein la pubblicazione dell’inchiesta del Senato è un “passo importante per ristabilire i nostri valori”, vale il rischio di ritorsioni contro strutture americane in medio oriente o proteste da parte degli alleati nella guerra contro lo Stato islamico. John Kerry aveva fatto il suo mestiere di responsabile del corpo diplomatico cercando di convincerla ad aspettare, ma le circostanze politiche richiedevano un’azione immediata: a gennaio i repubblicani prenderanno possesso del Senato, commissione Intelligence inclusa, cosa che diminuisce le possibilità di pubblicazione del più abrasivo rapporto sulle tecniche brutali con cui la Cia di Bush e Cheney ha cercato di estorcere informazioni dopo l’11 settembre. Barack Obama finora ha preso tempo, cercando di mediare fra le durissime conclusioni del rapporto del Senato e la Cia di John Brennan – uomo di Obama ma anche uomo di mondo – che ieri ha pubblicato un’aggressiva risposta punto per punto redatta nel giugno 2013.
Obama ha atteso il momento giusto per massimizzare il ritorno politico di un’operazione non senza rischi, e ieri è saltato sul carro del Senato, sfruttando l’inchiesta come conferma definitiva delle sue convinzioni morali e legali intorno agli orrori autorizzati dal suo predecessore nei “black site” della Cia. Negli anni dopo l’11 settembre 2001, ha detto Obama, “l’America ha fatto molte cose giuste, ma alcune delle azioni intraprese erano contrarie ai nostri valori”. Ed è per questo che “ho messo inequivocabilmente al bando la tortura nel 2009”, ha detto il presidente, portando a casa il bottino politico che deriva dal contrasto con la gestione precedente. Il report del Senato offre un assist a Obama, che in mancanza di riforme radicali sul terrorismo (il carcere di Guantanamo è sempre lì) o di teatri di guerra felicemente chiusi può ripiegare sull’immagine del presidente che smacchia l’anima del paese. Vista attraverso la lente dell’utile politico, l’inchiesta del Senato non è che una conferma della bontà dei provvedimenti obamiani.
Il rapporto, insomma, serve alla Casa Bianca per rimarcare la linea che divide la parte giusta della storia da quella sbagliata, l’inferno del waterboarding e del “rectal feeding” (l’inchiesta presenta sfumature inedite dell’orrore) dal paradiso dei valori americani. Questo momento di redenzione val bene il rischio di una turbolenza politica, nonostante le voci di dissenso. P. J. Crowley, ex portavoce del dipartimento di stato che non teme le opinioni impopolari (è stato cacciato da Foggy Bottom per aver criticato il governo sul caso della talpa Bradley/Chelsea Manning) ha suggerito su Twitter che il tempismo della pubblicazione genera rischi non necessari per la sicurezza nazionale: “Siamo ancora in guerra, perché pubblicare il rapporto ora? Siamo sicuri che i benefici della chiarezza siano maggiori dei potenziali rischi?”. Questi ragionamenti di puro pragmatismo sono stati spazzati via dalle magniloquenti parole sulla necessità di redimere il passato americano a ogni costo, senza però rinunciare al beneficio politico che finisce direttamente nelle tasche di un presidente a fine mandato, dunque in cerca di marchi da imprimere nel cielo della storia.
[**Video_box_2**]L’abolizione della tortura di stato buca lo schermo dell’opinione pubblica, e un’inchiesta di 6.700 pagine durata cinque anni è la madre di tutte le pezze d’appoggio. Nella glorificazione dell’inchiesta il presidente finisce anche in rotta di collisione con Brennan quando dice che le durissime tecniche d’interrogatorio usate dalla Cia di Bush “non solo sono contrarie ai nostri valori ma si sono rivelate anche inefficaci per la raccolta di informazioni”. L’efficacia di mezzi in sé deprecabili è uno dei punti caldi del dibattito e Brennan scrive: “L’agenzia non è d’accordo sulle affermazioni dello studio secondo cui il programma di interrogatori in generale non ha prodotto intelligence che ha portato a sventare complotti terroristici, alla cattura di terroristi e al salvataggio di vite umane. I risultati dell’inchiesta in questo senso contraddicono i fatti”. Per respingere le accuse del Senato alcuni ex funzionari della Cia hanno anche messo online il sito ciasavedlives.com, database per smontare le accuse mosse. Sul merito si discuterà a lungo, ma intanto Obama incassa la plusvalenza politica di un documento che ha un importante sigillo di terzietà politica e tende a confermare quello che l’Amministrazione Obama aveva già impresso nelle sue scelte di policy. Esibire le prove comporta un rischio immediato sulla sicurezza che la Casa Bianca è disposta a correre; e il rischio, più sottile, di una rissa sotterranea con la Cia, che si muove nella zona grigia dove i valori e gli esiti non sempre vanno a braccetto.
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