Dietro i messaggi in codice
Renzi e la carta del voto per sfidare il congiurellum e (gulp) il partito di Max
Il premier e la sfida tattica ai ribelli. Scissione dalemiana in arrivo, dicono al governo. Il calendario sfavorevole. Tra assemblea Pd e Quirinale.
Roma. Non si sa se accadrà davvero, se la minaccia prenderà corpo, se le parole diventeranno progetto. Ma la notizia c’è. E in piccolo ci dà la possibilità di capire meglio cosa c’è in ballo nella sfida fratricida tra le due sinistre del Pd, che domani pomeriggio si sfideranno a viso aperto a Roma durante l’assemblea nazionale del Partito democratico. Gauche contre gauche, come titolato ieri da Libération. La notizia è che, prima di essere travolto dai fischi e dagli insulti di Bari, Massimo D’Alema, campione della resistenza al partito della nazione, ha fatto arrivare a Palazzo Chigi, tramite alcuni ambasciatori, un messaggio preciso: finora erano solo chiacchiere di Palazzo, ora l’opzione esiste davvero, e io sono pronto a fondare un nuovo partito per diventare il punto di riferimento dell’opposizione al berlusconismo renziano. La minaccia vale quello che vale, anche perché le truppe di cui dispone D’Alema al momento sono solo virtuali, ma la dimensione in cui è entrata la dialettica tra il partito renziano e il partito anti renziano ormai è più o meno questa ed è fatta anche di tatticismo esasperato (le scissioni annunciate ormai, di media, sono tre al giorno).
Al governo, il partito della scissione potenziale viene osservato con fare divertito e distaccato. E pur confermando in molti la notizia della voce fatta filtrare da D’Alema, il cuore dello scontro è in realtà diverso e la partita vera – fatta anche di spin, veline, tattiche e polpette avvelenate – si gioca su un altro versante, in cui la scissione è solo un piccolo ingrediente del minestrone. Il messaggio in codice che il partito del Tutto Tranne il Nazareno sta provando in tutti i modi a far arrivare al presidente del Consiglio è legato infatti al percorso della legge elettorale e suona più o meno così: noi abbiamo capito che tu, caro Renzi, vuoi andare a votare a maggio e per questo faremo di tutto per far sì che l’unico modo per sfruttare la finestra del voto sia utilizzare quella che per te, oggi, è la peggiore legge elettorale: il consultellum, proporzionale puro senza premio di maggioranza con soglie al 4 per cento, terreno ideale su cui far maturare anche una scissione (legge non a caso ribattezzata in questi giorni a Palazzo Chigi con un nome decisamente evocativo: il congiurellum).
L’sms inviato dal partito dei congiurati è arrivato con chiarezza a Palazzo Chigi. Ed è anche alla luce dei movimenti degli anti Nazereni che domani, all’assemblea nazionale del Pd, Matteo Renzi andrà a sfidare la sinistra “ribelle”. Con una doppia chiave di lettura. La prima, potenzialmente soporifera ma centrale, è il tema (ancora) della battaglia anti austerity in Europa, e sarà questo il terreno sul quale il presidente del Consiglio proverà a unire le anime del Pd. La seconda chiave, più esplosiva anche se solo tattica, sarà il tema del voto. E sarà un tema che verrà declinato più o meno così: se voi pensate di ingessare il mio governo sabotando la legge elettorale sappiate che per me si può andare a votare senza problemi anche con l’attuale legge ultra proporzionale; e se così dovesse essere per voi congiurati potrebbe non essere un grande affare considerando che le liste elettorali devono essere approvate dalla direzione del Pd, dove modestamente io ho l’85 per cento dei delegati.
[**Video_box_2**]Chiaro? La linea di Renzi sarà questa ma anche qui il gioco è fatto più di tatticismo che di volontà reale. Il presidente del Consiglio, lo riconoscono diversi ministri e diversi collaboratori del premier, pensa sinceramente di far durare questa legislatura ma pensa anche che se l’economia non dovesse cambiare verso sarebbe un bene avere in mano uno strumento come l’Italicum per votare in primavera e sfruttare una condizione che un domani potrebbe non ripetersi: la sostanziale assenza di avversari. Per questo, il vero obiettivo di Renzi rimane l’approvazione dell’Italicum prima della scelta del nuovo presidente della Repubblica, che sarà il vero e implicito filo conduttore dell’assemblea di domani (Renzi non ha ancora un nome ma ha una certezza: il nome giusto da far eleggere non dovrà essere bruciato nelle prime tre votazioni ma dovrà essere proposto alla quarta votazione, quando il quorum per il Quirinale scenderà). Mettendo insieme però l’elevato numero di emendamenti presentati in commissione sull’Italicum (12 mila) e la possibilità che le dimissioni del capo dello stato arrivino nella prima metà di gennaio, il calendario potrebbe giocare a sfavore del premier e favorire il partito del rinvio. Un partito, come si è visto, molto grande (minoranza del Pd, Sel, minoranza di Forza Italia, Lega, M5s) composto da anime in lotta, che al momento punta alla non approvazione della legge elettorale e che, in un certo modo, Renzi identifica con lo spirito con cui un importante sindacalista, il segretario Uil, Barbagallo, ha sintetizzato il senso politico dello sciopero generale: “Blocchiamo il paese per farlo ripartire”. La battaglia tra le due gauche, domenica, volendo, ripartirà anche da qui.
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