Sharing economy. Expo, ad esempio
Sostenere il grande evento in città? Smarphone, App e liberismo. Il mondo nuovo è distante anni luce da quello di pochi anni fa. In poco tempo abbiamo vissuto rivoluzioni tecnologiche che hanno aperto a possibilità neppure immaginabili a fine Novecento.
Milano. Il mondo nuovo è distante anni luce da quello di pochi anni fa. In poco tempo abbiamo vissuto rivoluzioni tecnologiche che hanno aperto a possibilità neppure immaginabili a fine Novecento. Queste innovazioni hanno cambiato la quotidianità di milioni di persone, rivoluzionato i rapporti economici, le relazioni sociali e possono modificare il volto delle città.
Un esempio di come una città del mondo vecchio si trova ad affrontare l’ingresso nel mondo nuovo è Milano, alle prese con Expo 2015. Mancano pochi mesi all’inaugurazione dell’Esposizione universale e nonostante inchieste, difficoltà e qualche ritardo, c’è da sperare che tutto vada per il verso giusto. Gli organizzatori attendono oltre 20 milioni di visitatori, con una media di 160 mila turisti al giorno e picchi fino a 250 mila. Numeri molto più grandi di eventi internazionali come la Settimana della moda o il Salone del mobile, durante i quali è quasi impossibile trovare un taxi. Perché le licenze sono poche? Forse. “In realtà le licenze sono poche quando ci sono eventi importanti e troppe durante gli altri periodi dell’anno – dice al Foglio Marco Ponti, economista esperto di trasporti del Politecnico di Milano – è il problema di un’offerta rigida, che non si adatta alle mutevoli esigenze della città”.
L’idiosincrasia per l’innovazione e la difesa a oltranza dello status quo raggiungono vette di autolesionismo inimmaginabili: è il caso della gara bandita dal comune per il “numero unico”, che avrebbe dovuto sostituire le inutili e obsolete colonnine, bloccata da un ricorso dei radiotaxi. “A questo punto – dice Ponti – è molto probabile che un sistema che va in tilt per il Salone del mobile e la Settimana della moda sia inadeguato per un evento più grande come l’Expo”. E se come tutti ripetono Expo 2015 sarà la vetrina dell’Italia, sarà il caso di non fare brutte figure. Un contributo alla soluzione del problema dei picchi di domanda temporanei e straordinari può arrivare dalle nuove tecnologie e dalla sharing economy. Nel caso della mobilità, il pensiero corre a Uber o ad app italiane come LetzGo, sistemi flessibili che consentono in poco tempo e senza grossi investimenti di creare un’offerta che può essere facilmente riassorbita alla fine dell’Expo. La sharing economy comporta anche due vantaggi economici per le fasce più deboli della società: “In un periodo di grave crisi economica – dice Ponti – si consente alle persone disoccupate o parzialmente occupate di sfruttare un capitale inutilizzato come l’auto, che ha anche costi di gestione elevati, per fare un po’ di soldi con un lavoro che non richiede un’alta specializzazione. Inoltre, la differenziazione dell’offerta attraverso tariffe più basse consente lo spostamento di persone e turisti per cui l’attuale costo del taxi è proibitivo”. Ci sono anche risvolti negativi, che riguardano gli operatori tradizionali che si ritrovano nuovi concorrenti che non hanno dovuto acquistare una licenza. Ma soprattutto durante i mesi dell’Expo, in cui la domanda aumenterà esponenzialmente, si tratta di un ampliamento dell’offerta che non si sovrappone ai taxi, ma va a intercettare una clientela che altrimenti resterebbe a piedi.
[**Video_box_2**]Lo stesso discorso vale per gli alberghi. A Milano, città abituata a un turismo “ricco”, sono poche le strutture ricettive di fascia medio-bassa. La situazione si fa più critica in vista dell’Expo, perché gli alberghi hanno alzato notevolmente i prezzi, tanto che l’amministratore unico di Expo, Giuseppe Sala, ha lanciato un allarme sul rischio di perdere una larga fetta di visitatori. Anche in questo caso ci si trova davanti all’impossibilità di fare investimenti per nuove strutture ricettive che risulterebbero inutili al termine della manifestazione. La soluzione ancora una volta può venire dalla sharing economy, da piattaforme come Airbnb, che mette in contatto chi è alla ricerca di un posto letto con chi ha la disponibilità di uno spazio da affittare. Stesso discorso di Uber: da un lato Airbnb permette a molte persone di trarre profitto da una proprietà sottoutilizzata e dall’altro offre un’opportunità a visitatori che altrimenti non troverebbero letti a misura del loro portafoglio. Milano può essere un centro di sperimentazione e avanguardia, può mostrare al paese come sarà il mondo nuovo e quali opportunità offrirà. A meno che non prevalgano, ancora una volta, la difesa di interessi costituiti e la nostalgia di chi vuole vivere nel secolo passato.
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