I 76ers e l'arte di perdere in Nba

Eugenio Cau

Sam Hinkie, manager di Philadelphia, sta creando la peggiore squadra della storia del basket americano. Ma ha un piano. Essere i peggiori per riuscire a creare un ciclo vincente: approfittare delle regole e volgere a proprio vantaggio.

Nell’Nba non c’è niente di peggio della mediocrità. E’ un adagio conosciuto, che di recente ha ripetuto Jack Hamilton su Slate. Un conto è vincere o essere tra i primi, un conto è perdere e finire tra gli ultimi, ma mai galleggiare a metà classifica: per una squadra Nba non c’è niente di più dannoso. Nel basket americano, se non sei una squadra di fascia alta è meglio perdere male piuttosto che fare una stagione mediocre, perché il sistema della Lega è concepito per sparigliare le carte, favorire la competizione e aiutare i perdenti. Si scrive Draft si legge rimescolamento, e peggio concludi l'anno, meglio hai la possibilità di pescare nuovi talenti. Sono molte le storie di squadre perdenti che sono risorte perché al Draft hanno scelto un campione. Quindi meglio perdere e perdere male per rinascere. Nel campionato di quest’anno, c’è un uomo che questo adagio lo sta prendendo troppo alla lettera. Si chiama Sam Hinkie, è il general manager dei Sixers di Philadelphia e ha un piano: creare la squadra più perdente della storia dell’Nba.

 

 

Nessuna retrocessione, nessuna promozione, la massima serie del basket americano è un circolo chiuso nel quale vige l'autosostentamento e la bravura sta nello scovare giovani dai college, la fortuna nello scegliere quello giusto, la speranza nel trovare quello in grado di fare la differenza. E la chiave di fortune e delusioni è una lotteria, la chiave di tutto è il Draft. In un campionato nel quale non ci sono né “vivai”, né prelazioni sui giovani fenomeni come succede ad esempio nel calcio, il futuro si decide in una serata in diretta nazionale.

 

Funziona così. Ogni anno, a fine stagione, le squadre si riuniscono, mettono sfere numerate dentro un grande rullo simile a quelli per il lotto, ed estraggono a sorte l’ordine di scelta dei nuovi giocatori (che vengono dalle squadre dei college, sono appena usciti dalle scuole superiori o già militano in campionati stranieri). Chi sceglie per primo ha più possibilità di aggiudicarsi i giocatori più talentuosi, e la lotteria è studiata in modo da favorire le squadre che nel campionato precedente sono andate peggio. Se nella stagione appena finita una squadra è arrivata ultima in classifica, avrà il 25 per cento delle possibilità di scegliere per prima, la seconda peggiore avrà il 19,9 per cento, e così via. La squadra che ha vinto il campionato sceglierà per ultima.

 

 

 

I favoriti al numero uno al Draft sono i Philadelphia 76ers. Di 23 partite giocate finora, i Sixers ne hanno perse 19. Dicembre è stato un mese buono, perché fino all’inizio del mese il record era di 17 partite perse e zero vittorie. Oggi la squadra che fu di Doctor J – Julius Erving – e Allen Iverson è un’accozzaglia di scarti e ragazzini (solo due giocatori in tutto il roster hanno più di 25 anni) che nessun’altra squadra della Lega terrebbe nemmeno in panchina, con un allenatore al suo primo vero lavoro e una collezione di figuracce da sotterrarsi. In tutta la squadra c’è un solo giocatore davvero valido, la guardia Michael Carter-Williams, ma si dice in giro che Hinkie stia cercando di venderlo. L’ultima mossa di mercato, Philadelphia l’ha fatta questa settimana e l'obiettivo è sempre lo stesso: indebolire. Quindi via un giocatore non di talento ma almeno in forze come Brandon Davis e dentro Andrei Kirilenko, un veterano piagato dall’età e dagli infortuni che forse non vedrà mai il campo. E nelle condizioni del russo c'è anche il giocatore più pagato di tutta la squadra, Jason Richardson, un altro veterano infortunato che non gioca una partita di campionato da due anni.

 

Fino al mese scorso i Sixers perdevano con uno scarto di media di 14,8 punti, il peggior record della storia, e hanno rimediato sconfitte eclatanti come quella di 53 punti contro i Mavericks di Dallas.

 

 

Ce ne sarebbe abbastanza per licenziare in tronco dirigenza, giocatori e allenatore: Da mesi i Sixers sono lo zimbello dello sport professionistico americano. Ma il proprietario della squadra, il finanziere Joshua Harris, non licenzia nessuno e anzi rinnova la fiducia al gruppo. E perfino i tifosi, benché oggi quello di Philadelphia sia uno dei palazzetti meno frequentati d’America, non sono in rivolta come sarebbe prevedibile. Il fatto, appunto, è che Sam Hinkie ha un piano.

 

Hinkie non è un insider dello sport professionistico americano. E’ paffuto, ha i capelli radi e i completi sobri e ben tagliati di un banchiere o di un alto funzionario del governo (per intenderci: niente gessati viola per lui), non di un uomo di sport, e nella sua vita non ha praticamente mai giocato a basket. Ha un master a Stanford, un passato come finanziere presso Bain Capital e una passione per i numeri. E’ entrato nel mondo della Nba poco meno di dieci anni fa, quando è diventato assistente del general manager di Houston, un altro impallinato di statistiche come Daryl Morey, e nel 2013  ha ottenuto la dirigenza dei Sixers. Al suo arrivo, la strada era in parte già stata segnata dal proprietario Harris, che nel 2011 disse: “Non faremo un 41-41”, come a dire che o si vince o si perde (le partite in campionato sono 82, avere un record di 41-41 vuole dire essere perfettamente a metà classifica). All’arrivo di Hinkie, la scelta però era ancora più limitata: vincere, con quello che i Sixers avevano a disposizione, non era possibile. Non resta che perdere, ma perdere ponendo le basi per le vittorie future. E per come è strutturato il sistema dell’Nba, le sconfitte dei Sixers devono essere epocali.

 

[**Video_box_2**]Hinkie ha deciso che i Sixers dovevano perdere, e perdere alla grande. Non che i giocatori perdano apposta le partite: loro, con quello che hanno a disposizione, danno il meglio che possono. Ma Hinkie ha tolto di mezzo tutto il resto, e ha creato consapevolmente una delle peggiori squadre della storia della Nba. Quello di cui il general manager dei Sixers sta facendo tesoro non sono i risultati sul campo, sono gli asset. Hinkie non sta semplicemente lasciando che la squadra perda per ottenere scelte migliori alla lotteria. Le sta costruendo intorno una rete di potenziale per ora inespresso, ma pronto a mostrarsi all’occorrenza. Ha scambiato molti buoni giocatori, sì, ma spesso li ha scambiati per scelte nel Draft: questo vuol dire che al momento di scegliere i nuovi talenti, i Sixers potranno scegliere anche per le squadre di cui hanno acquisito i diritti. I Sixers inoltre sono una squadra di soli ventenni, che per ora non rendono ma hanno potenzialità notevoli davanti a sé.

 

Giocatori a parte il punto di forza di Philadelphia è il basso monte ingaggi: senza contratti di rilievo i Sixers hanno uno spazio salariale (in Nba c’è un tetto ai soldi che si possono spendere per i giocatori) quasi infinito. Metti che arriva l’anno giusto; la scelta giusta al Draft; che qualcuno dei giovani è maturato; che sul mercato entrano buoni veterani, o qualche campione ha voglia di cambiare aria, ecco che i Sixers avranno i soldi per completare il piano. Sono molte variabili tutte di fila, forse troppe, ma se tutto va bene, il piano di Hinkie funzionerà e Philadelphia avrà una squadra da titolo.

 

E’ già successo, può succedere ancora anche perché Hinker, che è sempre stato considerato “the smartest guy in the room” in tutti gli ambienti che ha frequentato, sembra l’uomo giusto per riuscire nell’impresa. Anche i tifosi l’hanno capito, e a Philadelphia una buona fetta degli appassionati sostiene il piano machiavellico del general manager.

 

Nel campionato di quest’anno, i Sixers non sono l’unica squadra che punta a perdere. Ci sono anche i Lakers di Los Angeles e i Pistons di Detroit, per esempio, due squadre che hanno fatto la storia della Lega. Di recente Magic Johnson, pilastro dei Lakers negli anni 80, ha detto che spera che la sua squadra perda più partite possibili, così da poter iniziare la ricostruzione. Domenica il New York Times ha scritto che per evitare questo comportamento da parte delle squadre l’Nba dovrebbe istituire un campionato cadetto, per spronare i perdenti a lottare per evitare la retrocessione, come succede nel calcio. Ma per i Lakers, i Pistons e per le altre squadre di bassa classifica, puntare a perdere è il mero risultato di una stagione non più recuperabile. Solo per i Sixers di Hinkie perdere è un obiettivo pianificato con cura, da anni.

 

Quella dei Sixers è una storia che ricorda Moneyball, il gran film in cui un nerd impallinato di statistiche  e strategia portava una squadra di baseball di brocchi a un passo dalla vittoria del campionato, con la differenza che qui statistiche e strategia servono per creare una squadra di perdenti – un comportamento che molti, dentro all’Nba, considerano immorale. “Odio quello che sta succedendo a Philly”, ha detto l’ex coach dei Sixers Larry Brown al Philadelphia Inquirer. “Non hanno una sola persona del mondo del basket dentro al team. Mi dà il voltastomaco”. Perché un conto è tirare i remi in barca a stagione inoltrata, quando ormai i giochi sono fatti, e decidere che a un certo punto si può iniziare a preservare le forze per la stagione successiva – come stanno facendo i Lakers e gli altri. Un altro conto è decidere di perdere ancora prima dell’inizio del campionato, avere la sconfitta come strategia e obiettivo. Questo è immorale, è tradire lo sport. Che è spettacolo, almeno in America.

 

Davanti alla strategia dei Sixers, che già l’anno scorso hanno perso un numero sospetto di partite, molti in questi mesi hanno chiesto una riforma delle regole della lotteria del Draft: non possiamo permettere che le squadre perdano consciamente. Per ora il commissario generale della Lega, Adam Silver, difende Hinkie e i Sixers: “Quello che spesso nella nostra Lega è chiamato perdere apposta”, ha scritto, “può essere definito meglio come ricostruzione. Purtroppo, ricostruire una squadra non è facile in nessun campionato ed è un compito che richiede tempo e una pianificazione attenta”. Hinkie può continuare a perdere, almeno per ora.  Ma Silver ha aggiunto: “Il Draft è un sistema imperfetto. Spesso le prime scelte non trasformano le squadre”. Come a dire: Hinkie sta facendo una scommessa rischiosa. Può succedere di tutto, può succedere che quando la tela di Hinkie sarà pronta e tutti i fili ben tesi, quell’anno al Draft non ci sia nessun giocatore di valore. O che ci sia, ma Hinkie se lo faccia sfuggire, come il general manager che non riconobbe il talento di Michael Jordan. Forse Hinkie, più che machiavellico, è solo incosciente, e la lunga strada che ha scelto per arrivare alla vittoria porta in realtà al peggio che possa succedere in Nba, la mediocrità. Ma il paffuto Hinks ha un piano, e fino a che tutto non sarà pronto i Sixers continueranno a perdere.

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  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.