That win the best
Cenerentole e mignotte
Se oggi il ciuffo di Van Gaal torna a garrire nelle prime posizioni della Premier League è anche e soprattutto merito di De Gea, portiere brutto e sgraziato che da solo tiene in piedi lo United: Ferguson vince anche in pensione, l’Europa League è straziante. Non ci lasciano nemmeno Belen in mutande.
Manchester. Brindo – alzando rigorosamente un calice di vino – a Sir Alex Ferguson, che da quell’oltretomba calcistico che è il ritiro degli ex allenatori continua ad avere ragione. “La Premier ci insegna fiducia e pazienza”, mi scriveva il sempre ottimo Pino Suriano su Twitter. A parte lo slogan da formaggio fresco, è vero: se David De Gea, il portiere titolare del Manchester United, avesse giocato in Italia, probabilmente oggi farebbe panchina in qualche Albinoleffe della serie B. Per fortuna lo spagnolo ventiquattrenne gioca in Inghilterra, dove – nonostante un paio di tragiche stagioni in cui diversi suoi errori sono costati punti e trofei ai Red Devils – nessuno ha mai pensato di sostituirlo. Arrivato nel 2011 per sostituire Van der Saar, De Gea esordì con due papere niente male nel derby con il City per il Community Shield. Ferguson continuò a puntare su di lui, fottendosene di critiche e sopraccigli alzati. Se oggi il ciuffo di Van Gaal torna a garrire nelle prime posizioni della Premier League è anche e soprattutto merito di questo portiere brutto e sgraziato che da solo tiene in piedi tutta la difesa dello United.
Non che domenica avesse di fronte un attacco temibile, il buon De Gea: il Liverpool in giallo è andato in gita all’Old Trafford ed è tornato ad Anfield con tre pere nel pullman. Rimasti in gara per buona parte del match, i Reds hanno lasciato ogni speranza di aggiustare il risultato con l’ingresso in campo di Balotelli: un gol di Super Mario in questo periodo è meno credibile di una tesi complottista di Giulietto Chiesa (arrestato ieri dalla Cia e subito torturato da Dick Cheney). Anche a Liverpool, però, dovrebbero saperlo: sostituire Suárez con Balotelli è come sostituire Immobile con Amauri.
Edurne García Almagro è stata presa alla sprovvista dall’improvviso successo del fidanzato, il portiere del Manchester United David De Gea, e non ha ancora trovato niente da mettersi
Sulle spalle dei giganti. Continuo a essere morbosamente attratto da quel grande spettacolo decadente che è l’Europa League, una Champions più vera ma straziante, a partire dalle squadre che ci giocano passando per le pettinature dei calciatori fino al sorteggio dei sedicesimi, la cui diretta ieri ho seguito con attenzione, complice una ciucca triste. La pelata di Gianni Infantino luccicava sotto i riflettori della stanza riempita dai delegati delle società ancora in corsa, ma la sua verve veniva costantemente frustrata dal mortorio lì davanti. La scenografia, uno scarto di quella della Champions League, faceva da pendant triste alle troppe urne per i sorteggi e al megaschermo che invece di essere un plasma di ultima generazione era in realtà l’evoluzione di un telo bianco su cui un proiettore da diapositive delle vacanze proiettava il logo dell’Europa League. Quando Infantino ha passato la parola all’altro italiano della combriccola, Giorgio Marchetti, mi sono chiesto perché il Direttore delle competizioni si fosse messo in ginocchio per spiegare i criteri del sorteggio. A meno che non si trattasse di uno di quegli scadenti spettacoli di magia in tv in cui un volontario del pubblico viene tagliato in due dal mago e appoggiato sul tavolo, potevano almeno mettergli una pedana sotto i piedi.
Una cosa seria. Avrei spezzato volentieri una lancia, come direbbe un cronista Rai, a favore di Belen e dei molti centimetri quadrati di pelle censurati dalla buoncostume milanese in nome del regolare scorrimento del traffico. Sono costretto a ritrattare parzialmente la difesa dopo che la stessa ha scritto ai mandanti del divieto di occuparsi di cose serie. Più serie di così? Che io sappia la bellezza femminile è una cosa serissima, non una frivolezza, e chi la deprime in qualche modo deprime l’umanità intera, anche se tutti gli studi di traffico del mondo dimostrassero la connessione fra la lingerie delle showgirl sui cartelloni e gli ingorghi. In questa pagina le meraviglie fisiche sono oggetto di tributo, anche se magari – è possibile, lo ammetto – distrarranno qualche lettore in cerca di ragguagli su dispute ecclesiastiche o severi approfondimenti politici. “Occupiamoci di cose serie” è un’implicita concessione al legislatore moralizzante, che fa danni proprio perché si occupa malamente di cose serie invece di limitarsi alle sciocchezze.
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Mourinhate. La grandezza si vede dal senso dell’umorismo, e José Mourinho ha ricevuto (e imparato) una lezione di umorismo dall’arbitro Chris Foy, incontrato nel tunnel di Stamford Bridge dopo l’ennesima vittoria dei Blues e l’ennesima ammonizione allegra di Diego Costa. “Glielo dica a questi ragazzi! Diego Costa è nello spogliatoio che piange per il cartellino giallo che gli ha dato, e i giocatori chiedono a me perché”. Foy ha indossato un sorriso sornione quanto quello di Mourinho, ha tirato fuori dalla tasca un fazzoletto e lo ha offerto all’allenatore. Gli ha fatto una mourinhata. E Mou ha riso di gusto.
E’ mezzanotte. Com’era ovvio, il Southampton sta collassando, e alla seconda sconfitta consecutiva i grandi editorialisti che ci hanno fatto venire le carie con la storia che la squadra minore va forte perché è un residuo d’identità in mezzo a un mare di omologazione calcistica dovrebbero rimangiarsi gli editoriali. Il Southampton ha avuto uno strepitoso inizio di campionato per circostanze e calendario favorevoli, ma come tutte le favole con cenerentole e zucche e quant’altro è arrivata alla mezzanotte. Dovrebbero annotarsi la lezione i propalatori di falsi miti intorno a Genoa e Sampdoria: un conto è essere tifosi, un altro è vivere nel mito paragrillino dell’underdog. Salvo rarissime eccezioni, alla fine dell’anno vincono le squadre più ricche e attrezzate. Per la storia della squadretta che rovescia i potenti del calcio dai loro troni c’è sempre Holly e Benji.
Il Foglio sportivo - in corpore sano