Il premier Matteo Renzi e Silvio Berlusconi (foto LaPresse)

Il vero specchio di Renzi e Berlusconi

Claudio Cerasa

Patti, tradimenti. Tutto in commissione. Storie dalla culla del Nazareno.

Roma. Vale per tutto: per gli intrighi, gli accordi, i tradimenti, le alleanze, i patti, gli schiaffi, le repressioni, e vale soprattutto per capire i punti di forza e di debolezza delle maggioranze e delle minoranze. La sintesi è la seguente: per capire il renzismo, e la tenuta del patto del Nazareno, esiste un termometro perfetto che fotografa meglio di qualsiasi retroscena la salute del governo Leopolda. Quello strumento si trova a pochi passi da Palazzo Madama, al secondo piano di Palazzo Carpegna, all’interno di una commissione parlamentare diventata il metronomo della legislatura. La commissione uno: Affari costituzionali. Tutte le riforme importanti passano da qui (riforma elettorale e riforma costituzionale) ed è attraverso questa commissione che giorno dopo giorno si comprende cosa funziona e cosa no nel motore del governo. La minoranza intransigente del Pd minaccia di far saltare le riforme? E’ qui che Renzi sceglie di dare un segnale e sostituire i componenti (Mineo, Chiti).

 

I piccoli alleati provano a far pesare il proprio potere di veto? E’ qui che Renzi sceglie di dare un segnale e mostrare la loro irrilevanza (vedi la sostituzione di Mario Mauro). Il governo vuole mostrare a Forza Italia che volendo questa maggioranza ha i numeri per le riforme anche senza i voti berlusconiani? E’ qui che il Pd avvicina quell’ex senatore grillino Francesco Campanella, che a metà ottobre ha messo a disposizione del governo il suo voto decisivo, quando si trattò di votare la nota di aggiornamento al Def). E ancora. La Lega prova a mostrare la fragilità del Nazareno e lancia segnali sulla necessità di allargare il patto alla Lega? E’ sempre qui che arrivano le prove di forza. Prove come gli emendamenti fatti approvare con i voti di tutte le minoranze (ricordate la bocciatura dei senatori a vita di nomina presidenziale previsti nell’Italicum?) e prove come gli oltre 10 mila emendamenti presentati da Roberto Calderoli alla legge elettorale (messaggio in codice: se non vuoi ostruzionismo, per il Quirinale devi consultare anche noi). Prove alle quali il governo ha risposto con una speculare prova di forza. Decidendo di portare in Aula la legge elettorale senza il voto della commissione (già oggi pomeriggio i senatori del Pd tenteranno di incardinare l’Italicum per votarlo il 7 gennaio). E facendolo anche grazie ai suggerimenti che il ministro delle riforme, Maria Elena Boschi, ha ricevuto da due stretti collaboratori – che, guarda caso, arrivano dalla prima commissione del Senato (Roberto Cerreto, capo di gabinetto, e Paolo Aquilanti, capo del dipartimento). E’ sempre nella prima commissione, poi, che, tra le righe degli emendamenti presentati dalla Lega, è maturato quello che è diventato un nuovo capitolo del patto del Nazareno, quello che potrebbe permettere a Renzi e Berlusconi di trovare un accordo per approvare l’Italicum e per presentarsi di fronte alla sfida del Quirinale più uniti che mai: approvare l’Italicum prima dell’elezione del capo dello stato (che ieri ha definito “imminenti” le sue dimissioni), garanzia che l’entrata in vigore della nuova legge avvenga solo dopo la primavera del 2016 (come anticipato la scorsa settimana in un emendamento di Calderoli) e certezza che da qui alla primavera del 2016 l’unica legge che potrebbe essere utilizzata da Renzi per votare è una legge con cui a Renzi non conviene votare (il Consultellum).

 

[**Video_box_2**]Tutto dunque passa da qui. E per qualche settimana qualcuno pensava che potesse partire da qui anche la possibile (anche se difficile) ascesa di Anna Finocchiaro. Presidente della commissione. Relatore dell’Italicum dopo esserlo stato per le riforme istituzionali. Che nelle prossime settimane sarebbe potuta essere il volto politico simbolo delle riforme. Ma che per colpa dell’ostruzionismo di Calderoli (che non ha mai perdonato a Finocchiaro di aver apportato alla riforma del Senato delle modifiche che la Lega non voleva) si ritrova in un contesto nuovo: con il governo che ha scelto di scavalcare la commissione e con la presidente Finocchiaro che perderà l’occasione di presentarsi, anche di fronte al capo dello stato, con il profilo di regista delle riforme. Anche questo dettaglio dimostra dunque che le minoranze potranno elaborare tutte le strategie del mondo ma che alla fine chi decide il destino di questa legislatura sono loro due: Berlusconi e Renzi. E guardando la prima commissione, in fondo, il patto del Nazareno, sembra essere più in salute di quanto si possa credere.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.