Il manifesto di Renzi per il 2015
Il Quirinale, il bipartitismo, Salvini, Grillo, Merkel, e Napolitano “politico dell’anno”. E poi Russia e Libia. Chiacchierata con il premier.
Roma. Sono passati trecento giorni da quel 22 febbraio del 2014, quando Matteo Renzi, dopo trecento giorni esatti di governo Letta, giurò al Quirinale da presidente del Consiglio presentando al presidente della Repubblica il suo governo Leopolda. Trecento giorni dopo, e a trenta giorni circa dall’elezione del prossimo capo dello stato, il premier accetta di conversare con il Foglio per ragionare su cosa ha funzionato e cosa non ha funzionato nel primo anno vissuto a Palazzo Chigi e per disegnare quali saranno i passi più importanti che verranno messi a tema nelle prossime settimane e nei prossimi mesi. Europa, Merkel, Grillo, Salvini, consultazioni, Napolitano, Quirinale, Ilva, Putin, bipartitismo.
La nostra conversazione con il premier comincia dal calendario delle riforme e da quello che è il tema centrale intorno al quale ruota non solo il governo ma anche tutta la legislatura: il dopo Napolitano. “Se dovessi indicare il mio politico dell’anno, il simbolo del riformismo del nostro paese, direi senza dubbio che l’uomo dell’anno, in Italia, si chiama Giorgio Napolitano. Bisogna essere onesti: se non ci fosse stato lui, nulla di quello che abbiamo fatto in questi mesi sarebbe stato possibile. Il pulsante push lo ha spinto per prima lui. Continuo a sperare che le dimissioni del presidente della Repubblica avvengano il più tardi possibile. Una volta che verranno formalizzate seguiremo un metodo preciso: il giorno dopo le dimissioni il Partito democratico convocherà i gruppi parlamentari, la direzione, i delegati regionali e apriremo un’assemblea permanente. Nessuno potrà dire: non ho avuto un luogo dove discutere. Una volta elaborato un profilo lo proporremo ai nostri alleati, poi a tutti gli altri partiti: dal Movimento 5 stelle a Sel passando ovviamente anche per la Lega. Per trovare il candidato giusto non penso sia uno scandalo aspettare qualche votazione. Ma ciò che vorrei spiegare è che occorre non ripetere l’errore di chi mi ha preceduto: presentare un nome indicato dall’alto senza una discussione preliminare. Prima di arrivare a questo passaggio – continua Renzi – sono convinto che riusciremo a votare in seconda lettura, non prima delle dimissioni di Napolitano ma prima dell’elezione del nuovo presidente, sia l’Italicum sia la riforma costituzionale. I tempi ci sono. Siamo a un passo dal portare a casa una grande impresa. Grazie a questa riforma, penso all’Italicum, l’Italia potrebbe essere spinta, finalmente, verso la strada del bipartitismo”. Renzi conferma che il 24 dicembre il Consiglio dei ministri approverà alcune norme importanti – “il decreto Ilva, che ci permetterà di prendere l’Ilva, salvarla, rimetterla a regime e rivenderla in un arco di tempo che va dai due ai cinque anni, i primi decreti su fisco e lavoro, e potremmo dimostrare che nel 2014 l’Italia ha avuto la forza di abolire sostanzialmente l’articolo 18” – e prova a rassicurare tutti coloro convinti che il vero obiettivo del governo sia andare alle elezioni con un ragionamento preciso: “Ho accettato – confida il presidente mentre si coordina tra sms e Whatsapp con due senatori, un capogruppo, un alleato, un tecnico, un ministro per incardinare la legge elettorale, approvare il maxi emendamento e preparare il Cdm – di approvare l’Italicum con una clausola di salvaguardia, se serve, che faccia entrare in vigore la legge elettorale durante il 2016 ma non accetto che questa clausola possa avere l’effetto di rinviare le riforme. Il principio vale sempre: questo governo ha senso se pedala, se qualcuno volesse farlo galleggiare sapremo come difenderci”. Ancora con la storia dei gufi? “I gufi, sì”. Ci permettiamo di far notare che in molti casi i gufi, più che dei nemici veri, sembrano proiezioni immaginarie di avversari che Renzi costruisce ed enfatizza per affermare la sua dialettica politica, e il presidente del Consiglio dice che i gufi esistono, “che sono quei politici, quegli osservatori, quei direttori dei giornali, quei sociologi da talk-show, quei professionisti della tartina, che, vivendo delle difficoltà dell’Italia, si augurano sinceramente che l’Italia non ce la faccia”. Renzi sostiene che a livello economico il suo governo è riuscito a portare la parola flessibilità nell’agenda della politica europea e immagina che il prossimo anno possa essere quello della svolta.
Il Foglio chiede a Renzi quando la parola “flessibilità”, oltre che sussurrata e inserita nei documenti ufficiali dei Consigli europei, diventerà qualcosa che si potrà toccare. Sul tema Renzi è prudente, dice che nel 2015 arriveranno gli investimenti del piano Juncker, di cui il presidente del Consiglio è “parzialmente soddisfatto”, dice che ciò che ha contato davvero nel 2014 è stato “portare un pezzo importante dell’Europa a ragionare in modo diverso rispetto al passato”, aggiunge che “tutto è cambiato dopo il vertice G20 in Australia, dove abbiamo trovato un modo comune di provare a far cambiare verso all’Europa”. Ma quando il cronista fa notare che un anno fa un tale Matteo Renzi candidato alla segreteria del Pd inserì al punto numero cinque del suo programma sull’Europa un capitalo dedicato all’idea di “superare il tre per cento” il presidente del Consiglio dice che il ragionamento è più complicato: “Mi spiego meglio. Io oggi da presidente del Consiglio devo impegnarmi per rispettare le regole. Ma questo non mi vieta di spiegare anche che, come dicevo un anno fa, i parametri di Maastricht sono anacronistici. E nel 2015 vedrete che questo sarà un punto centrale della nostra azione di governo, anche in Europa. E’ un impegno”. L’Europa però, continua Renzi, rilanciando un suo vecchio cavallo di battaglia, “non può essere soltanto una questione di numeri e di parametri ma è qualcosa di più che riguarda la nostra identità culturale e il nostro rapporto con i vicini di casa”. E i vicini di casa a cui Renzi fa riferimento sono due: da un lato la Russia, dall’altro lato la Libia. “Rivendico con forza e senza ipocrisie di essere stato uno dei primi capi di governo in Europa ad aver posto un problema preciso rispetto al rapporto con Putin. Occorre essere severi nel punire azioni inaccettabili come quelle che abbiamo registrato in Ucraina. Allo stesso tempo la Russia, anche nei confronti dell’Europa, ha un ruolo strategico, bisogna mediare, trovare un punto di incontro, far leva sulla diplomazia, perché nessuno oggi può avere un interesse vero a mettere in ginocchio la Russia. Insisto: si tratta di un passaggio fondamentale”. E sulla Libia, se possibile, il discorso è ancora più delicato. “Le tensioni libiche ci riguardano da vicino e l’idea del nostro governo è quello di fare tutto quello che sarà necessario per garantire anche la nostra sicurezza. Oggi siamo fermi alla diplomazia ma quando hai un paese dalle cui coste possono arrivare fino a 150 mila persone è ovvio che in prospettiva non si possa escludere nulla. Non possiamo far finta di niente: la Libia è lì accanto a noi, e tocca anche a noi, nelle forme che l’Onu deciderà, essere la guida di un processo di pace”. La nostra chiacchierata con Renzi viene interrotta per una buona ventina di minuti da una serie di telefonate non riferibili legate a complicati equilibri parlamentari su maxi emendamenti, incardinamento della legge elettorale, ferie dei deputati, colloqui con ministri.
[**Video_box_2**]Tra una telefonata e un’altra il cronista prova a stimolare il presidente del Consiglio su altri punti. La conversazione è caotica, i telefoni squillano continuamente, il centralino va in sovraccarico, e conversando in modo surreale da una stanza a un’altra Renzi ci offre spunti su Beppe Grillo, Matteo Salvini, la legge elettorale, Google, la Rai, Cdp. Dei flash. Grillo: “Più lo osservo più sono contento di aver contribuito a riportare un talento puro nella sua dimensione: la comicità. Credo che Grillo sia pronto, finalmente, a tornare a calcare le scene internazionali con i suoi spettacoli e gli faccio in bocca al lupo di cuore per la sua tournée. Auguroni Beppe!”. Salvini: “Salvini una minaccia? Per me va benissimo che sia percepito come il mio avversario. Lui scommette sul fallimento del sistema, io scommetto sul cambiamento del sistema. Lui sono 15 anni che lavora in Europa, senza che nessuno si sia mai accorto della sua presenza nelle istituzioni, e anzi mi sembra un po’ ingrato che oggi si scagli in modo così veemente contro le stesse strutture che gli hanno messo per molto tempo un ottimo stipendio a disposizione, io l’Europa provo a cambiarla. Salvini mi fa ogni giorno un regalo, ringrazio anche lui”. E la Rai? “Il prossimo anno cambierà anche la Rai. In un tweet direi che diventerà libera e forte, ma di questo ne riparleremo”. E Cdp? “Anche attraverso l’operazione Ilva, in cui Cdp indirettamente collabora, credo sia necessario pensare a come farla cambiare e come renderla adatta a risolvere altre potenziali situazioni come quella di Taranto”. Google? “Io sono favorevole in linea di principio a far sì che le grandi multinazionali che fanno ottimi affari nei paesi membri paghino le tasse in quei paesi e non facciano giochini in altri paesi. Si tratta però di un problema che si deve affrontare non con qualche emendamento ma in sede europea. Faremo anche questo”. Il tempo finisce, Renzi ci congeda, continua le telefonate sui maxi emendamenti e la legge elettorale, e prima di uscire ci lancia un altro tweet. “Io non so come spiegarlo ma sono convinto di quello che sto per dire. Stiamo facendo una rivoluzione. Può piacere o no. Può essere più o meno utile per i sondaggi. Ma le cose stanno così. E sono convinto che quest’anno lo abbiamo dimostrato”.
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