Un filosofo contromano
Come si fa a essere conservatori
Il filosofo Roger Scruton rimuove la patina opaca dalle idee e dai comportamenti di una minoranza mondiale con radici antiche.
Smonta la neolingua dell’ideologia progressista mainstream. Un libro.
Il conservatorismo consiste nell’impedire alle cose di accadere finché non siano prive di pericoli”: lo diceva il terzo Marchese di Salisbury, grande primo ministro conservatore della Regina Vittoria all’apogeo dell’Impero. Discendeva da Robert Cecil, Lord Burleigh – eminenza grigia e segretario di stato della regina Elisabetta I – il cui nipote, a sua volta segretario di stato, avrebbe in seguito gestito la successione fra Elisabetta Tudor e James Stuart nel 1603.
Non è un caso, quindi, se il filosofo Roger Scruton ha chiamato The Salisbury Review il trimestrale da lui fondato nel 1982 e che ha diretto fino al 2009. Una piattaforma di robusto conservatorismo e un’oasi felice, per il giovane e brillante professore di Filosofia, nel benpensante deserto marxista del Birkbeck College (alla London University), presieduto dallo storico Erich Hobsbawm, impenitente apologeta dell’Urss. The Meaning of Conservatism, pubblicato da Scruton nel 1980, avrebbe rovinato la sua carriera di professore di Estetica nel Regno Unito.
Nonostante il nobile dedicatario della sua rivista, Scruton è ben lontano dall’essere un aristocratico di nascita. La sua famiglia appartiene alla fascia più bassa della middle class di provincia, suo padre era insegnante e sindacalista, e dalle elementari fino a Cambridge Scruton ha usufruito di borse di studio. Nato nel 1944, è stato anche, come molti della sua generazione, un “militante”. Solo che nel suo caso significò insegnare clandestinamente filosofia in Cecoslovacchia, dal 1979 al 1989, ed essere arrestato ed espulso dalla polizia politica. Occupazioni delle università e barricate sulla Rive gauche non facevano per lui. Il suo apprendistato di conservatorismo alla Burke lo fece nella Resistenza, prima che cadesse il Muro. Accadde nel Quartiere latino di Parigi, nel maggio del 1968. “Realizzai improvvisamente che stavo dall’altra parte. Quello che vedevo era un gruppo sregolato di auto indulgenti hooligan della classe media. Quando chiesi ai miei amici che cosa volessero, e che cosa stessero cercando di ottenere, tutto ciò che ottenni come risposta fu quel ridicolo, incomprensibile linguaggio marxista. Ne fui disgustato, e pensai che ci dovesse essere un modo di difendere la civiltà occidentale da tutto quel ciarpame. Ecco quando sono diventato un conservatore. Sapevo di voler conservare e non distruggere le cose”.
Il più recente libro di Roger Scruton, uscito a ottobre, si intitola How to be a Conservative (Bloomsbury) ed è un vero testamento politico. Non si tratta di un manifesto ma di un promemoria per agire in quell’ambito che si trova tuttora “dietro le linee nemiche”. Con poetica coincidenza, è stato appena pubblicato anche The SOE Manual: How to be an agent in Occupied Europe. Desecretato solo oggi, contiene una serie di lezioni di addestramento tenute alla Beaulieu Abbey agli agenti Soe (Special Operation Executive) che furono rigorosamente selezionati, durante la Seconda guerra mondiale, per infiltrarsi – con un cinquanta per cento di possibilità di doversi trovare ad affrontare interrogatori aggressivi e/o la morte – nell’Europa occupata dai nazisti.
In quello stesso spirito, Scruton apre il suo nuovo libro con un avvertimento: “E’ importante essere consapevoli dei termini che abbiamo ereditato da teorie morte. Possono avere autorità, ma possono anche distorcere le nostre percezioni e opprimere la nostra consapevolezza con quella ‘neolingua’ così brillantemente ridicolizzata da Orwell in ‘1984’”. Effettivamente Scruton è “figlio” di Orwell sotto parecchi aspetti; entrambi toccano toni elegiaci nel descrivere l’Inghilterra, che per Orwell era “una famiglia con le persone sbagliate a dirigerla”. Ed entrambi condividono un attaccamento viscerale per il bucolico paesaggio inglese della valle del Tamigi.
Il primo obiettivo del totalitarismo è annientare la memoria, in modo da controllare il presente e, di conseguenza, il futuro. Il Common Sense del Common Man è il fondamento della Common Law. In effetti, la Common Law ha rimosso, in successione, il potere arrogante dei baroni feudali nel XV secolo, il potere di una chiesa leale verso lo straniero nel XVI secolo e il potere dell’inaffidabile “Carlo Stuart, uomo di sangue” che “dichiarò guerra alla sua stessa gente” nel XVII secolo. Cantava la rivolta dei contadini del 1381: “When Adam delved and Eve span / Who was then the gentleman?” (“Quando Adamo zappava ed Eva filava / chi era il nobile allora?”).
Conservatorismo, nell’anglosfera, è la reinterpretazione di antichi diritti, in modo da dare nuovo vigore a un’organica riparazione delle attuali ingiustizie, che al contempo non lasci da parte né l’eredità dei nostri antenati né i nostri eredi, rompendo con una tradizione vitale. I conservatori non dovrebbero mai sradicare le istituzioni “fino alla radice”, ma dovrebbero potarle per permettere loro una crescita più sana. “Il fatto che sotto la quercia che cresce ci sia una moltitudine di rumorose cavallette non significa che non ci possa essere anche una serena mandria di mucche al pascolo”, riassume sinteticamente Edmund Burke. In effetti, per Burke e Scruton, “un diritto fuori contesto è sbagliato”.
Il conservatorismo consiste nell’impedire alle cose di accadere finché non siano prive di pericoli, diceva Lord Salisbury, primo ministro della Regina Vittoria (qui in un ritratto di Winterhalter)
In un momento nel quale tutti i partiti politici, volenti o nolenti, si stanno frammentando e si ritrovano a non essere più rappresentativi, oltre che fuori sincrono con gli istinti della massa delle persone comuni (solitamente conservatrici), nel suo libro Scruton dimostra il suo rigore filosofico nel modo di affrontare un nuovo cambiamento nelle priorità.
Alla base di qualsiasi pensiero conservatore c’è l’Habeas Corpus, che è anche il precedente giuridico della Common Law (così come della libertà americana), dal momento che venne incorporato nella Magna Charta (articolo 39), nel 1215. Un articolo, ricorda Scruton, che “rende il governo servitore e non padrone dei cittadini”. Questo è il mito fondatore che tutti, compresi i conservatori, cercano di onorare e osservare attentamente. Winston Churchill, che cambiò due volte partito ed era figlio del politico che fondò la Tory Democracy, dichiarò: “Più indietro si guarda, più lontano si può guardare”. Fu per il suo copioso lavoro di ricerca storica che Churchill vinse il Nobel per la Letteratura nel 1952 (mentre lui voleva quello per la Pace!). Ma infine eccoci qui.
“Non è insolito essere un conservatore. Ma è insolito essere un conservatore intellettuale”, leggiamo nell’incipit di “How to be a Conservative”. In Gran Bretagna e in America, qualcosa come il settanta per cento degli accademici si definisce “di sinistra”, mentre la cultura corrente è sempre più ostile ai valori tradizionali, e a qualsiasi rivendicazione dei grandi risultati raggiunti dalla civiltà occidentale. I conservatori normali – e molte, se non la maggior parte, delle persone ricomprese in questa categoria – si sentono continuamente dire che le loro idee e i loro sentimenti sono reazionari, pieni di pregiudizi, sessisti, razzisti.
Semplicemente perché sono ciò che sono, vanno contro le regole di inclusione e non-discriminazione. I loro onesti tentativi di vivere autonomamente, crescere le loro famiglie, far parte della comunità, adorare i propri dèi e adottare una cultura radicata e affermata – tutti questi tentativi sono sbeffeggiati e ridicolizzati dalla “Guardian class” (nel senso del giornale progressista inglese). Nei circoli intellettuali i conservatori si aggirano con calma e discrezione, riconoscendosi con uno sguardo come gli omosessuali di Proust, paragonati dal grande scrittore agli dèi omerici, “noti solo l’uno all’altro mentre si aggirano mascherati nel mondo dei mortali”.
“Il temperamento conservatore è una caratteristica nota delle società umane. E’ ovunque così, ma è soprattutto nelle nazioni anglofone che i partiti politici si autodefiniscono conservatori”, che vantano la tradizione inglese della Common Law e che valutano la libertà al di sopra di ogni cosa: ma la libertà di chi, esercitata, definita e circoscritta in quali modi? Questo è ciò che l’ex missionario del conservatorismo nella Cecoslovacchia comunista, dove insegnava clandestinamente filosofia nelle cantine, cerca di delineare.
Roger Scruton. “How to be a Conservative”, pubblicato in ottobre, è il suo libro più recente
Se per il terzo Marchese di Salisbury il conservatorismo significava “ritardare”, per Scruton tutti sono conservatori, nel senso che conservano le cose che conoscono. Ciò divenne chiaro a Scruton osservando suo padre Jack, che vedeva la storia inglese come una infinita lotta di classe, ma che fece della difesa dalla cementificazione suburbana della campagna rurale e del paesaggio tradizionale attorno a Aylesbury lo scopo della propria vita nonché la sua eredità. Siamo tutti conservatori!
“Qualsiasi sia la nostra religione o la nostra convinzione individuale, siamo gli eredi collettivi di cose rare ed eccellenti, e la vita politica ci offre quello che dovrebbe essere il nostro obiettivo principe, cioè tenere strette queste cose per poterle poi passare ai nostri figli”.
Scrive ancora Scruton, sposando Adam Smith ed Edmund Burke, che “il mercato è in grado di fornire una razionale allocazione di beni e servizi solamente se esiste fiducia fra i partecipanti, e la fiducia esiste solo quando le persone si assumono la responsabilità delle proprie azioni e sono responsabili verso coloro con i quali hanno dei rapporti”. In effetti “alla base di ogni società nella quale l’individualismo ripaga, c’è un fondamento di auto-sacrificio”. “L’errore di ridurre l’ordine politico a mere operazioni di mercato va in parallelo con l’errore del socialismo rivoluzionario, che riduce la politica a un piano”.
Il principio fondante della società non è un contratto. E’ invece più simile all’amore, nella condivisione di un’eredità che appartiene ai morti, ai vivi e a chi deve ancora nascere, nella quale circoscriviamo le nostre richieste, vedendo noi stessi come parte di una catena ininterrotta di dare e ricevere. “Attraverso il loro disprezzo per le intenzioni e le emozioni di quelli che costruiscono cose (scuole, ospedali, chiese), le rivoluzioni hanno sistematicamente distrutto la scorta di capitale sociale, e questo i rivoluzionari lo hanno sempre giustificato con un impeccabile ragionamento utilitaristico: l’Homo oeconomicus entra nel mondo senza un capitale sociale proprio e consuma tutto ciò che trova”. Ma “le importanti tradizioni sociali non sono semplici reliquie casuali, che possono o non possono sopravvivere nel mondo moderno. Esse sono una forma di conoscenza”. I pregiudizi, secondo Burke, rappresentano la saggezza popolare acquisita per osmosi. Usano la prima persona plurale come in “We, the people” (preambolo della Costituzione americana, ndr). Questo ha senso solo se le generazioni future sono ricomprese nella formazione di una società duratura.
Scruton sottolinea quindi l’attuale e pressante bisogno di C/conservatorismo. Rimane da analizzare la verità/falsità per il Conservatorismo delle parole di moda al centro delle polemiche contemporanee: nazionalismo, socialismo, capitalismo, liberalismo, multiculturalismo, ambientalismo, internazionalismo e persino lo stesso conservatorismo.
Quella crisi fiscale così mal gestita e piena di neologismi appena coniati e già mal digeriti che fu la Rivoluzione francese, ha portato “nazionalismo” a stravincere su tutto, legge e divinità, come primaria obbedienza dei “cittadini”. Con l’aiuto di Napoleone esso diventò virale. Eppure nel Trattato di Roma fu visto dalle nazioni sconfitte come la causa dei loro conflitti interni.
Ma questa reazione era giusta per un conservatore moderno? Il nazionalismo è pericoloso quanto ogni altra ideologia, specialmente quando diventa una religione. Eppure, nel mondo reale l’identità nazionale è, come la famiglia, una comunità di vicini nella quale è possibile non essere d’accordo senza che sorgano conflitti all’interno dell’identità stessa. Esiste la possibilità di dissentire. Inoltre, solo la legge che deriva dalla sovranità nazionale può sviluppare la politica del compromesso, dato che tutti viviamo assieme nella stessa casa, e dato che la legge secolare si adatta e le leggi religiose, come la sharia, affermano invece che la legge è imperscrutabile.
“Quando noi facciamo le leggi, e le facciamo per i nostri scopi, dobbiamo essere sicuri di ciò che significano. La sola domanda quindi è: ‘Chi siamo noi?’. Nelle condizioni moderne, la nazione è la risposta a questa domanda, una risposta senza la quale finiamo tutti in alto mare. Un conservatore dovrebbe opporre ferma resistenza a questa ‘cultura del ripudio’”.
Ci sono delle verità nel Socialismo che il Conservatorismo può condividere? “I socialisti credono, in un qualche senso profondo, che gli esseri umani siano tutti uguali e che, quando si parla dei vantaggi conferiti dall’essere parte di una società, l’eguaglianza deve mostrare se stessa nel modo in cui le persone sono trattate”. In realtà i conservatori potrebbero essere d’accordo se si intendesse “eguaglianza di opportunità”. I socialisti, aderendo alla dottrina della “giustizia sociale”, credono invece a una “eguaglianza di risultato”, in cui la povertà relativa non è una condizione sfortunata ma un’ingiustizia. Per Scruton, “nessuna prima persona plurale può emergere in una società divisa al proprio interno, nella quale gli antagonismi e la guerra di classe eclissano qualsiasi comprensione del destino comune”.
Per Scruton, “la vera perversione del socialismo non va cercata nelle teorie scombinate che affascinavano Marx, e nemmeno nelle teorie di giustizia sociale proposte da pensatori come Rawls. La vera perversione sta in quella peculiare fallacia che vede la società come una realtà nella quale il successo di uno è il fallimento di un altro”. Aggiunge poi che “il socialismo come sprone a rettificare l’ordine esistente dovrebbe avere appeal su tutti noi. Ma come tentativo di rivedere la natura umana… era una fantasia pericolosa, un tentativo di realizzare un paradiso che inevitabilmente avrebbe portato all’inferno”.
E “La verità nel Capitalismo”? “E’ importante essere consapevoli dei termini che abbiamo ereditato da teorie ormai morte. Possono anche avere un’aura di autorità, ma distorcono la nostra percezione… con la neolingua”. Eppure, come dimostrano Hayek e Mises, al contrario di quanto avviene in un’economia pilotata, il prezzo di un prodotto nel libero mercato fornisce informazioni economiche affidabili solo se l’economia è, appunto, libera. Così come l’ordine legale è sorto spontaneamente e non attraverso un piano razionale, così è avvenuto con l’ordine economico. Hume, Smith, Burke e Oakeshott non vedono tensione fra il libero mercato e un ordine sociale tradizionale. Eppure Scruton vede abitudini sessuali e religione come non negoziabili, e quindi senza prezzo. Infatti per lui “nessuna economia di mercato può funzionare senza il supporto di sanzioni legali e morali atte a mantenere gli individui legati ai loro affari, e a riversare il costo del cattivo comportamento su colui che lo ha causato”.
I conservatori dovrebbero opporsi al mondo dei paradisi fiscali, dei derivati non tassati, delle aziende che, come i supermercati, costringono altri a pagare parte del vero costo del prodotto non riciclando gli imballaggi, e creando quindi un falso margine competitivo attraverso un trasferimento di costi.
E poi, c’è “La verità del Liberalismo”. La religione è una condizione statica che pretende sottomissione indiscussa; la politica è un processo dinamico che offre partecipazione, discussione e legiferazione basandosi sul consenso. Eppure l’avvento dei “Diritti umani”, specialmente dall’articolo 22 della Dichiarazione in poi, significa ciò che Dworkin definì con “I diritti prevalgono [su tutto]”. Anche se lo scopo originale per i diritti naturali nel liberalismo di Locke era di proteggere l’individuo dal potere arbitrario. Ora nuove concezioni dei diritti umani garantiscono diritti a un gruppo, in modo che lo stesso possa negare diritti a un altro: avete un certo diritto, in quanto membri di qualche minoranza etnica o classe sociale, che non può essere vantato da ogni cittadino.
[**Video_box_2**]Si tratta di un cambiamento profondo nella filosofia liberale. La Legge non è più ugualmente libera per tutti, e i conservatori dovrebbero opporsi a tutto questo: “Allo stesso tempo, invece di limitare il potere dello stato, presunti diritti umani hanno cominciato ad aumentare tale potere, e a introdurre lo stato in tutte le nostre dispute, dalla parte del favorito. I diritti, che per il liberale sono il sine qua non della politica pacifica, diventano quindi una dichiarazione di guerra contro la cultura della maggioranza”.
Tutto questo porta Scruton alla “Verità del Multiculturalismo”. Il Conservatorismo come filosofia apolitica venne alla luce con l’Illuminismo, figlio della rivoluzione scientifica, del superamento del conflitto religioso, del sorgere dello stato secolare e del trionfo dell’individualismo liberale, assieme al concetto che i governanti devono rispondere ai governati. “La cultura britannica ha sviluppato una caleidoscopica multicultura; eppure essa è ancora una cultura, che permette alle persone un’ampia gamma di stili di vita, con religione e costumi familiari che rimangono nel privato, pur conservando l’appartenenza alla sfera pubblica attraverso accordi trasparenti e lealtà condivisa. Per questo definisce questo dominio pubblico in termini legali e territoriali”.
“Quindi, cosa succede quando persone la cui identità è fissata da un credo o da un’affinità emigrano in posti governati dalla cultura occidentale?”. A giudizio di Scruton, lasciar loro lo spazio necessario a far fiorire la loro cultura è la ricetta per il disastro. Possiamo dare il benvenuto ai migranti solo se li includiamo nella nostra cultura, non al suo fianco o contro di essa. Ma questo significa dire chiaramente che devono accettare regole, usi e procedure che possono risultare alieni rispetto allo stile di vita precedente. Ma in fondo non è così. Se i migranti arrivano è perché hanno un vantaggio nel farlo, ed è ragionevole, di conseguenza, ricordare loro che c’è anche un costo.
La questione di chi accetta il costo è anche fondamentale per “La verità dell’Ambientalismo”. I Conservatori sostengono la visione di Burke di una società come partnership fra i viventi, coloro che ancora non sono nati e chi non è più in vita; significa credere nella libera associazione di vicini piuttosto che nell’intervento dello stato. L’oikophilia (l’amore per la casa), porta di per sé verso la causa ambientalista: perché, allora, non è stata accolta dai partiti conservatori dell’anglosfera? Secondo Scruton per due ragioni: in primo luogo, la causa conservatrice è stata infiltrata eccessivamente dal Big Business; secondo, la propaganda agitata dagli ambientalisti di sinistra sembra insuperabile e capace solo di portare a interventi internazionalisti che necessitano di rinunce alla sovranità.
Le grandi imprese sono reattive rispetto alla domanda. Anche noi comunque esternalizziamo i nostri costi e li esportiamo verso gli altri e a carico delle future generazioni, quando prendiamo un aereo o guidiamo un’automobile. Non aggiungendo i costi esternalizzati, neghiamo il vero prezzo di libero mercato e confondiamo il mercato! La soluzione non è di tipo socialista – abolire la libera economia e conferire un enorme potere a una burocrazia che non rende conto di ciò che fa. PENSA GLOBALMENTE, AGISCI LOCALMENTE! Le nazioni sono predisposte ad affermare la loro sovranità, e lo slogan ecologico conservatore dovrebbe essere SENTI LOCALMENTE, PENSA NAZIONALMENTE! Il modello per affrontare la vera minaccia del riscaldamento globale è nella storia della creazione di grandi città industriali, come nella Gran Bretagna del Diciannovesimo secolo, che ha sopportato inizialmente squallore sociale e ambientale. Eppure, nell’arco di due generazioni, grandi riformatori, generalmente conservatori, risolsero il problema dell’inquinamento, riformarono l’istruzione, crearono parchi pubblici e abitazioni salubri. Ciò dimostra che le soluzioni politiche emergono dall’interno e sono plasmate sulle motivazioni della gente reale, non sono imposte dall’alto o dall’esterno.
Arriviamo così alla “Verità nell’Internazionalismo”. “Il Conservatorismo non è, per sua natura, internazionalista, ed è sospettoso di qualsiasi tentativo di controllare la legislazione e il governo della nazione da un posto che si trovi al di fuori dei suoi confini. Riconosce la verità del liberalismo, cioè che il processo politico può essere fondato sul consenso solo se si riconoscono i diritti dell’individuo. Ma l’opposizione, il disaccordo, la libera espressione di visioni provocatorie e il ruolo del compromesso, tutto ciò presuppone un’identità condivisa”.
“Se le democrazie devono difendersi da crescenti minacce, è più necessario che mai adottare una prospettiva nazionale piuttosto che transnazionale. La globalizzazione, la facilità di spostarsi e la rimozione delle barriere alla migrazione hanno cambiato la natura delle minacce. Ma non hanno cambiato l’efficace risposta a esse, che è, come ci ha insegnato Clausewitz, quella di disarmare il nemico in modo da imporgli la nostra volontà. Il nemico è ora nascosto fra le reti globali. Ma questo, lungi dal rendere l’approccio internazionale più utile, lo rende meno utile. I nemici possono essere affrontati solo se prima vengono portati alla luce. Significa portarli alla luce da qualche parte, come gli americani hanno fatto con al Qaida in Afghanistan. La globalizzazione può aver reso più difficile difenderci dagli attacchi terroristici, ma nonostante tutto continueremo a difendere il territorio, il luogo in cui ci troviamo, e a dare la caccia ai nostri nemici nei luoghi in cui essi si trovano”.
“Questa è la direzione che i conservatori sperano di prendere, e uno dei principali ostacoli è il desiderio internazionalista di dissolvere tutti i confini, governando il mondo da nessun luogo”.
Qual è, quindi, per Scruton “La Verità del Conservatorismo? “Il Conservatorismo non ha a che vedere con la correzione della natura umana, e nemmeno con il plasmarla su una qualche concezione di ideale razionale. Esso tenta di capire come funzionano le società, e di fare in modo che vi sia lo spazio necessario affinché esse lavorino con successo. Il suo punto di partenza è nella psicologia profonda della persona umana. La sua filosofia fondamentale non è mai stata colta tanto bene quanto nella ‘Fenomenologia dello Spirito’ di Hegel, nella quale si dimostra come auto-consapevolezza e libertà emergano attraverso l’avventurarsi dell’uno verso l’altro; come le relazioni di conflitto e dominio siano sconfitte dal riconoscimento di reciproci diritti e doveri; e come, nel corso di questo processo, l’individuo non abbia solo libertà di azione ma anche senso dei suoi valori e di quelli dell’altro. Il processo nel quale gli esseri umani acquisiscono la loro libertà costruisce anche i loro legami, e le istituzioni della legge, dell’istruzione e della politica sono parte di ciò: non sono cose che scegliamo liberamente da una posizione di attaccamento, ma cose attraverso le quali acquisiamo la nostra libertà, e senza le quali non esisteremmo come agenti pienamente consapevoli”.
Sono sei i concetti centrali illustrati da Scruton. Il primo è quello che mette in relazione Associazione e Discriminazione. La libera associazione ci è necessaria non solo perché “nessun uomo è un’isola” ma anche perché i suoi valori intrinseci emergono dalla cooperazione sociale. Non sono imposti dall’alto, da un’autorità esterna o dalla paura. Crescono dal basso, attraverso relazioni d’amore, rispetto e reciproca responsabilità. La libertà di associarsi con chi e con ciò che scegliamo, come per esempio le scuole private, surclassa le pretese di “uguaglianza di risultato” così come le rancorose “discriminazioni positive” o “affirmative action”. In realtà l’unica soluzione al problema del risentimento è proprio la mobilità sociale. Le opportunità si arricchiscono non tarpando le ali alle cose, ma lasciandole fiorire, il che significa permettere alle istituzioni autonome di crescere. Nessuno avrebbe immaginato che lo studio decennale del greco e del latino sarebbe stato la perfetta preparazione al multiculturale Impero Britannico. E nessuno avrebbe potuto predire che il lavoro astruso dell’algebra di Boole e della logica di Frege ci avrebbero portato all’èra digitale. Sono solo due esempi dell’utilizzo di cose “inutili” senza pianificazione statale. Sono esempi del Modello Conversazionale.
Secondo ciò che afferma Hayek, l’ordine civico dovrebbe emergere spontaneamente dalla mano invisibile del nostro relazionarci con gli altri. Deve necessariamente essere consensuale, ma non intenzionale come un contratto, bensì emergere da passi quotidiani che facciamo per apportare migliorie, accomodamenti e correzioni; ciò che Kant definirebbe “atto a uno scopo senza avere uno scopo”. La visione della polis presentata da Aristotele è quella di una società organizzata allo scopo dell’amicizia, nella quale la sua più alta forma, l’amicizia della virtù, è incoraggiata non solo fra individui ma anche fra individui e stato. In ogni caso, come sempre, devono essere evitate le forme estreme, e i conservatori devono rifuggire gli estremi non-discriminanti del pensiero libertario.
E’ il caso della Difesa della Libertà. Non solo per Scruton le forze armate sono “un ordine civile esistente in modo indipendente”, ma lo è anche l’avvocato esperto sia nella legge britannica sia nella Sharia, e il concetto alla base della forza di polizia inglese, che non esiste per controllare l’individuo ma per renderlo libero. “La Common Law è dalla parte del cittadino contro coloro – siano essi politici in ascesa o comuni criminali – che sperano di piegarlo senza tenere conto della sua volontà. E’ questa la concezione della legge alla base della politica conservatrice nel mondo anglofono, ed è ciò che più deve essere difeso, ora, contro le forze che si stanno raccogliendo per combatterlo”.
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