Glik, il tuttofare granata che anche Nereo Rocco avrebbe adorato
Un intruso, Kamil Glik, come lo è Lorenzo Tonelli. Di professione fanno i difensori, entrambi centrali. Eppure li vedi tenere compagnia agli attaccanti, quelli che per mestiere dovrebbero annullare. Hanno già segnato quattro reti a testa, i più bravi – finora - anche nelle aree avversarie altrui.
Un intruso, Kamil Glik, come lo è Lorenzo Tonelli. Di professione fanno i difensori, entrambi centrali. Eppure li vedi tenere compagnia agli attaccanti, quelli che per mestiere dovrebbero annullare. Hanno già segnato quattro reti a testa, i più bravi – finora - anche nelle aree avversarie altrui. Quelle del difensore dell'Empoli sono spesso figlie degli schemi che Maurizio Sarri studia e fa provare fino alla paranoia. E con ragione, visto che il gol alla Fiorentina è stato il nono di stagione su palla inattiva. Quelle del centrale del Torino sono invece frutto della determinazione con cui il polacco lotta in ogni situazione, in ogni zona del campo. Un toccasana nella stagione che ha fatto seguito alla sbornia targata Cerci&Immobile.
Doveroso il passo indietro, a poco più di un anno fa. Giampiero Ventura decide di scommettere su una coppia d'attacco tutta nuova. Ciro Immobile arriva dal Genoa via Juventus, dopo un campionato che definire fallimentare appare generoso. Al suo fianco il tecnico piazza Alessio Cerci, per l'orrore delle abituali cassandre granata, che vedevano tale spostamento come un abominio tattico ai danni di un'ala vecchio stile. Risultato? Immobile 22 gol, Cerci 13, per un duo che fa scorrere una lacrima furtiva nel ricordo di Graziani-Pulici. Il Torino approda in Europa League, i due entrano stabilmente nel giro azzurro, Urbano Cairo sorride felice: al mercato fanno più o meno 25 milioni per cedere Immobile al Borussia Dortmund e Cerci all'Atletico Madrid. Operazioni che gonfiano le casse granata ma che, per una sorta di contrappasso, producono risultati negativi sul campo: Immobile oggi è ultimo in Germania, Cerci non gioca mai in Spagna e il Torino...
Il Torino, per l'appunto. Senza quei due là davanti, la vita si è fatta decisamente dura, tra un Larrondo abile unicamente nello sbagliare i rigori e un Amauri impegnato più a dimostrare di non essere sovrappeso che a segnare. Una penuria cui ha pensato di ovviare Glik, reinventandosi un mestiere, lui che goleador non era mai stato. La rete per la rimonta vincente a Cagliari, poi quella del 2-2 con il Palermo (inframmezzata, già che c'era, da un gol con la Polonia contro la Georgia). Infine la doppietta di domenica per riagguantare e sorpassare il Genoa, in una partita oggi agonisticamente tra le più sentite, una volta spezzata la retorica pace sociale tra le due tifoserie (e le due squadre) nell'anno della retrocessione granata. Una prestazione classica alla Glik, in cui il difensore è entrato in parecchie situazioni, nel male come nel bene: prima avviando il vantaggio avversario con un pallone mal gestito, quindi rischiando seriamente un rigore ai danni di Matri e non visto dall'arbitro, infine realizzando in una decina di minuti l'uno-due che ha tolto i suoi dagli affanni, trasformandolo nel migliore marcatore granata. Insieme con Quagliarella, l'unico in grado di tenere alto l'onore degli attaccanti.
[**Video_box_2**]Colpe e meriti alla fine spesso si annullano, ma ai tifosi piace così. Lui sostiene – non si sa con quanta consapevolezza – di non capire perché la gente gli voglia tanto bene. Basta però guardare alla storia granata per comprendere come Glik vi si inserisca alla perfezione, a maggior ragione oggi che è anche il capitano. I sostenitori del Torino vanno letteralmente fuori di testa per chi dà tutto se stesso, in ogni circostanza. Solo da loro poteva trovare cittadinanza “il generoso” Francesco Graziani oppure mondare le proprie colpe bianconere uno come Pasquale Bruno. Glik è amato per questo: perché non molla mai, perché non cede fino all'ultimo istante, perché Nereo Rocco avrebbe adorato uno che "colpisce tutto quello ciò che si muove a pelo d'erba, se poi è il pallone, è meglio". Gente disposta a perdonargli l'espulsione nel primo derby al ritorno in A (poi perso 3-0), perché giunta dopo una terribile entrata sul povero Giaccherini. Il Torino ha e avrà sempre bisogno di giocatori come Glik, capaci di andare oltre i propri limiti per sanare le situazioni complicate. Anche di trasformarsi in ciò che non sono chiamati a essere.
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