L'opulenza non è oscena neanche a Natale (vale anche per il Card. Bertone)
Il Natale è il regalo che Dio fa a noi tutti, un bambino che nasce in una grotta al freddo e al gelo e appena adolescente sconvolge i dottori del Tempio, instaurando una religione che da duemila anni illumina i credenti e, in controluce, anche i miscredenti.
Il Natale è il regalo che Dio fa a noi tutti, un bambino che nasce in una grotta al freddo e al gelo e appena adolescente sconvolge i dottori del Tempio, instaurando una religione che da duemila anni illumina i credenti e, in controluce, anche i miscredenti. Il dono di Sé che Dio ci fa è incomparabilmente prezioso, ma ben vengano anche cenoni e mercanzie; Dio osserva e sorride. Ecco tutto compunto avanzare un uomo che per l’occasione, stimandosi un mostriciattolo, è corso a travestirsi da un rinomato sarto. Non gli basterà, anzi, sarà la sua rovina. La credenza che un taglio di classe possa elevare chi lo indossa è del tutto allucinatoria, presuntuosa e patetica. Di colui che si affanna a celare la propria presunta bruttezza non si dirà “guarda come è elegante”, ma “guarda come si vergogna”. Non c’è bruttezza, se non quando si cerca di nasconderla. Elegante è colui che nemmeno sa quel che indossa, e sorride stupito quando glielo fanno notare. Elegante chi guardandosi allo specchio vede due pesciolini di De Pisis, odorosi di mare e di morte.
Gesù è nudo nella grotta, vestito dal fiato degli animali. I suoi genitori erano assai sobri; i Re Magi, invece, sfoggiavano con grande naturalezza abiti sfarzosi, e va bene così. Ma se dopo i primi successi gli apostoli si fossero addobbati da fighetti sarebbe stato un disastro. Pochissimi gli uomini capaci di sfoggiare vesti sontuose senza soccombervi. Per conto mio apprezzo le scarpe scalcagnate, i maglioni un po’ spelacchiati, le camice lise con dignità, i calzini bucati, i cappotti del papà, le giacche comprate una trentina d’anni fa. Le sciarpe, che pure mi donano, le dimentico sempre a casa.
L’opulenza è oscena? Dipende, occorre distinguere, leggerne la trama profonda. Il cardinal Bertone si è fatto un munifico regalo ed è sotto il fuoco di molti. Tacciarlo di avidità mi sembra un giudizio sommario, mi è difficile pensare che il Cardinale si esponga al pubblico ludibrio per quattro bagni in stile pompeiano e un corridoio su cui pattinare. Credo che si tratti piuttosto di un gesto teologico, l’eterna sfida dell’iconodulia al pauperismo, Versailles contro Port-Royal, di cui priore non è più il disarmato Saint-Cyran ma il potente Papa Francesco. Le parti si sono invertite, debole ora è il gran Cardinale, che tuttavia non si arrende. “Com’è possibile che il Cardinal Bertone abbia il coraggio di fottersene di tutti?”, scandalizzato si chiede Don Mazzi, regalandogli il più alto degli elogi.
[**Video_box_2**]Quanto alle donne, sono libere di vestirsi di quel che vogliono, dispensate in fatto di moda da ogni moralità. La loro fanciullesca felicità riscatta la dubbia bellezza delle cose che comprano; starsene in poltrona per vederle cambiarsi d’abito è pur sempre una delizia, qualsiasi cosa indossino. Vale la loro istessa querida presencia, la entrenable transparencia, il passo incerto o ardito con cui appaiono dal camerino, il gesto rabbioso che strappa di dosso quel che un attimo prima era un idolo, vale tutto in una donna, al pari di Cristo regalo preziosissimo in su misma esencia, e nessun diavolo vestibolario può sfregiarne l’innata elegancia.
Ma perché all’improvviso mi sono messo a scrivere in spagnolo?
Umberto Silva
Il Foglio sportivo - in corpore sano