Nell'anno del trionfo l'Ukip non vuol più parlare di stampelle
“Siamo il Lidl della politica”, ci dice il primo parlamentare viola della storia inglese. I problemi demografici e l’Ue.
Clacton-on-sea (Essex). Potrebbe essere il giovane parroco oppure il medico del paese, Douglas Carswell. L’ex deputato conservatore passato al partito indipendentista di Nigel Farage, l’Ukip, e diventato il primo parlamentare viola nella storia di Westminster, si muove energico e attento nel suo ufficio accanto a un negozio di kebab gestito da uno dei pochissimi immigrati di Clacton-on-sea, propaggine costiera dell’Essex, cinquantamila abitanti di cui un terzo pensionati. Douglas riceve cittadini che, come sempre nel Regno Unito, vanno a chiedere ai loro eletti soluzioni a problemi piccoli che incidono sulle loro vite. Agli ottantenni Russell, per esempio, è stata fatta male la strada davanti a casa, col risultato che le macchine di passaggio gli finiscono in giardino. “Ma Douglas risolverà tutto”, spiega convinta la signora mentre il marito si sistema l’apparecchio acustico e sorride. La segretaria di Douglas intanto risponde gentile a un tipo malconcio a cui hanno tagliato il riscaldamento, e Douglas stesso fa brevi apparizioni tra un appuntamento e l’altro proponendo soluzioni lampo, intervenendo, rassicurando. “La gente non ha votato Ukip, ha rivotato Douglas”, spiega una visitatrice sui quarant’anni con l’aria cospiratoria di chi dice: lui è uno di noi. Non proprio. Suo padre era un medico scozzese in Uganda, pioniere della ricerca sull’Aids le cui esperienze hanno ispirato, dicono, libro e film “L’ultimo re di Scozia”, ma tant’è.
Non c’è comunque traccia di grandi scenari, a Clacton-on-sea, località balneare fanée dove il parco divertimenti sul molo è più spettrale di un set di David Lynch e il principale problema, ammette Carswell, “è che non ci sono abbastanza medici e infermieri”. Una città che ha disperato bisogno di immigrazione, quindi, e Douglas lo sa: “Noi con i nostri elettori siamo sinceri su tutto, e proprio per questo possiamo permetterci un approccio onesto anche quando dobbiamo dire verità scomode”. Non come il Labour, sempre più in difficoltà con il voto popolare come dimostra un documento sfuggito di mano e intitolato “Campaigning against Ukip”, che sul tema dell’immigrazione propone una linea semplice: evitarlo – non parlarne con gli elettori, spostare l’attenzione sulla riforma del sistema sanitario. Anche se a parlare di immigrazione, a Clacton, ci si sentirebbe comunque un po’ ridicoli: la città, canuta più che bianca, ha appena il 4,3 per cento di popolazione straniera, la metà della media nazionale, un decimo del centro di Londra. I primi, poi, sono i tedeschi, seguiti dai polacchi. Tensioni non ce ne sono, conferma Edita, che serve pierogi fatti in casa e altre specialità polacche in un negozietto lindo, unico avamposto “etnico” del centro assieme al kebab, a pochi metri da Marks & Spencer e dalla carrellata di charity shop intitolati a ogni malattia possibile che riempiono le belle strade ampie di Clacton.
Matthew Parris ha scritto un pezzo feroce, odioso e forse vero sulla cittadina, dicendo che quella che si trova lì è “l’Inghilterra sulle stampelle”, l’Inghilterra tatuata e proletaria, nostalgica e spaventata che i Tory dovrebbero smettere di corteggiare, lasciando che l’Ukip si accaparri il mercato del pessimismo e ne diventi, per l’appunto, la stampella, sapendo che ad attendere il partito c’è un futuro in “lycra, non in tweed”, fatto di elettori presi solo a cercare di non morire. Mentre Farage sceglieva con cura le frasi dell’articolo di Parris da far stampare sui suoi manifesti elettorali, qualcuno all’Economist ha detto che nel Regno Unito ormai la partita si gioca tra “comunitaristi” e “cosmopoliti”, tra chi pensa al passato, si lamenta delle élite ed è eurofobo, e chi invece, seguendo la vena mercantile dell’animo britannico, vuole l’apertura e il mare aperto. Clacton contro Cambridge, e pazienza se ci sono decenni di scelte politiche dietro questo divario, e pazienza se c’è l’Ukip a fare incetta di voti che nessuno vuole, confortando gli elettori nelle loro paure e nel loro desiderio di vivere nel passato, nella vecchia Inghilterra incontaminata dalla modernità e dall’immigrazione.
“Ukik”, tu prendi a calci
“Ukik”, “tu prendi a calci”, l’ha soprannominato un gruppo di liceali della Canterbury Academy che ha messo a punto un videogioco, piuttosto brillante, in cui un personaggio chiamato Nicholas Fromage calcia immigrati dalle bianche scogliere di Dover verso la Francia. Vince chi fa arrivare l’immigrato-proiettile più lontano dalla costa britannica, e questo ha messo a dura prova il robusto senso dell’umorismo di Farage, che l’ha definito “patetico”, mentre il partito ha ribadito che la politica sull’immigrazione è ispirata al sistema a punti australiano, pensato per far venire nel paese più cittadini del Commonwealth – realtà per la quale la nostalgia da queste parti non è mai troppa – e meno europei. “Noi siamo venuti qui perché odiamo Londra e i suoi commercianti stranieri’”, spiega Eileen, bella sessantenne bionda mentre scartavetra una delle tante case per le bambole che vende in un negozietto poco distante dalla spiaggia. “Saremo circa 15 in tutto il paese a vendere casette”, prosegue, sistemando piccoli vasi di fiori perfettamente rifiniti sui romantici davanzali di una mansion edoardiana. “La gente viene qui perché può crearsi un piccolo mondo ideale, una casa per le bambole ti permette di prenderti cura delle cose, noi ne abbiamo tre, e abbiamo solo figli maschi”, aggiunge un uomo tarchiato di mezza età dall’aspetto non inglesissimo. “Londra non è più quella che era, io voglio stare tra gli inglesi, non ce l’ho con gli altri, ma io voglio stare tra gli inglesi”, prosegue Eileen mentre serve i clienti. Dell’Europa a loro importa poco, l’immigrazione peserebbe di certo, se solo ce ne fosse, ma quello che conta è l’entusiasmo per il casino che l’Ukip è riuscito a fare fino a ora, per il fatto che in pochi mesi si è dimostrato in grado di mettere in difficoltà il vecchio sistema, di dare un senso di potere a chi si sente scavalcato dalla storia ed è a corto sia di compassione sia di larghe vedute. YouGov sostiene che un britannico su quattro non riuscirebbe a rimanere amico con un elettore dell’Ukip e c’è stato addirittura chi diceva che i prezzi delle case, nelle constituency viola, rischiavano di scendere per via dello stigma sociale.
Davanti a un English breakfast in cui racconta con un po’ di italiano dei suoi anni romani nel rione Monti, Carswell spiega che l’Ukip sta facendo alla politica ciò che Aldi e Lidl hanno fatto al settore della grande distribuzione: “Dimostriamo alla gente che c’è un’alternativa dopo anni in cui le avevano detto che esistevano solo Tesco e Waitrose”. E scandendo con un tono un po’ pomposo i grandi momenti della storia in cui la democrazia ha perso pezzi importanti, con particolare menzione del “furto” operato dal progetto europeo, Carswell ricorda quando nel 2001 ha corso la sua prima elezione contro Tony Blair, perdendo malamente ma facendo sua l’arte sottile delle campagne porta a porta. Lui, educazione privatissima e retroterra solidamente middle class, rimpiange che “la gente neanche si sforzi più di votare”, soprattutto dopo lo scandalo delle spese dei parlamentari e visto quanto l’Ue rende ormai impossibile decidere il proprio destino ai cittadini britannici. Che certo, leggono giornali che raccontano storie strabilianti e falsissime su Bruxelles, “ma tanto le élite ingannano le persone molto più dei tabloid”. Che poi l’Ue è il mondo sognato dalle élite, la negazione del fatto “che la saggezza è superiore presso il popolo”, il quale va ascoltato e assecondato, altro che Matthew Parris. “Perché qualcun altro dovrebbe decidere che cosa mio figlio deve studiare a scuola? Se la tecnologia mi permette di scegliere quasi tutto, perché non posso decidere anche su questo, o sull’illuminazione stradale o su mille altre cose?”. L’elettorato dell’Ukip non è senescente e nostalgico, ma moderno e internazionale, azzarda Carswell.
[**Video_box_2**]“Guardando i tabulati telefonici si vede che la gente qui a Natale chiama in Australia, in America, mica in Europa”. E se da una parte continuano a essere scoperchiati personaggi imbarazzanti – come dimostra il recente ordine di scuderia di non usare Twitter dopo che alcuni esponenti del partito avevano detto cose impresentabili, dall’invito agli africani a suicidarsi a storielle da bar su presunti asini sodomiti, per citarne solo alcune – Carswell lo ammette, “l’Ukip si sta ripulendo” e stanno emergendo personalità di rango, anche femminili, oltre al fatto che il partito sta facendo un favore al paese. “Se non ci fossimo noi la rabbia della gente la porterebbe a votare per i clown come in Italia”, osserva, aggiungendo vezzoso, nel caso l’allusione non fosse stata colta: “Questo non dovrei dirlo”. Alle prossime elezioni come finirà? “Forse con una bella coalizione Labour-Tory, visto che condividono gli stessi valori”, spiega Carswell accompagnando con una gran risata la sua battuta un po’ logora. “Faranno un accordo”, forse, e allora sarà davvero una partita tra “i vecchi partiti politici e noi”.
Il grande errore con Bansky
Poco lontano da Clacton, sempre nella stessa constituency c’è Holland-on-sea, un paesino molto più benestante, dove qualcuno si avventura addirittura ad accollarsi ogni giorno l’ora e mezzo di pendolarismo con Londra. Il mare, per chi ha il coraggio di entrarci, è tra i più puliti del paese, così come nella proletaria Clacton con le sue stampelle, le sue farmacie e i suoi deambulatori. Prima delle elezioni di ottobre Banksy aveva benedetto uno degli edifici del lungomare con un murales dei suoi, roba che a rivenderlo ci si lastricava d’oro la città. Aveva disegnato un gruppo di piccioni manifestanti, dei cartelli con su scritto “I migranti non sono benvenuti”, “Tornate in Africa” e “Giù le mani dai nostri vermi”. Davanti a loro un uccellino migratore di un bel verde li guardava perplesso sullo stesso filo. E’ stato subito cancellato dopo qualche protesta. Il Council neanche si era reso conto che fosse di Banksy, salvo poi annunciare che sarebbe “lieto” se l’artista decidesse di tornare a Clacton per dipingere. Un’opera d’arte “appropriata”, però.
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