Da Panama a Suez, il risiko dei canali fa scorrere il pil (forse)

Maurizio Stefanini

A una settimana di distanza dall’inaugurazione, sono iniziati lunedì i lavori per il nuovo grande Canale del Nicaragua. Ma anche a Panama si sta lavorando, in una febbre di Canali che percorre il mondo a un secolo da quel 15 agosto 1914.

Roma. A una settimana di distanza dall’inaugurazione, sono iniziati lunedì i lavori per il nuovo grande Canale del Nicaragua. Nell’intervallo, le dure proteste di contadini ed ecologisti contro gli espropri di terre e acqua dolce sono sfociate in violenti scontri, con un saldo di 21 feriti e 87 arresti. Non è mancato ai moti un sottofondo anti cinese, dal momento che il deus ex machina del progetto è un misterioso imprenditore di Hong Kong che si chiama Wang Jing, che forse è un prestanome dei Servizi di Pechino. A lui il 7 giugno del 2013 l’Assemblea nazionale del Nicaragua ha dato una concessione per cinquant’anni, rinnovabile per altri cinquanta. A settembre, era stato il presidente di Panama, Juan Carlos Varela, a commentare l’annuncio dell’inizio lavori giudicando il progetto “non economicamente conveniente”, anche se “il Nicaragua ha il diritto di fare quello che vuole”. Ma il governo del sandinista Daniel Ortega tira diritto. Il nuovo Canale dovrebbe essere lungo  278 km, tra cui 100 del lago Nicaragua, profondo 30 metri e largo tra i 230 e i 520 metri:  tre volte quello di Panama. Da realizzare in cinque anni. Costerebbe 50 miliardi di dollari, pari a quattro volte il pil del paese. Ma il misterioso Wang promette che una volta a regime frutterebbe entrate per 5,5 miliardi di dollari all’anno, e potrebbe portare via almeno il 30 per cento del traffico che abitualmente passa per il Canale di Panama. 

 

Ma anche a Panama si sta lavorando, in una febbre di Canali che percorre il mondo a un secolo da quel 15 agosto 1914, il giorno in cui per la prima volta una nave attraversò la colossale opera realizzata per mettere in comunicazione Pacifico e Atlantico. E’ un’arteria per cui ancora oggi passa il 5 per cento del commercio mondiale, ma che da anni è in crisi per via delle cosiddette post-Panamax. Oltre un terzo delle navi oggi in circolazione eccedono infatti la portata delle vecchie chiuse: 294,1 metri di lunghezza, 32,3 di larghezza, 12 di pescaggio e 57,91 dal livello dell’acqua al punto più alto, per un dislocamento medio di 65 mila tonnellate. Proprio per evitare un surclassamento, nel 2007 era partito il progetto per creare una terza linea di traffico attraverso due grandi nuove chiuse alle estremità, al costo di una cifra oltrepassante la metà del pil di Panama e con il lavoro di 8.000 operai. Per creare un hub in grado di intercettare i nuovi flussi di beni dal Pacifico che si prevedono per quando le due opere saranno state realizzate, il Brasile ha investito 1.092 milioni di dollari nell’ampliamento del porto cubano di Mariel, inaugurato a gennaio da Dilma Rousseff. Alcuni analisti ritengono che questo abbia avuto un ruolo anche nella distensione tra Barack Obama e Raúl Castro, benedetta da potenti lobby. 

 

[**Video_box_2**]L’intenzione era anzi quella di celebrare il primo secolo del Canale presentando al mondo per il 15 agosto del 2014 anche il suo ampliamento. Ma una lite tra il governo di Panama e il consorzio guidato dalla spagnola Sacyr e di cui fa parte l’italiana Impregilo, che minacciava di chiudere i cantieri se non fossero stati pagati 1,6 miliardi di dollari in più per maggiori costi sopravvenuti, ha allungato i lavori di un altro anno. Ma molti panamensi pensano che forse è meglio così, visto il modo in cui l’opera ha pompato il pil, ai primi posti di crescita nella stessa America latina in boom. Proprio questo esempio deve aver ispirato altri governi. Ultimissimo, quello dell’egiziano Abdel Fattah al Sisi: il generale che dopo il golpe contro Morsi cerca una giustificazione agli occhi della storia e dell’economia nel parziale raddoppio del Canale di Suez. Più antico di Panama, Suez ha infatti il problema che per 72 dei 193 chilometri le navi devono procedere a senso unico alternato. Al costo di 4 miliardi di dollari, il progetto permetterebbe di ridurre l’attesa delle navi da 11 a 3 ore.

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