Ecco perché l'euro protegge la Lituania dalla crisi di Mosca e da Putin
Da ieri, primo gennaio, l’euro circola anche in Lituania. La Repubblica baltica diventa così il diciannovesimo membro dell’unione monetaria.
Milano. Da ieri, primo gennaio, l’euro circola anche in Lituania. La Repubblica baltica diventa così il diciannovesimo membro dell’unione monetaria. Il sesto, dopo Slovenia, Cipro, Slovacchia, Estonia e Lettonia, tra quelli entrati in Europa nel 2004.
Stando ai dati rilevati da Eurostat a metà dicembre, il 63 per cento dei cittadini appoggia il pensionamento del litas. Non sono livelli plebiscitari, ma stridono chiaramente con i sentimenti nutriti nel resto del continente verso la moneta unica. Non scalda i cuori, viene spesso percepita come una zavorra e negli ultimi giorni la crisi politica in Grecia ha rialimentato lo spettro del ritorno di Atene alla dracma, con tanto di scenari apocalittici a corredo.
A Vilnius il consenso accordato alla valuta comunitaria ha guadagnato venti punti nell’ultimo anno e mezzo. Nel giugno del 2013 era infatti al 41 per cento. Il rafforzamento, sensibile, è dovuto principalmente alla crisi ucraina e al conseguente attrito tra Europa e Russia, che sul Baltico ha incrociato variabili emotive più accentuate che altrove, dando impulso all’ossessione mai sopita del revanscismo russo. L’introduzione dell’euro, da fastidioso rito obbligatorio (i paesi europei di recente ingresso devono dotarsene), s’è trasformato quindi in un’ulteriore e necessaria tappa del processo di ancoraggio a occidente, a dieci anni dalla duplice adesione alla Nato e all’Unione europea. La moneta come fonte di sicurezza, in altre parole. Uno scudo da opporre alla Russia, che il capo dello stato Dalia Grybauskaite, già commissaria europea, ha definito “stato terrorista” in virtù della politica con cui a suo avviso sta uccidendo l’Ucraina.
I riflessi che Mosca evoca a Vilnius, come in tutta l’area baltica, dipendono anche da vicende meno attuali. Sul finire del ’700 Russia, Austria e Prussia iniziarono a smembrare lo stato comune polacco-lituano, fino a farlo scomparire. Le terre lituane, assoggettate dal Cremlino, tornarono libere solo nel 1918, con la fine della grande guerra e dello zarismo. L’indipendenza, in questo caso senza fusione con la Polonia, non durò molto. Nel 1940 i sovietici occuparono le tre repubbliche baltiche (poi governate dai nazisti fino al 1944), ingoiandole al termine del Secondo conflitto mondiale. Il 1991, con l’implosione dell’Urss, ha sancito il ritorno alla piena sovranità. Ma è proprio a causa di questo complesso portato, da cui hanno origine questioni di non facile gestione, tra cui i diritti della minoranza russa (6 per cento della popolazione), che la Lituania è rimasta sul chi vive. Mosca l’accusa di discriminare i russi e riabilitare i collaborazionisti del nazismo. Vicende sensibili, impossibili da comprendere con la lente destra/sinistra.
A ogni modo il giudizio positivo nei confronti dell’euro non si motiva solo in ragione della congiuntura internazionale. Conta anche quella economica. La Lituania, quando la crisi s’è affacciata sulla scena, è colata a picco, martellata dalle bolle del mattone e del credito. Nel 2009 il prodotto interno lordo ha perso quasi quindici punti. Il balzo all’indietro è stato archiviato presto, comunque, grazie a un’economia elastica capace di adattarsi abbastanza bene a una cura scandita da tagli e riforme, benché il recupero sia dipeso più dall’espansione eccezionale dell’export che dalle misure austere. In ogni caso, i numeri sono virtuosi. Dal 2010 la crescita media è stata superiore al 3 per cento e le dimensioni dell’economia sono tornate a livelli pre-crisi già dal 2011.
L’ingresso nell’euro, fallito nel 2007 a causa dell’inflazione troppo alta, serve a cementare questo percorso. A blindare la ripresa. La moneta unica, secondo le autorità, aggiungerà stabilità ai fondamentali, attirerà investitori (in effetti i bond stanno andando a ruba) e semplificherà la vita alle imprese. Buone prospettive, insomma.
Spunta però anche qualche perplessità. Si temono l’aumento selvaggio dei prezzi e il rapporto di forza tra euro e rublo, al momento troppo sbilanciato verso il primo. Già provato dalla guerra commerciale tra Bruxelles e Mosca, l’export lituano verso la Russia – il 20 per cento del totale, ben più della media europea – potrebbe indebolirsi ancora. Qui prende forma il paradosso dei baltici. I più ostili, in Europa, verso la Russia di Putin. Ma anche i più esposti, in termini energetici e commerciali.
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