Cav., Quirinale, occhio a Franceschini. Infiltrati alla riunione dei deputati Pd
Ieri, la prima riunione ufficiale tra i deputati dem Renzi. Per una buona quarantina di minuti il Foglio si è intrufolato nell’anfiteatro.
Roma. “Dario, Dario. Bisogna guardare che fa Dario”. L’Aula dei gruppi parlamentari della Camera dei deputati è un anfiteatro sotterraneo da quattrocento posti, si trova tra via Campo Marzio e via della Missione, a due passi da Montecitorio, i giornalisti non sono ammessi ed è qui che Matteo Renzi incontra periodicamente i deputati del gruppo parlamentare pd. E’ successo anche ieri pomeriggio. E’ stata la prima riunione ufficiale tra i deputati e il segretario Pd e per una buona quarantina di minuti il Foglio si è intrufolato nell’anfiteatro, ultimo posto in fondo sulla destra, accanto a una colonna e al viceministro Lapo Pistelli, per annusare l’aria che tira tra i gruppi dem. L’incontro doveva essere un’occasione per mettere a tema le riforme istituzionali, e più in generale i progetti del governo per il 2015, e anche il fatto che il presidente del Consiglio sia entrato in aula, ore 16.23, accompagnato dal ministro Marianna Madia oltre che dal consigliere economico Yoram Gutgeld, doveva essere un segnale preciso: qui non si parla di Quirinale, o di indovina chi, qui si parla di cose che si possono toccare, di cose che vi faremo toccare, di riforma della Pubblica amministrazione, di riforma della flessibilità (“Com’è andato il semestre? All’inizio del semestre ero a Ypres e da solo contro tutti ho chiesto che venisse inserita la parola flessibilità in un documento europeo. Valutate voi com’è andato il semestre”), di riforma del fisco (la storia del tre per cento e del balletto sulla delega fiscale con aiutino a Berlusconi ha scandalizzato fino a un certo punto, l’unico deputato che ha insistito sul tema, secondo intervento, è stato l’ultrà non renziano D’Attorre, e Renzi ha scelto di confermare la linea della responsabilità personale sulla vicenda: “La manina è la mia ed è coerente con lo spirito della delega fiscale. Dopo di che quello che va cambiato si cambia, ma nella direzione degli interessi degli italiani e non di uno solo”). Ma ascoltando da vicino i parlamentari, osservandoli entrare a uno a uno nell’Aula dei gruppi, alla fine il dossier che scalda evidentemente più i cuori dei deputati non è la Pa, non è il semestre europeo, che si concluderà formalmente il 13 gennaio, ma ovviamente – a ormai pochi giorni dalle dimissioni di Napolitano – la partita del Quirinale.
Origliando nei paraggi dell’Aula che ospita i deputati del Pd – tra parlamentari eccitati per l’abbronzatura del collega, “sei splendida tesò”, parlamentari disorientati per le mosse sulla delega fiscale, “minchia se regge bene il patto del Nazareno?”, parlamentari che arrivano in coppia a seconda della loro area di appartenenza, turchi con turchi, lettiani con lettiani, renziani con renziani, franceschiniani con franceschiniani, e ieri hanno esordito anche, tutti rigorosamente in gruppo, i deputati di una nuova corrente trasversale Carta 22 – si scoprono parecchie cose. Si scopre che più o meno tutti hanno in testa un piano o un candidato perfetto (la lista dei quirinabili viaggia intorno alle 200 unità). Si scopre che tutti hanno un’idea su che cosa vuole fare Renzi (interpretazione più diffusa: prime tre votazioni un candidato spot, molto renziano, quarta votazione candidato vero, garante del Nazareno). Si scopre che ogni deputato ha una teoria su quale sia il volto sul quale punta il segretario (la lista viaggia intorno alle 100 unità). E, tra un intervento e un altro, tra una passeggiata e un’altra, si parla soprattutto di questo. E il cronista appunta. Deputato realista, area lettiana: “Una roba così non passa: non ci potrà mai essere un candidato troppo renziano, e Fassino lo è”. Deputato retroscenista, area renziana. “Non ti fidare dei politici che sentirai: Renzi vuole un tecnico, e i nomi dei politici che verranno fatti uscire saranno dati in pasto ai giornali solo per fargli mettere un veto sopra”. Deputato depresso, area veltroniana. “E’ chiaro che decidono tutto Berlusconi e Renzi, ma io dico che bisogna stare attenti alle mosse di Franceschini: questo qui ci frega anche questa volta”.
[**Video_box_2**]Deputato scettico, area dalemiana. “Io dico che non sarà uno dei nostri. Renzi non vuole un presidente del Pd. Vuole qualcuno che stia a metà. Uno tipo Casini”. Nel traffico parlamentare del Pd, tra incertezze, smarrimenti, dubbi, disorientamenti, il nome che molti suggeriscono di tenere d’occhio per capire qualcosa di più sulla partita del dopo Napolitano è quello dell’ultimo capocorrente rimasto nel Pd: Dario Franceschini (area Dem). Ragionamento che un ex bersaniano affida al cronista: “Franceschini ha una corrente grossa, 70 deputati, ed è l’alleato più forte di Renzi. Franceschini ha messo a disposizione tutte le sue truppe al presidente del Consiglio. E’ diventato il terzo pilastro del patto del Nazareno. Oggi punta su Fassino, che fa parte della sua corrente, ma lavora anche per sé, sapendo che lanciare qualcuno nella corsa quirinalizia significa anche un po’ azzopparlo. Non mi stupirei di scoprire che nella partita sul Quirinale sarà il suo nome quello che risulterà decisivo”. Chiacchiere, pettegolezzi, origliamenti. Minuto di silenzio per l’attentato francese. Ricomincia l’anno del Pd. Con poche imboscate a Renzi. Molti fischiettii sulla storia del tre per cento. E con una certezza: con tutta la buona volontà, oggi ai deputati Pd l’indovina chi quirinalizio interessa un filo in più del futuro della Pa.
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