Matite per terra
Pare che oltre ad “Allah è grande” abbiano anche gridato “abbiamo ucciso Charlie-Hebdo”. Non è cosa per loro. Figli del mitico Hara-Kiri e del Maggio, un giornale così libero che solo i lettori possono uccidere.
Pare che oltre ad “Allah è grande” abbiano anche gridato “abbiamo ucciso Charlie-Hebdo”. Non è cosa per loro. I soli con licenza di uccidere un giornale sono i lettori e da ventidue anni Charlie-Hebdo ne ha: si mantiene in un ragionevole confort, nell’indipendenza più totale senza pubblicità né aiuti di stato. Vende perché incarna la parte irriverente dello spirito del Maggio e la Francia ha un debole per i francs tireurs, quando sono i suoi. Vende perché non fa sconti alla destra né alla sinistra, al sarkozismo o all’hollandismo, all’islam o a quelli che chiamano i papisti. Ha radici antiche, Charlie-Hebdo. E’ filiazione diretta del mensile Hara-Kiri, fondato nel 1960, tra gli altri, da François Cavanna, umorista, scrittore, disegnatore, figlio di Luigi, immigrato in Francia da Bettola, Piacenza. Incubatrice di talenti, Topor, Wolinski, Fred, Reiser, Cabu, Gébé, Hara-Kiri è stato chiuso più volte, ma è sempre riuscitao ad aggirare l’interdetto e a reclutare nuovi talenti, Willem o Delfeil de Ton, autore di rubriche di grande successo: i post scriptum che non c’entrano nulla, l’angoletto della cultura, svelti che ho fretta, speciale marchette. O ancora Pierre Fournier, ecologista e antinucleare prima del tempo, che quando vede uno specialista tira fuori il revolver e se poi lo specialista è eminente spara, si firma Jean Nayrien Nafoutre de Sayquonlat, che detto di seguito diventa “non me ne frega un cazzo di quello che si ha”: insomma casinisti di talento, un po’ anarchici, molto anticapitalisti e va da sé antigollisti. Quando il Generale muore nel novembre del 1970, Hara-Kiri se ne esce con un titolo che farà storia: ispirati da un incendio di una discoteca che qualche giorno prima aveva fatto decine di morti, titolano “Bal tragique à Colombey - un mort”, Colombey les deux Eglises è il paese dove de Gaulle si era ritirato dopo la sconfitta al referendum e le dimissioni dalla presidenza. Il ministro dell’interno sequestra tutto e chiude il settimanale. Hara-Kiri muore e nasce Charlie-Hebdo: sempre gli stessi, con la stessa idea di un giornalismo “bête e méchant”, stupido e cattivo, come deve essere chi rifiuta editori, padroni e imbonitori d’ideologia. E’ di sinistra il primo Charlie-Hebdo, morirà al numero 580, i lettori ormai ridotti al lumicino, la vigilia di Natale del 1981, paradossalmente qualche mese dopo l’arrivo di Mitterrand e della gauche al potere.
Torna nel 1992 e sono sempre loro, il cantante Renaud, invitato permanente alle feste dell’Humanité, organo del Pcf, prende il posto di Coluche, morto nel 1986. Formano una società, les Editions Kalachnikof, che oggi prende un sapore sinistro. Nella prima pagina del primo numero, appare la scritta “Urba, disoccupazione, emofili, Superphénix” e sotto si vede un Mitterrand rintronato che dice “Ci manca pure il ritorno di Charlie-Hebdo”. Centoventimila lettori apprezzano il colpo sotto la cintura della sinistra che governa, la nauseabonda fin de règne del primo presidente socialista non può che produrre fronde e frondisti. Il nuovo settimanale è diretto da Philippe Val e Cabu. Cavanna è sempre il padre nobile, è morto all’inizio dell’anno scorso per la malattia di Parkinson, l’infame puttana la chiamava. Litigano ovviamente, tutto il tempo, tutti contro tutti nella migliore tradizione della sinistra. Ma nessuno di loro si lascia andare a quell’odio per l’America che ha impedito a tanti di vedere il pericolo del fondamentalismo, dopo il 2001. Nel 2002, Charlie-Hebdo rende omaggio a Oriana Fallaci per “La rabbia e l’orgoglio” perché dice che è l’islam ad essere partito in crociata contro l’occidente, non il contrario. Philippe Val che dirigerà il settimanale per diciassette anni, tratta Tariq Ramadan da antisemita e evoca l’angelismo, le viltà di fondo che precipitarono il mondo nella Seconda guerra mondiale. La battaglia di Charlie-Hebdo non è contro l’islam: provoca in nome di un’idea assoluta di libertà, non divisibile, non piegabile alle circostanze. Per questo ha ripubblicato i disegni del danese Jyllands-Posten, aggiungendo del suo, in una si vede il Profeta immerso tra i fedeli che sospira “è dura essere amato da tanti coglioni”. Dopo la primavera araba ha rilanciato con lo speciale Charia Hebdo. Gli hanno incendiato e distrutto la sede. Si sono trasferiti in un’altra, li hanno raggiunti ancora. Lasciando dodici corpi a terra.
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