Per la gauche nazi ci cova
Parigi. Lo scorso ottobre, quando M, il magazine del Monde, lo accostò a Eric Zemmour sotto il titolo “Les pros de la polémique” (I professionisti della polemica), Edwy Plenel andò fuori di senno e ai suoi ex compagni di viaggio scrisse su Twitter che non si dovevano mai più permettere di compararlo al giornalista vedette del Figaro.
Parigi. Lo scorso ottobre, quando M, il magazine del Monde, lo accostò a Eric Zemmour sotto il titolo “Les pros de la polémique” (I professionisti della polemica), Edwy Plenel andò fuori di senno e ai suoi ex compagni di viaggio scrisse su Twitter che non si dovevano mai più permettere di compararlo al giornalista vedette del Figaro e autore de “Le suicide français”: “Così dunque secondo il giornale per cui ho lavorato venticinque anni e di cui ho diretto la redazione, combattere (come facciamo a Mediapart e come faccio nel mio libro ‘Pour les musulmans’) il razzismo e la xenofobia, di cui l’islamofobia è l’ordinario cavallo di Troia, sarebbe solo una polemica professionale! La vituperazione razzista, omofoba, sessista, pétainista etc. è messa sullo stesso piano della critica nel nome dell’uguaglianza dei diritti senza distinzione di origine o di appartenenza. Tristezza…”. Il magazine si era limitato a inserirli, Plenel e Zemmour, nella rubrica “Face à face”, dove ogni settimana viene pubblicato il ritratto incrociato di due personalità di grido del panorama mediatico francese. Li aveva presentati come due giornalisti “imperdibili”, perché in contemporanea pubblicavano due libri tosti e divisivi che avrebbero fatto molto rumore nel dibattito intellettuale francese, “Pour les musulmans” e “Le suicide français” appunto, nei quali offrivano “due visioni opposte della Francia”, ma condividevano “lo stesso gusto per la polemica”. M, divertito, notava poi che i due erano nati lo stesso giorno, il 31 agosto, ma tutto il resto li distingueva: Zemmour, “l’opinionista di destra, reazionario, assimilazionista”, Plenel “il direttore di sinistra, bacchettone e multiculturalista”.
A Plenel, andò comunque di traverso l’accostamento – sarà stato anche il suo baffo staliniano che nella foto ritagliata ad hoc dal magazine andava a sfiorare pericolosamente le labbra di Zemmour – e da quella volta non gli è ancora passata, come dimostra l’ultimo sermone apparso su Mediapart, nel quale se la prende con quelli che chiama gli “intellettuali islamofobi”, beneficiari, a sua detta, di troppo spazio nei media. Immancabile, nell’ennesima lista di proscrizione stilata dal Torquemada del giornalismo francese – che a quanto pare ora vuole anche decidere i palinsesti – Eric Zemmour, che si guadagna anche il titolo: “L’ideologia assassina promossa da Eric Zemmour”. Nella didascalia che precede le cinque pagine di scomunica, è concentrato tutto il suo talento di manipolatore di professione: “Sulla scia dello scrittore Renaud Camus, Eric Zemmour sostiene che il popolo francese stia subendo una ‘grande sostituzione’, dalla quale dovrebbe difendersi espellendo dal suo territorio i musulmani. Questo pensiero, declinato sotto forma di finzione da Michel Houellebecq, non è un’opinione su cui bisogna dibattere, ma un’ideologia potenzialmente assassina che fa rivivere i peggiori abbagli della catastrofe europea”. Tutto vero che il polemista del Figaro ha sostenuto e financo sdoganato mediaticamente la tesi camusiana del “grand remplacement” – una realtà, urbana e periurbana, che solo i benpensanti e gli antirazzisti da Café de Flore non vogliono vedere – niente di più falso invece che Zemmour vuole espellere i musulmani dalla Francia. Plenel, “Padre Plenel”, soprannome affibbiatogli per il suo atteggiamento moraleggiante, fa riferimento più avanti nel testo alla celebre intervista rilasciata da Zemmour al Corriere della Sera. Un’intervista nella quale l’autore de “Le suicide français” è stato accusato a torto di aver detto di voler “deportare” i musulmani. Parola mai pronunciata, né dall’intervistato né dall’intervistatore sotto forma di domanda, ma soltanto scritta al momento della stesura del pezzo. Tuttavia, siccome contro gli arcinemici è valida qualsiasi mossa, anche la più bassa, come è la manipolazione del pensiero altrui, Plenel ha rilanciato e rialimentato la falsa polemica, lanciata lo scorso 15 dicembre dal leader dell’ultrasinistra Jean-Luc Mélenchon sul suo blog – che è costata al giornalista la cacciata da iTélé – comparando l’“ideologia assassina” di Zemmour all’“ideologia nazista”. Come Zemmour e Renaud Camus, anche Houellebecq finisce nella prima blacklist dell’anno firmata Plenel. D’altronde non poteva essere altrimenti, per uno che pensa che i musulmani siano vittime della Francia e dell’Europa, che li umilia, li esclude e li relega nelle periferie delle grandi metropoli, e che i Mohammed Merah e i Mehdi Nemmouche siano puri prodotti dell’occidente (lo ha scritto nel suo ultimo libro, “Pour les musulmans”). Insomma che l’occidente sia colpevole di tutto – Guillaume Faye, in maniera illuminante lo chiama “etnomasochismo” questo inguaribile atteggiamento di autodenigrazione di una certa sinistra francese e più in generale europea. “Alcuni media hanno fatto dell’uscita di un libro – “Soumission”, ndr – che è una finzione islamofoba un evento politico”, ha dichiarato qualche giorno fa su France Inter.
[**Video_box_2**]Nell’appello alla criminalizzazione, il direttore di Mediapart aggiunge anche Alain de Benoist, qualificato come “principale teorico di questa nuova destra rivoluzionaria, abitata dall’ossessione per il meticciato e dalla fobia del multiculturalismo”, che avrebbe sostituito “l’etica in politica con un’estetica dell’élite”. Al padre della Nouvelle Droite, Plenel imputa inoltre di essersi dichiarato favorevole alla “remigrazione” – cioè di un’emigrazione forzata dei francesi e dei residenti in Francia perché di origine straniera – in un’intervista al sito Boulevard Voltaire. Altra bufala, perché De Benoist, nell’intervista, giudica utopica la fattibilità della proposta, limitandosi ad analizzare una sua ipotetica realizzazione, senza tuttavia prendere parte pro o contro di essa. Per Plenel, insomma, il vero pericolo per la Francia non sono i “lupi solitari”, i jihadisti di ritorno dalla Siria e dall’Iraq assetati di vendetta contro gli infedeli. A minacciare la stabilità del paese è il pericolo “fascista” rappresentato da Zemmour, Camus, Houellebecq e De Benoist. Sono loro i pensatori da abbattere.
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