Grazie al gel. Cristiano Ronaldo accanto al Pallone d’oro nella conferenza stampa prima della cerimonia di premiazione

CHE NEUER

Jack O'Malley

Dopo una cerimonia più bolsa di Blatter, Cristiano Ronaldo vince il suo terzo Pallone d’oro. Altri attaccanti si consolano coi selfie.

Londra. Non so per quale motivo ogni anno mi infliggo il supplizio di seguire la diretta della premiazione del Pallone d’oro della Fifa. Mi basterebbe guardare su Internet alla fine chi è il favorito di turno del salotto del calcio, invece che seguire un format televisivo più bolso del presidente Blatter con un eccesso di oro nelle scenografie e nella grafica come neppure nella limousine di un pappone sudamericano. Ha vinto Cristiano Ronaldo, e forse è giusto così – certo meglio che Messi – anche se il risultato così scontato rende ancora più perdibile questa messinscena. Il momento più alto è stato all’inizio, quando la Fifa ha fatto l’errore di mandare in streaming senza commenti l’arrivo sul red carpet di candidati, ospiti, pubblico e conduttori. Urla belluine, maglie lanciate in faccia ai giocatori. Messi è accolto persino da qualche buu, alcuni dei pischelli assiepati lì vicino fanno partire un coro per Cristiano Ronaldo (il più amato). Messi rimane impassibile, firma qualche maglia a caso e poi se ne va col suo completo color prugna, forse in onore dell’effetto che la sua prestazione alla finale del Mondiale ha fatto sui tifosi. Cristiano Ronaldo era più rigido di un editoriale di Mario Pirani, e dava la sensazione di essersi spalmato il gel anche sui muscoli facciali. Alle spalle del red carpet passavano gli ospiti in sala, ex giocatori, calciatori ancora in attività e diversi burocrati accompagnati da milf clamorose. Quando è arrivato Blatter, sorridente, è stato accolto da una bordata di fischi. A quel punto, magicamente, l’audio della diretta del sito della Fifa è saltato. Puf. Solo video, e un ragazzo – probabilmente minacciato – che ha persino chiesto al presidentissimo di farsi un selfie. La cerimonia del Pallone d’oro è un concentrato di interviste post partita con l’aggiunta di domande più stupide della media. E’ una pioggia di “qual è stato il momento più bello della tua carriera?”, “come fai a fare così tanti gol?”, “a quale giocatore ti sei ispirato?” e altre banalità. Nessuno pretende approfondimenti filosofici o ponzate profonde in diretta tv, ma almeno fatela più corta.

 

Avessi avuto dei raccattapalle in salotto avrebbero dovuto lavorare un sacco. Blatter ha salutato tutti ricordando i tristi fatti di Parigi e dicendo che il calcio è gioia, condivisione. Avrà ripetuto più volte lui “sharing” ieri pomeriggio che Zuckerberg in una riunione a Facebook. Sul palco erano tutti pettinatissimi, pure l’ospite musicale in playback, di cui ho già scordato il nome. La top 11 del 2014 è stata annunciata reparto per reparto, e quelli che dovrebbero essere i migliori calciatori del mondo comparivano sul palco con una scenografia di fumi e laser che i Queen avevano già abbandonato nel 1986. L’andamento è spezzettato, l’unica cosa che interessa davvero – il Pallone d’oro – è alla fine di un’agonia in cui chiunque viene premiato per qualsiasi cosa: pure un anziano giornalista giapponese del cui discorso si capisce solo la parola “Maradona” e i volontari dei Mondiali in Brasile, rappresentati da un personaggio improbabile con parrucchino color polenta. C’è molta “emozione”, e i raccattapalle devono entrare di nuovo in gioco quando premiano le donne, secondo quello stucchevole equivoco per cui il calcio femminile e quello maschile si equivalgono. Qualcuno dice che “il calcio femminile è migliorato tantissimo” negli ultimi anni, e io sento il forte bisogno di una dichiarazione di Tavecchio. Il video sul Mondiale in Brasile con samba di sottofondo ci fa ripiombare nell’incubo estivo, ed è un colpo basso. Un ragazzo con il farfallino pettinato come un mix di CR7 e Messi si alza dal pubblico e fa una domanda banale, Cristiano Ronaldo quando sorride sembra che si sia cagato addosso. L’unico brivido è la faccia impietrita di Messi quando Luis Enrique tesse il suo elogio con una faccia da culo che in questi giorni si era vista solo nella prima fila della manifestazione a Parigi di domenica. In tutto ciò Neuer è il più normale, sembra non c’entrare nulla in questa accozzaglia di burocrati, tamarri e un po’ di figa. Infatti non ha vinto, anche se meritava. Il fatto  sottaciuto, ma che tutti percepiscono, è che Messi e Ronaldo hanno fatto il loro tempo. Intendiamoci: sono forti, fortissimi, vinceranno ancora molto, e hanno fatto la storia del calcio, come direbbe chi è costretto a gestire una diretta eterna senza avere nulla da dire. Ma la sovraesposizione a cui ci hanno costretti in questi anni, con i loro numeri, gol, trucchi, dribbling e tunnel visti e rivisti a qualsiasi ora del giorno e della notte ci hanno anestetizzati. Persino le loro fidanzate sono scontate, anche l’urlo di CR7 appena ricevuto il premio fa sbadigliare. Vorremmo vedere qualcos’altro, please. Soprattutto, non vorremmo più vedere queste cerimonie.

 

[**Video_box_2**]Serfie. Anche la figura dell’eroe nazionalpopolare ha un limite, e la Roma quel limite non lo ha superato, lo ha polverizzato. Credevo che la nonna di Florenzi avesse naturalmente portato alla sua fine naturale l’esibizione delle romanità più sbrigliata (e ai più inaccessibile) sul campo di calcio, ma il serfie di Totti è un passo più avanti, o più indietro. E tutti giù a elogiare il genio della comunicazione, l’artista dell’esultanza e il gran capitano del popolo, ma per che cosa? Un selfie brutto che subito alimenta “meme” prevedibili come un Muntari che dà in escandescenze, con il faccione del capitano sovrapposto a quello di chissà chi altro (sempre per non allontanarsi dal nazionalpopolare). La prossima volta che segna al derby, cosa fa, mangia l’abbacchio sotto la sud? Si veste da gladiatore? Fa un duetto con Venditti? Munge una lupa? Ma è così romanamente bello tutto questo affetto, quest’epica di borgata, diranno i più romantici. Bello sarà per le fotogallery di Repubblica e per i commenti al bar, nel mondo del calcio vero è una sudamericanata, una vanità di provincia, roba da pischelli.

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