Matteo Salvini (foto LaPresse)

“L'Europa si suiciderà con il nichilismo alla Oliviero Toscani”, ci dice Salvini

Marianna Rizzini

Matteo Salvini in piazza a Parigi non ci sarebbe andato (e non ci avrebbe portato la Lega nord). Dice che a quella manifestazione “c’era sì una marea di brava gente forse intenzionata a reagire, ma pure una manciata di ipocriti sfruttatori di folle con la matita in mano”.

Roma. Matteo Salvini in piazza a Parigi non ci sarebbe andato (e non ci avrebbe portato la Lega nord). Dice che a quella manifestazione “c’era sì una marea di brava gente forse intenzionata a reagire, ma pure una manciata di ipocriti sfruttatori di folle con la matita in mano”. In questi giorni post-massacro, il leader della Lega dice che “la risposta più sbagliata è l’annacquamento dell’identità”, il “pensiero suicida e nichilista alla Oliviero Toscani, quello di chi è convinto che la soluzione sia eliminare tutte le religioni dalla scena pubblica. Follia, balle: le religioni non sono tutte uguali”. Salvini considera “ipocriti” quelli che “sfilano a Parigi ma vogliono in Europa la Turchia di Recep Tayyip Erdogan, capo di un regime fondamentalista che ha appena fatto arrestare ventisette giornalisti, non vuole riconoscere il genocidio armeno e occupa da decenni una parte di Cipro, con distruzione di chiese cristiane”. “Ha ragione Angelo Panebianco”, dice Salvini (l’editorialista del Corriere della Sera ieri metteva in guardia contro “il mantra” secondo cui “i jihadisti di Parigi” avrebbero “danneggiato prima di tutto l’islam” e contro la “condanna generica” che rischia di “occultare” le “contiguità e continuità” culturali). “Hanno ragione”, dice Salvini, quelli che “coraggiosamente fanno un passo per dire ‘non ci sto’”, per esempio “il presidente egiziano al Sisi”, e pazienza se al suo nome viene accostata la qualifica di “dittatore”.

 

Davanti alle autorità religiose dell’Università Al Azhar, al Cairo, al Sisi ha chiesto una “rivoluzione nel mondo islamico” per “sradicare” il fanatismo. E però Salvini dice che nelle comunità islamiche europee queste posizioni sono “deboli, silenziose e isolate, perché si preferisce magari non contrariare chi ha i soldi, chi foraggia. Si preferisce l’Arabia Saudita. Ecco: chi dialoga con l’Arabia Saudita e poi va in piazza a Parigi ha le idee confuse. Per non dire dei difensori dei diritti dei gay, che si stracciano le vesti per qualche convegno sulla famiglia in Italia e poi marciano con regimi che i gay li mettono in galera. In quella piazza, a Parigi, c’era una marmellata imbarazzante che non aiuta”. Alle comunità islamiche e agli stati islamici Salvini ora chiederebbe prima di tutto “l’adesione per iscritto alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948. Molti in quegli stati e in quelle comunità non la sottoscriverebbero mai, perché convinti che la legge islamica valga più della legge dei singoli stati. Il problema di fondo, e lo ribadisco anche se Beppe Grillo mi dà di ignorante, Angelino Alfano di terrorista e Matteo Renzi di cialtrone, è che l’islam non può essere trattato come le altre religioni”. Fosse al governo (“fossi ministro dell’Interno”, dice), Salvini chiederebbe dunque come “pre-requisito per concessioni di qualsiasi tipo proprio la sottoscrizione della Dichiarazione dei diritti: sarebbe un primo discrimine, un atto che certifichi che la pensi come il resto del mondo civile. Molto più facile è, oggi, condannare in piazza, tanto poi non si dirà mai che non si devono accettare finanziamenti da paesi ultrà del fondamentalismo”. Farebbe come in America dopo l’11 settembre, Salvini (“un Patriot act? Perché no”), oltre a sospendere gli accordi di Schengen (“siamo un colabrodo, uno scolapasta ridicolo”). Le preoccupazioni per la privacy? “Di fronte a certi pericoli non ci sono liste passeggeri o telefonate che tengano. Ma certo non metterei la pratica in mano a organismi europei non controllati né controllabili. I fatti di Parigi sono anche colpa di un’Europa suicida, con una politica estera demenziale”. Se potesse, Salvini metterebbe al Quirinale, dopo le dimissioni di Giorgio Napolitano, un uomo dal profilio fallaciano (“Purtroppo i numeri stanno a sinistra, a differenza della rabbia e dell’orgoglio”).

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.