Quirinale. S'i fosse Renzi proporrei Bersani. Ecco perché
Non sono consigli ma suggestioni. Ipotesi. Magari meno campate per aria di tante altre o forse ancora più manualistiche, astratte. Proviamoci, è un esercizio di memoria e di riflessione politica, non un totopresidente. S’i fosse Renzi proporrei Bersani. Perché? - di Giuliano Ferrara
Non sono consigli ma suggestioni. Ipotesi. Magari meno campate per aria di tante altre o forse ancora più manualistiche, astratte. Proviamoci, è un esercizio di memoria e di riflessione politica, non un totopresidente. S’i fosse Renzi proporrei Bersani. Perché?
Tratto saliente. Come sappiamo, veti e franchi tiratori a parte, al Quirinale non va mai, per cautela di prassi lungamente osservata, un campione politico che abbia un peso decisivo nel sistema. Prodi per esempio ha troppo curriculum, ha vinto due volte contro Berlusconi, poi ha perso in modo triste la guida del paese, per molti anni è stato re a Bruxelles, ma non ha lasciato un ricordo unanimemente fervoroso né lì né nel partito parlamentare che dovrebbe eleggerlo, epperò ha statura internazionale nel senso che sanno chi è, lo ricevono, lo incaricano all’Onu eccetera. Troppo e troppo poco. Con d’Alema fu lo stesso: in astratto poteva andare, ma aveva troppo peso politico, era troppo giovane, lo si interpretava per ogni dove come un rischio, uno che poteva cambiare le cose in corsa, fare patti bicameralisti con l’Arcinemico pensavano gli antiCav., oppure giocare brutti scherzi da ex comunista pensavano i proCav. E così finì con Napolitano, non votato da coloro che avevano provvisoriamente perso le elezioni per un pugno di voti, ma non decisamente avversato. Un senatore a vita, dunque un quasi pensionato in riserva della Repubblica, ripescato e incoronato non per il suo peso ma per la sua mancanza di peso combinata con una reputazione generale di rispettabilità.
Bersani è precisamente quel tipo di riserva repubblicana che esercita una forte ininfluenza politica. Bersani ha perso tutto quello che poteva perdere: ha perso politicamente le primarie con Renzi per la guida del Pd, alla seconda rata; ha sprecato la vittoria alle prime tornate, perché ha non-vinto le elezioni come candidato premier; non è riuscito a trasformare la mezza sconfitta con il Senato senza maggioranza in una manovra politica virtuosa e vittoriosa, si è fatto prendere in giro dai Grillo e dai Rodotà-tà-tà, infine si è dimesso per non essere nemmeno riuscito a far passare ai voti il fondatore dell’Ulivo di ritorno dall’Africa dopo aver bruciato inutilmente il vecchio sindacalista cattolico ed ex presidente del Senato Franco Marini. Uno con questa storia, con la fama di ex buon ministro liberalizzatore, con un tratto di contiguità al sindacato e alla base del partito più tradizionale, e in più con una ripetuta disponibilità ad essere fedele alla ditta nella buona e nella cattiva sorte (“Sul voto finale leali al governo”, disse a proposito del Jobs Act), uno così non sarà mai una minaccia, un manovratore parlamentare di ribaltoni, un cospiratore anti-Renzi. Non ce ne sono le premesse di stile, di forza personale, di inclinazione, di impulsività.
[**Video_box_2**]Altro tratto. Bersani unifica forzosamente l’intera platea elettorale del Pd, esprime la condivisione da parte del premier di una storia non sua e porta un’aura di riconciliazione benedetta, con tutti questi fronti aperti contemporaneamente, non è lo spettro di un presidente burattino nelle mani del royal baby. Renzi è sempre accusato di arroganza, sempre in sospetto di voler far da solo in modo puntuto e talvolta provocatorio, sempre sotto tiro per non essere abbastanza di partito e di sinistra, almeno a chiacchiere (unica dimensione della sinistra che resta). Bersani è anche nelle grazie dei deputati centristi ex berlusconiani, e perfino il rancoroso Enrico Letta non saprebbe come fare a non votarlo pur essendo il candidato dell’usurpatore. E il Cav.? Bè, Berlusconi non ha, secondo me, obiezioni di principio allo smacchiatore di giaguari: nella sua sottile perfidia, può votarlo in un quadro di unità nazarena a lui molto favorevole, per poi denunciarne a tamburo il carattere di scelta di parte se dovesse manifestarsi come un presidente a lui particolarmente ostile, ma è chiaro che Bersani è tra i pochi, in quanto candidato sfortunato allo smacchiamento, che avrebbe la carte in regola per accompagnare da saggio della Repubblica una certa misura di pacificazione nazionale che è stata il tratto rilevante di unione tra la carriera ascensionale di Renzi e la presidenza Napolitano. Il resto di tutto questo mi sembra chiacchiera inutile, con la riserva che anche questa è solo chiacchiera.
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